giovedì 29 settembre 2011

Il Papa e le fonti del Diritto

Ultimamente, affrontando problemi etici importantissimi, quali quelli riguardanti l’aborto e l’eutanasia, ci siamo alla fine sentiti rispondere da alcuni commentatori che quel che conta è il volere della maggioranza. È stato fin troppo facile osservare che questo criterio è disumano, come dimostrano le decisioni prese dalla maggioranza dei tedeschi negli anni Trenta del secolo scorso.
Fa piacere trovarsi per l’ennesima volta in linea con il Papa, che nel suo discorso al Reichstag (magistrale per sintesi e chiarezza espositiva, oltre che per contenuto) ha affermato: “In gran parte della materia da regolare giuridicamente quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta”. Ed è proprio sulla base di questa convinzione che si sono originate le varie resistenze al Nazismo: per chi resisteva “era evidente in modo incontestabile che il diritto vigente, in realtà, era ingiustizia”. Anche se la maggioranza sosteneva il contrario.
Il problema, oggi, è dunque quello di dirci di nuovo cosa è bene e cosa è male, di riconoscere ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. E il Papa non si è nascosto che attualmente si fa molta fatica a rispondere. Questo comporta una grande difficoltà nel servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia, che è il compito fondamentale della politica, dei politici. Ma se “togli il diritto, che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”. Se lo chiedeva già Sant’Agostino. E il Papa ha avuto buon gioco nel ricordare ai deputati tedeschi come il loro stato si sia trasformato, sotto Hitler, in “una banda di briganti molto ben organizzata”.
Perché si esplichi dunque l’esercizio e la difesa del diritto, occorre trovare una bussola, una fonte del diritto. Non se ne esce. E la bussola non può certo essere il volere della maggioranza. Allora? Qui c’è un passaggio del discorso del Papa che fa davvero riflettere: “Contrariamente alle altre grandi religioni, il Cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio”.
Ora, che un Papa dica che il Cristianesimo non ha nessuna intenzione di imporre una “repubblica dei santi”, nelle quale ci sia piena identificazione tra legge divina e legge umana, e lo dica in quella sede e con quella chiarezza, è un fatto da considerare con attenzione. E non si tratta di una concessione allo spirito moderno, perché Benedetto XVI si aggancia alla storia del pensiero cristiano, non inventa niente. Un passaggio ulteriore del discorso è di un’evidenza assoluta e forte: “Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo, come fonte giuridica valida per tutti, la ragione e la natura nella loro correlazione”.
Teologi cristiani che prendono posizione contro il diritto religioso! È stato davvero così (e infatti lì Occidente ha potuto evitare le degenerazioni islamiche), ma non abbiamo capito, evidentemente, quanto sia rivoluzionario e autenticamente laico il cristianesimo. Ragione e natura come bussola, come punti di riferimento per il diritto. Sembrerebbe tutto chiaro, sembrerebbe qualcosa che va bene per tutti. Ma allora qual è l’ostacolo?
È la mentalità positivista, che si è imposta nell’ultimo mezzo secolo e che riduce tanto la ragione che la natura (le due bussole). Dove vigono le interpretazioni positivistiche di natura e ragione, “le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco”. È saltata, da mezzo secolo in qua, quell’alleanza fra Gerusalemme, Atene e Roma che ha fatto grande la nostra civiltà.
La conseguenza è grave: “Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità”. Che è perfettamente ciò che tutti, se abbiamo un minimo di passione per la verità, possiamo verificare oggi.
Molto discretamente, ma con grande chiarezza, Benedetto XVI invita ad una constatazione: “Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura”. Quando distruggiamo l’ambiente, quando distruggiamo il bambino, quando distruggiamo la vita terminale, quando manipoliamo e congeliamo l’embrione umano, dovremmo onestamente riconoscere che “qualcosa non va”. Ci vorrebbe una passione per la verità più forte del pregiudizio ideologico e scientista.
È in gioco la fonte del diritto, la difesa del diritto. E’ in gioco lo stesso Stato, che non può tornare ad essere una banda di briganti, come già accaduto nel secolo scorso.

(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 23 settembre 2011)


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