Doveva essere un Papa di transizione. Eletto alla soglia dei settantasette anni, Giovanni XXIII regalò alla Chiesa universale la più grande rivoluzione pacifica del Novecento: il Concilio Ecumenico Vaticano II, destinato a rinnovare profondamente il volto della più antica istituzione del mondo, nella fedeltà alla tradizione ereditata dai Padri. Nei suoi cinque anni di pontificato, il ‘Papa buono’ seppellì le critiche di coloro che videro la sua elezione al soglio di Pietro come un tempo di attesa, preparatorio alla venuta di una guida giovane che avrebbe traghettato la Chiesa verso la modernità. Roncalli dimostrò che anche in soli cinque anni si può rinnovare un’istituzione che a volte viene presentata dai suoi più aspri critici come fuori dal tempo.
Cinque anni sono quindi un tempo adeguato per tracciare un primo bilancio del pontificato di Benedetto XVI, che ha visto in questi mesi presentarsi dinanzi a sé, puntali e affamati, quei lupi di cui saggiamente aveva parlato all’inizio della sua avventura al timone della Chiesa di Cristo. “Pregate per me, perché io non fugga per paura dinanzi ai lupi”, aveva chiesto timidamente nella Messa di inizio del suo pontificato.
La bufera seguita alla sua lezione di Ratisbona, vide il Papa accusato di essere un nemico dell’Islam e un accanito sostenitore dello scontro tra le civiltà. Lui che in quell’intervento aveva affermato con chiarezza che la diffusione della fede mediante la violenza è irragionevole e che non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. La mancata lezione all’Università “La Sapienza” di Roma, dove il Santo Padre fu accusato di essere un nemico della ragione moderna e della scienza. Lui che in questi anni di pontificato ha dimostrato di essere il Papa della ragione. Accusato ripetutamente di essere un Papa anticonciliare, lui che fu nominato da Giovanni XXIII tra i teologi ufficiali del Vaticano II. La liberalizzazione della Messa in latino, ancora oggi guardata con una certa diffidenza da parte di alcuni vescovi cattolici. La revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, con l’accusa di condividere le tesi negazioniste sulla Shoah sostenuti da uno dei quattro presuli graziati dal suo provvedimento di paterna misericordia. E, infine, l’accusa più infamante: quella di aver coperto, prima come Arcivescovo di Monaco, e dal 1981 nella veste di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, i preti che si sono macchiati di abusi sessuali su minori, arrivando a coinvolgere il fratello Georg negli anni in cui dirigeva il famoso coro del Duomo di Ratisbona. Mentre Benedetto XVI è “il campione della lotta alla pedofilia nella Chiesa”, come ha ricordato il vescovo di Washington. Il Papa che ha incontrato, e continuerà a farlo nel futuro, vittime di abusi commessi da preti pedofili. Il Papa che pochi giorni prima di essere eletto al soglio di Pietro, nella meditazione alla nona stazione della Via Crucis al Colosseo, aveva gridato con forza: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”.
Perché questo Papa è così sotto attacco, dall’esterno ma anche dall’interno della Chiesa, nonostante la sua evidente innocenza rispetto alle accuse? “Un principio di risposta - afferma Sandro Magister - è che Papa Benedetto è sistematicamente attaccato proprio per ciò che fa, per ciò che dice, per ciò che è”.
Dinanzi a questi ripetuti, violenti quanto ingiustificati attacchi, la Chiesa si stringe in modo particolare attorno alla sua guida, al Successore di Pietro. Benedetto XVI sa che il popolo di Dio non si lascia impressionare dal chiacchiericcio del momento e che la Chiesa di Cristo, edificata sulla roccia indefettibile del Principe degli Apostoli, non vedrà prevalere su di essa le porte degli inferi.
Con questa certezza, Benedetto XVI può continuare a guidare con serenità e mano ferma la barca della Chiesa, affrontando i lupi che certamente non gli daranno tregua, e cercheranno di sbranare tutto il suo delicato e difficile lavoro in favore del dialogo trilaterale tra ebrei, cristiani e musulmani, della pace, della dignità dell’uomo che non viene meno quando la malattia mina la sua efficienza, della sacralità della vita dal suo concepimento fino al suo termine naturale, della santità della famiglia.
Tutti temi che stanno a cuore a Benedetto XVI e che sono al centro dell’agenda del suo pontificato. Ma che turbano la quiete dei suoi aggressori. La dolce rivoluzione di Ratzinger non sarà sconvolta dalle accuse infondate di cui questo Papa è quotidianamente vittima. Benedetto XVI non si dimetterà come chiedono i critici più accesi. Non ne ha motivo. E l’affetto e il sostegno spontaneo del miliardo di cattolici in tutto il mondo sono per lui di incoraggiamento ad andare avanti senza paura.
L’abbraccio dei fedeli per i suoi primi cinque anni di papato si concretizza nell’augurio che gli ha rivolto il Cardinale decano Angelo Sodano la mattina di Pasqua: “Dolce Cristo in terra, la Chiesa è con te”.
(Fonte: Francesco Antonio Grana, Petrus, 13 aprile 2010)
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