Continuando a scavare nella storia della pedofilia nella Chiesa cattolica, ci imbattiamo in un personaggio singolare, salito agli onori delle cronache nazionali proprio qualche giorno fa. E’ un prete, si chiama don Domenico Pazzini, ha 73 anni, ed è stato fermato a Milano per violenze su un ragazzino tredicenne che aveva adescato. Nella sua abitazione è stato ritrovato del materiale pornografico omosessuale.
Ora, questo don Pazzini non è un sacerdote come molti altri. E’ uno studioso, un uomo di cultura, conferenziere, autore di libri, docente universitario a Verona e (un tempo) anche all’Università Cattolica, che si era sobbarcato della missione di guidare gli omosessuali cattolici. Uno dei suoi ultimi libri s’intitola “Le mani del vasaio: un figlio omosessuale. Che fare”. Un prete in trincea, dunque, in una trincea molto particolare, quella del mondo omosessuale, contro il quale sarebbe schierata la Chiesa. E infatti don Pazzini, in un articolo scritto nel 2005, pare che abbia criticato l’allora cardinal Ratzinger proprio per le sue posizioni sui gay e fu per questo cacciato dal seminario.
A quell’epoca il sacerdote insegnava a Verona. L’articolo in questione apparve sul Corriere del Veneto. Vi si leggeva: “In certi ambienti mi hanno anche accusato di gettare confusione nel popolo di Dio” e, più avanti, si parlava di Ratzinger, il cui nome, non aveva allora (e supponiamo anche oggi) “buon corso” nell’ambiente gay, anche cattolico.
Cinque anni fa il don Pazzini avrà fatto la figura dell’onesto perseguitato, del perfetto esempio della Chiesa “buona” che lotta contro la Chiesa “cattiva” e intollerante, quella dei tipi alla Ratzinger. Oggi, però, la cronaca dovrebbe imbarazzare non poco chi aveva tirato troppo in fretta una tale conclusione. Don Pazzini è sotto accusa per quello squallido delitto di cui la stampa del mondo intero sta accusando certi uomini di Chiesa. Pedofilia. Sfruttamento di un tredicenne, in una relazione omosessuale. E la Chiesa di Ratzinger, quella che lo espulse dal seminario (luogo, è bene ricordarlo, frequentato da giovani minorenni), risulta non essere stata “cattiva”, ma accorta e lungimirante.
Don Pazzini fu accusato allora (parole sue) di “gettare confusione nel popolo di Dio”. Chi lo accusò all’epoca era stato un buon profeta, non un maligno inquisitore. Oggi questo sacerdote è uno di quelli che con la sua vicenda sbatte di nuovo la Chiesa in prima pagina, con grave scandalo per il popolo di Dio. Don Pazzini ha commesso un peccato gravissimo, che lo rende pronto per l’inferno. Ha trascinato nel peccato un’altra persona e ha dato grave scandalo. Gli auguriamo, ovviamente, di imparare la lezione e di ritrovare la necessaria umiltà per riprendere in mano la propria vita e salvare la propria anima.
Comunque, tutta questa vicenda è assai interessante. C’è un dato di fatto che emerge con chiarezza (del resto evidenziato dalle stesse autorità ecclesiastiche): la stragrande maggioranza dei reati di pedofilia coinvolge dei sacerdoti e dei maschietti, quindi avviene in un contesto di omosessualità. Il sacerdote che ha pulsioni verso l’altro sesso, di solito ha una strada davanti: si spreta e va a vivere con la sua donna. Dopo il Concilio Vaticano II è noto che i casi di questo genere sono stati moltissimi. Sono casi che provocano una ferita nel popolo di Dio, ma uno scandalo meno grave rispetto a quello di un don Pazzini, che statisticamente è il più diffuso.
Ecco allora che la vicenda dei preti pedofili diventa come un boomerang per tutti coloro che vorrebbero insegnare alla Chiesa a trattare con gli omosessuali. Perché in realtà la Chiesa farebbe bene a controllare di più e meglio quello che avviene nei seminari, per esempio, e dovrebbe allontanare senza troppe esitazioni coloro che manifestano certe tendenze. Qualcuno griderà ancora allo scandalo, all’intolleranza, all’oscurantismo medievale. Faccia pure. Ma quando si tratta di evitare il ripetersi di casi come quello di don Pazzini, nessuna misura cautelativa è mai di troppo. bisognerebbe davvero pensarci due, tre, quattrocento volte prima di mettere una persona con inclinazioni omosessuali a fare il parroco o il viceparroco in una parrocchia.
Paradossalmente ci troviamo nella situazione in cui la gerarchia va accusata non di aver "discriminato" degli omosessuali, ma di non averlo fatto. La Chiesa che prudentemente si cautela,dimostra infatti,di volere veramente il bene delle persone, molto più di coloro che si trincerano dietro la facile accusa di omofobia.
(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 30 maggio 2010)
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