Dopo la pubblicazione di un articolo che evoca lo «scandalo della beatificazione di Pio XII», il settimanale francese “Marianne” ha fatto marcia indietro sull'argomento.
«Il nostro articolo del 2 gennaio “Il Papa che rimase in silenzio di fronte a Hitler”, che ha affrontato il tema della possibile beatificazione di Pio XII, ha suscitato reazioni» ─ osserva la redazione di “Marianne” ─ «anche tra i nostri cronisti abituali. Tra questi, Roland Hureaux considera che, di fronte all'Olocausto, Pio XII agì come un uomo responsabile anziché dare lezioni».
Nell'articolo, diffuso l'11 gennaio, Hureaux ricorda che i «dirigenti della Chiesa cattolica si situano dalla parte dell'etica della responsabilità. Perché, contrariamente a ciò che possono far pensare alcuni, i buoni cristiani non sono adolescenti tardivi, e la Chiesa cattolica ha responsabilità effettive: quella, tra il 1939 e il 1945, di milioni di cattolici ma anche di centinaia di migliaia di ebrei rifugiati nelle sue istituzioni!».
«È estremamente immaturo pensare che il Papa potesse parlare indiscriminatamente senza preoccuparsi di questa responsabilità», afferma. Secondo il giornalista di “Marianne”, «nulla permette di dire che, in relazione a quella situazione, il Papa avrebbe potuto, essendo meno “prudente”, migliorare l'equilibrio tra bene e male». «Serve una presunzione singolare da parte di coloro che non hanno vissuto le stesse circostanze né hanno mai esercitato analoghe responsabilità per presentare giudizi a questo proposito».
«Come ha detto Serge Klarsfeld, alcune parole solenni durante la retata degli ebrei di Roma avrebbero sicuramente migliorato la reputazione attuale di Pio XII. Ma che criminale sarebbe stato se, per forgiare la propria immagine davanti alla storia o anche per preservare l'onore dell'istituzione, avesse sacrificato la vita anche di uno solo delle migliaia di bambini ebrei rifugiati nei giardini di Castel Gandolfo e in tanti conventi!».
Roland Hureaux considera anche che bisognerebbe avere «una singolare ignoranza di quello che fu il regime nazista per immaginare che questo tipo di proclami avrebbero potuto commuoverlo». E aggiunge: «Come si può dire che il Papa non abbia detto nulla contro il nazismo, quando fu lo sherpa della redazione, dall'inizio alla fine, dell'Enciclica Mit brennender Sorge (1937)?».
Pio XII era «ossessionato dall'anticomunismo». «Come sono leggere queste parole! Dimenticano che tra l'agosto 1939 e il giugno 1941 Hitler e Stalin furono alleati, si portò a termine un piano di sterminio dei sacerdoti e delle élites polacche e centinaia di migliaia di cattolici polacchi vennero assassinate. Ma non ci fu alcuna protesta memorabile». «Perché? Non lo so».
«Egli sapeva che, di fronte alla “Bestia immonda”, non sarebbe servito a nulla cercare di intenerire. Bisognava limitare in modo prioritario i danni senza alimentare la sua ira».
«Di fatto – continua Roland Hureaux –, il vero mistero di Pio XII non è tanto il suo comportamento durante la guerra, ma la lettura che se ne è fatta 70 anni dopo. Com'è possibile che questo Papa, che era oggetto di elogi unanimi da parte del mondo ebraico (Ben Gurion, Golda Meir, Albert Einstein, Léo Kubowitski, segretario del Congresso Ebraico Mondiale, il Gran Rabbino di Roma, ecc.) e non era ebreo, possa essere oggi così vilipeso?».
(Fonte: Zenit, 19 gennaio 2010)
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