Sta
girando, nei social network, questa vignetta. Verrebbe da dire che una più una
meno non fa differenza: la fabbrica dei proiettili creati ad hoc per colpire il
Papa, la Chiesa, i cattolici nel mondo lavora a pieno ritmo ed è l’unico
settore in cui non si contano disoccupati o esodati.
Questa vignetta, però, “merita”. Vale la pena spendere qualche parola, perché nasconde una “sua” verità. Un desiderio recondito, diremmo. E trasversale. Perché è dentro e fuori la Chiesa.
Che il mondo sia “sull’orlo del baratro”, come scritto, è fuor di dubbio. Interessante la proposta a destra: “Nominiamo un Dio tecnico”.
Lasciamo stare che queste frasi vengano messe in bocca ad un cardinale e ad un vescovo; lasciamo stare che il cardinale è disegnato con una bella pancia e due anelloni, come a dire che il digiuno e la povertà evangelica ai vertici della Chiesa sono un optional, e che il vescovo di destra sia segaligno, con gli occhiali scuri, versione complottista scafato. Lasciamo stare anche il crocifisso a terra e gli altri particolari. Linguaggio e potere delle immagini, che – non è difficile capirlo – certo non escono dalla mente e dalla matita di gente che ama la Chiesa.
E’ però interessante, come dicevo, riflettere sulla “proposta”.
Guardo e penso che dev’essere proprio “indigeribile” l’idea di un Dio che si china sul nostro niente, nasce da un ventre di donna e condivide (tranne che nel peccato) la natura umana con le sue fatiche, il dolore, la precarietà…
Un Dio che piange quando muore il suo amico Lazzaro; che ama di un amore che più grande non c’è, fino a donare la vita e a lasciarsi crocifiggere. Che si commuove. Che sta volentieri in compagnia, ma anche solo, in preghiera. Che è disposto ad incontrare tutti, a farsi compagno di cammino di tutti. Che non si preoccupa dell’audience e delle mode, ma ogni volta depista chi ha di fronte per le cose che dice e per le cose che fa. Che non usa i nostri criteri e la nostra misura. Che è imprevedibile. Che non sceglie i migliori ma i semplici; che non si circonda dei dotti, ma di chi gli vuol bene. Uno che basta incroci il tuo sguardo e tu lo segui e lo ami per sempre…
In effetti, però, forse la vita sarebbe più facile con un Dio “tecnico”.
C’è un problema? Dimmi di che natura è, ed io, che sono onnipotente, te lo risolvo in un baleno. A seconda, posso diventare medico, psicologo, economista, sismologo, esperto di questioni sentimentali e di “genere”, promoter, direttore dell’ufficio collocamento, politico, sindacalista, chiromante, facilitatore di apprendimenti, giudice, dietologo, personal trainer, chirurgo plastico…
Che meraviglia!
Intanto – mi viene in mente – un Dio “tecnico” sarebbe sicuramente un eugenista: vuoi mica che sbagli e faccia nascere bimbi im-perfetti? Al problema della sofferenza, un “tecnico” opterebbe per la soluzione più veloce. Due conti e via: è vero o no che la sofferenza è inconfutabilmente brutta per chi la subisce e per chi gli è vicino? È vero o no che chi soffre costa in farmaci, terapie e assistenza? Bene. Eliminiamo il problema, e cioè lui, il sofferente. Tutto di guadagnato.
Che “giusto”, mi dico, un Dio “tecnico”! Bilancino, pesetti, le colpe di qua, le attenuanti di là, meriti e demeriti, Lui che scartabella il librone delle leggi e delle sentenze, applica la matematica ed… è fatta. Vuoi che un “tecnico” non conosca la matematica? La sua mente è tutto un vorticare di numeri: addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni e così, alla fine, i conti tornano sempre. Perfettamente. A ognuno il suo. Tanto hai dato, tanto ricevi. E che poi non si parli di ingiustizie, che mi piombano in casa magistrati e sindacati in assetto di guerra!
Problemi e litigi in famiglia? Eccomi a disposizione. Divorzio breve, qualche timbro, una carta da bollo, due firme e avanti il prossimo.
Che pacchia, un Dio così! Ti dà le regole e basta che le segui. Una volta erano dieci comandamenti, ma se avevi nel cuore i primi due, gli altri venivano da sé. Ora sono dieci, cento, mille, perché i tecnici la vita te la pianificano loro minuto per minuto così tu non fai fatica. Sennò, che tecnici sono?!
Sì, è proprio una genialata ’sta storia del Dio “tecnico”. È uno pratico, Lui! Se vede che una cosa “tecnicamente” si può fare, si fa. Contano i risultati e dunque… avanti come i panzer, senza tante paturnie.
Figlio in provetta? Ok. Embrioni congelati? Va bene. Donatori di sperma? Melius abundare… LGBT? Facciano la lista delle richieste. Il Dio sociologo, antropologo, psichiatra, politicamente corretto, giustamente attento alla società in evoluzione, li accontenterà.
C’è gente che (per filantropismo, sia chiaro!) vende ovuli, presta uteri, feconda più o meno gratuitamente delle sconosciute? Venghino, signori, venghino!
Insomma: tutto quel che è “eu” (-genetico, -biotico, -tanasico…) significa che è “buono”. Vuoi che un Dio “tecnico” non gli dia l’imprimatur?
Sapete una cosa? So che piacerebbe a tanti (e tanto, forse!), un Dio così: nominato da noi ad immagine e somiglianza nostra, o comunque pronto a soddisfare qualsiasi nostro desiderio. A prevenirlo, magari. Ma che ci volete fare… Io mi sono perdutamente innamorata di Gesù di Nazareth che, bambino, è stato allattato, coccolato e cresciuto da una mamma di carne, ed è stato amato ed accudito da Giuseppe, che ha accettato di fare da “padre” al suo Dio.
Mi commuovo fino alle lacrime quando trovo nel Suo sguardo la misericordia che nessun tecnico al mondo, e nessun uomo, potrà mai donarmi.
Amo questo Dio che ha deciso di incarnarsi; che non guarda quanto siamo belli, alti, intelligenti, alla moda, utili, funzionali al sistema. Ci ama, infinitamente, come siamo. Donandoci la vita ci ha scelti; è morto per noi ed è risorto; è presente e vivo, ci tiene compagnia lungo il cammino e sarà ad attenderci quando i nostri giorni saranno finiti.
Cosa inspiegabile e che farebbe andare su tutte le furie un “tecnico”, questo Dio ci vuole liberi: liberi davvero. E’ una libertà che ci regala insieme alla vita e sarà opportuno che ce la giochiamo bene, perché ce ne chiederà conto.
Ma c’è una ragione, la più importante, per cui no: ho deciso che non mi interessa nessun altro Dio che non sia “Questo”. Per dono, e cioè gratuitamente, immeritatamente, ogni volta che sbaglio mi “assolve” (da ab-solvěre): mi scioglie dai lacci del peccato e mi rilancia, libera, nella vita. “Va’ e non peccare più!”, mi dice, mentre mi abbraccia con tenerezza e misericordia infinita.
Non esistono “tecnici” così, perché il perdono dei peccati è una roba dell’Altro mondo in questo mondo. Tante cose potrebbe fare un Dio “tecnico”, ma questa no: può farla solo un Padre.
Questa vignetta, però, “merita”. Vale la pena spendere qualche parola, perché nasconde una “sua” verità. Un desiderio recondito, diremmo. E trasversale. Perché è dentro e fuori la Chiesa.
Che il mondo sia “sull’orlo del baratro”, come scritto, è fuor di dubbio. Interessante la proposta a destra: “Nominiamo un Dio tecnico”.
Lasciamo stare che queste frasi vengano messe in bocca ad un cardinale e ad un vescovo; lasciamo stare che il cardinale è disegnato con una bella pancia e due anelloni, come a dire che il digiuno e la povertà evangelica ai vertici della Chiesa sono un optional, e che il vescovo di destra sia segaligno, con gli occhiali scuri, versione complottista scafato. Lasciamo stare anche il crocifisso a terra e gli altri particolari. Linguaggio e potere delle immagini, che – non è difficile capirlo – certo non escono dalla mente e dalla matita di gente che ama la Chiesa.
E’ però interessante, come dicevo, riflettere sulla “proposta”.
Guardo e penso che dev’essere proprio “indigeribile” l’idea di un Dio che si china sul nostro niente, nasce da un ventre di donna e condivide (tranne che nel peccato) la natura umana con le sue fatiche, il dolore, la precarietà…
Un Dio che piange quando muore il suo amico Lazzaro; che ama di un amore che più grande non c’è, fino a donare la vita e a lasciarsi crocifiggere. Che si commuove. Che sta volentieri in compagnia, ma anche solo, in preghiera. Che è disposto ad incontrare tutti, a farsi compagno di cammino di tutti. Che non si preoccupa dell’audience e delle mode, ma ogni volta depista chi ha di fronte per le cose che dice e per le cose che fa. Che non usa i nostri criteri e la nostra misura. Che è imprevedibile. Che non sceglie i migliori ma i semplici; che non si circonda dei dotti, ma di chi gli vuol bene. Uno che basta incroci il tuo sguardo e tu lo segui e lo ami per sempre…
In effetti, però, forse la vita sarebbe più facile con un Dio “tecnico”.
C’è un problema? Dimmi di che natura è, ed io, che sono onnipotente, te lo risolvo in un baleno. A seconda, posso diventare medico, psicologo, economista, sismologo, esperto di questioni sentimentali e di “genere”, promoter, direttore dell’ufficio collocamento, politico, sindacalista, chiromante, facilitatore di apprendimenti, giudice, dietologo, personal trainer, chirurgo plastico…
Che meraviglia!
Intanto – mi viene in mente – un Dio “tecnico” sarebbe sicuramente un eugenista: vuoi mica che sbagli e faccia nascere bimbi im-perfetti? Al problema della sofferenza, un “tecnico” opterebbe per la soluzione più veloce. Due conti e via: è vero o no che la sofferenza è inconfutabilmente brutta per chi la subisce e per chi gli è vicino? È vero o no che chi soffre costa in farmaci, terapie e assistenza? Bene. Eliminiamo il problema, e cioè lui, il sofferente. Tutto di guadagnato.
Che “giusto”, mi dico, un Dio “tecnico”! Bilancino, pesetti, le colpe di qua, le attenuanti di là, meriti e demeriti, Lui che scartabella il librone delle leggi e delle sentenze, applica la matematica ed… è fatta. Vuoi che un “tecnico” non conosca la matematica? La sua mente è tutto un vorticare di numeri: addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni e così, alla fine, i conti tornano sempre. Perfettamente. A ognuno il suo. Tanto hai dato, tanto ricevi. E che poi non si parli di ingiustizie, che mi piombano in casa magistrati e sindacati in assetto di guerra!
Problemi e litigi in famiglia? Eccomi a disposizione. Divorzio breve, qualche timbro, una carta da bollo, due firme e avanti il prossimo.
Che pacchia, un Dio così! Ti dà le regole e basta che le segui. Una volta erano dieci comandamenti, ma se avevi nel cuore i primi due, gli altri venivano da sé. Ora sono dieci, cento, mille, perché i tecnici la vita te la pianificano loro minuto per minuto così tu non fai fatica. Sennò, che tecnici sono?!
Sì, è proprio una genialata ’sta storia del Dio “tecnico”. È uno pratico, Lui! Se vede che una cosa “tecnicamente” si può fare, si fa. Contano i risultati e dunque… avanti come i panzer, senza tante paturnie.
Figlio in provetta? Ok. Embrioni congelati? Va bene. Donatori di sperma? Melius abundare… LGBT? Facciano la lista delle richieste. Il Dio sociologo, antropologo, psichiatra, politicamente corretto, giustamente attento alla società in evoluzione, li accontenterà.
C’è gente che (per filantropismo, sia chiaro!) vende ovuli, presta uteri, feconda più o meno gratuitamente delle sconosciute? Venghino, signori, venghino!
Insomma: tutto quel che è “eu” (-genetico, -biotico, -tanasico…) significa che è “buono”. Vuoi che un Dio “tecnico” non gli dia l’imprimatur?
Sapete una cosa? So che piacerebbe a tanti (e tanto, forse!), un Dio così: nominato da noi ad immagine e somiglianza nostra, o comunque pronto a soddisfare qualsiasi nostro desiderio. A prevenirlo, magari. Ma che ci volete fare… Io mi sono perdutamente innamorata di Gesù di Nazareth che, bambino, è stato allattato, coccolato e cresciuto da una mamma di carne, ed è stato amato ed accudito da Giuseppe, che ha accettato di fare da “padre” al suo Dio.
Mi commuovo fino alle lacrime quando trovo nel Suo sguardo la misericordia che nessun tecnico al mondo, e nessun uomo, potrà mai donarmi.
Amo questo Dio che ha deciso di incarnarsi; che non guarda quanto siamo belli, alti, intelligenti, alla moda, utili, funzionali al sistema. Ci ama, infinitamente, come siamo. Donandoci la vita ci ha scelti; è morto per noi ed è risorto; è presente e vivo, ci tiene compagnia lungo il cammino e sarà ad attenderci quando i nostri giorni saranno finiti.
Cosa inspiegabile e che farebbe andare su tutte le furie un “tecnico”, questo Dio ci vuole liberi: liberi davvero. E’ una libertà che ci regala insieme alla vita e sarà opportuno che ce la giochiamo bene, perché ce ne chiederà conto.
Ma c’è una ragione, la più importante, per cui no: ho deciso che non mi interessa nessun altro Dio che non sia “Questo”. Per dono, e cioè gratuitamente, immeritatamente, ogni volta che sbaglio mi “assolve” (da ab-solvěre): mi scioglie dai lacci del peccato e mi rilancia, libera, nella vita. “Va’ e non peccare più!”, mi dice, mentre mi abbraccia con tenerezza e misericordia infinita.
Non esistono “tecnici” così, perché il perdono dei peccati è una roba dell’Altro mondo in questo mondo. Tante cose potrebbe fare un Dio “tecnico”, ma questa no: può farla solo un Padre.
(Fonte:
Luisella Saro, Cultura Cattolica, 2 giugno 2012)
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