Il
caso della serie tv “Fisica o chimica” trasmessa sul digitale terrestre Rai 4
ha suscitato giusto clamore e qualche reazione eccessiva (soprattutto da parte
di uno dei diretti interessati), ma purtroppo non rappresenta che la punta dell’iceberg
di una degenerazione dell’offerta che segna in maniera evidente la
programmazione televisiva.
L’ultimo
esempio pessimo è andato in onda domenica 18 marzo a “Domenica Cinque”:
Federica Panicucci – non nuova a voyeuristiche incursioni nella cronaca più
drammatica – ha dedicato ampio spazio a due vicende di cronaca che in questi
ultimi giorni hanno avuto per vittime due bambini molto piccoli. Dopo essersi intrattenuta in tono molto leggero a all’insegna del gossip con Luisa Corna, Alba Parietti [ci mancava!] e Pippo Franco, la Panicucci ha cambiato tono e atteggiamento, entrando nella parte della conduttrice compunta e commossa, per annunciare a bruciapelo: “Voglio raccontarvi due casi di cronaca drammatici, di cui sono stati vittime due bambini molto piccoli…”.
A finire sotto i riflettori è stata dapprima la vicenda del bambino sardo ucciso dal convivente della madre, che ha preso a martellate la donna e poi si è tolto la vita impiccandosi a un albero nelle vicinanze. In studio era ospite la zia, sorella del padre naturale, che non abita più con la donna. Il servizio di presentazione del caso (una preclara dimostrazione di come non si fa giornalismo) ha dettagliato la vicenda con dovizia di particolari, compresi quelli relativi al modo in cui il bambino sarebbe stato soffocato e alle violenze di cui lui e la madre sarebbero stati fatti oggetto. Linguaggio da romanzo tragico, quello dell’autrice del servizio, con una ricostruzione condita da frasi del tipo: “Il bambino era accoccolato sul divano, i riccioli bruni appena spettinati. E non respirava più…”. Il servizio ha mostrato anche spezzoni di filmati con il piccolo vivo e sentire la sua voce non ha fatto che rendere ancora più forte l’impatto emotivo delle immagini.
Quando si è tornati alla diretta in studio, la zia piangeva mentre la Panicucci esibiva occhi lucidi e volto commosso, pronta a lanciarsi nel saccheggio dei sentimenti altrui che tanto va di moda in quest’epoca di tv spazzatura. E via con domande sottovoce alla donna su come ricordava il suo nipotino morto, sul fratello, sulla madre del piccolo, sul nuovo convivente della donna, sulla desolazione di una famiglia a pezzi. Come usa fare la tv in questi casi esibendo tutto il cinismo di cui il mezzo è capace, i primi piani sulle due interlocutrici si sprecavano e con essi quelli sui volti del pubblico di figuranti abituati; questi ultimi, abituati ad applaudire e lanciarsi in canti e balli, stavolta erano visibilmente a disagio tanto quanto gli spettatori a casa che avevano avuto la (s)ventura di imbattersi in questa robaccia.
Dopo una buona mezz’ora, che ha visto perfino la zia ricostruire nei dettagli il soffocamento del bimbo secondo la sua personale ipotesi, il battito di mani finale ha posto fine allo strazio. Ma finito il break pubblicitario la Panicucci è tornata pronta a rincarare la dose.
Ed ecco servito il secondo caso preannunciato in apertura, quello di un bambino di tre anni del Ferrarese ricoverato in ospedale con varie fratture e vistosi segni di maltrattamenti sul corpo. A ridurlo così sarebbero stati la giovane mamma e il suo nuovo compagno (che non è il padre naturale del bambino e che avrebbe qualche problema di tossicodipendenza).
I due in carcere respingono le accuse, secondo copione, ma “i sospetti – ha spiegato la voce fuori campo – si trasformano in prove, che peseranno per sempre su questo bambino che ora è tornato fra le braccia di suo papà”. L’ospite, stavolta, era Manuela Falcetti (chissà a quale titolo), in collegamento esterno c”erano Maria Rita Parsi e la nonna del bimbo con il suo avvocato, telefonicamente è intervenuto anche il papà del bambino. L’emozione di un padre che riceve l’abbraccio del figlio sofferente è stata ampiamente rintuzzata dalla Panicucci e dalle sue domande “intelligenti” volte a capire come sia stato possibile, secondo lui, che il bimbo abbia subito maltrattamenti tanto atroci. Povero bambino e povero genitore…
Anche in questo caso una storia di povertà culturale prima ancora che materiale, oltre che di rapporti famigliari tesi e fragili, ha fatto da sfondo nero alla brutta sorte subita da un innocente. E anche in questo caso, si è diffusa a macchia d’olio la scia di quel vampirismo (come definirlo altrimenti?) che serve soltanto a strappare commozione e indignazione a buon mercato sulla pelle altrui, finendo per compiere un’ulteriore violazione ai danni di soggetti deboli a cui una cattiva sorte ha già riservato un’esistenza non facile. Nemmeno stavolta la Panicucci ha risparmiato allo spettatore una massiccia dose di particolari nella descrizione di “fratture, ecchimosi, bruciature di sigarette in tutto il corpo”, branditi come armi improprie per suscitare incontenibili ondate emotive e conseguenti picchi di audience.
Già detto e già scritto, ma evidentemente bisogna scandire il concetto: la Panicucci non è fatta per questo genere di servizi e queste speculazioni sul dolore o sulla tragedia non devono trovare posto in televisione. Tanto meno all’interno di un contenitore domenicale del pomeriggio che, in quanto tale, dovrebbe per definizione essere a misura di famiglia. Contenuti e modi simili a quelli disinvoltamente esibiti domenica dalla Panicucci non sono merce rara nel palinsesto. E questo costituisce una ulteriore aggravante.
(Fonte: Marco Deriu, La Bussola quotidiana, 20 marzo 2012)
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