Parto da un episodio che mi è capitato stamani. Vado in edicola a comprare il giornale e ritrovo, dopo anni, una mia vecchia conoscenza, una coetanea, oggi docente come me. Ci riconosciamo e ci salutiamo. Non siamo stati compagni di classe, ma militavamo nelle associazioni cattoliche: lei nell’Azione Cattolica, io in C.L. Lei ha appena comprato “Il fatto quotidiano”. Io chiedo “Avvenire”. E in questa scelta differente c’è tutta una storia.
C’è stata una generazione di cattolici che ha interpretato il cristianesimo prima di tutto come una morale. I ragazzi che conoscevo ieri, oggi sono cresciuti, ma non si sono spostati di una virgola. Oggi hanno bisogno di Travaglio e del suo giornaletto, che sprizza moralismo dalla prima all’ultima pagina. Costoro mettevano sempre avanti a tutto, prima di tutto, la necessità di “essere testimoni credibili”. Essere “credibile”... come se la gente si convertisse perché incontra un “cristiano onesto”! Come se Gesù Cristo avesse scelto, per fare la Chiesa, dei personaggi “credibili”, “coerenti”, tutti d’un pezzo (sappiamo tutti che bella figura faccia Pietro, il primo Papa, nei Vangeli!); come se Gesù quel giorno, sulla riva del lago, invece di fare a Pietro quella domanda perentoria, sconvolgente e commovente (“mi ami?”) gli avesse chiesto, per tre volte, un ben più banale “Sei stato onesto?”. Non è sulla coerenza che l’ha esaminato, ma sull’amore. E’ un’altra cosa, un altro mondo.
Il Cristianesimo, ce l’ha ricordato questo grande Papa, non è una morale, ma un fatto che s’incontra, con cui ci confronta e, anche, ci si scontra. Dio non si è incarnato per darci un manuale delle istruzioni, ma per essere una pietra angolare. E’ per questo che, oggi come oggi, non sono affatto preoccupato per i casi di pedofilia che divampano nella Chiesa. A parte che si tratta di una percentuale davvero trascurabile (se sembra il contrario è solo perché la stampa la fa apparire gigantesca), non sono nelle deviazioni e nei peccati dei suoi figli i gravi pericoli per la Chiesa. Il vero problema è nel fatto che ci sono troppi uomini nei posti chiave, troppi pastori d’anime che sono cresciuti nella deformazione di cui si diceva. Sono troppi quelli che vedono il cristianesimo come una morale o, peggio, come una ricetta sociale per risolvere i problemi degli “ultimi”.
Un grande santo che è per me un punto di riferimento ebbe a dire che il problema principale della Chiesa di oggi è nel fatto che si “vergogna di Cristo”. Il vero problema è sentire un vescovo che in mezz’ora di predica non pronuncia mai la parola Gesù e si perde in analisi sociologiche, da professore universitario. E’ da troppo tempo che i “cristiani credibili”, o, se preferite, i “cristiani adulti” (che è lo stesso), hanno ridotto l’annuncio straordinario e affascinante del Vangelo ad un “beati gli onesti e i bravi”. E mentre si predicava questo, in una comoda conciliazione con il mondo (che è anche capace di applaudire volentieri la persona “coerente”), si proponeva un cristianesimo meramente terreno, fatto di “valori” sociali e civili, senza un richiamo forte al Mistero divino, le cui vie non sono le nostre. E così questi cristiani “credibili” si ritrovarono, e si ritrovano, ad appoggiare tutte le peggiori eresie che oggi hanno riempito la terra. E nelle loro scelte anche politiche si sono trovati sempre dalla parte di una cultura profondamente anticristiana. Hanno votato in favore del divorzio e dell’aborto. Oggi appoggiano lo svuotamento della famiglia fondata sul matrimonio e sono disponibili (perché pacifici, educati e comprensivi) anche a cedere di qualche metro sull’eutanasia. Strano. Evidentemente l’uomo, la sua identità, la sua dignità, il suo essere figlio di Dio, viene dopo il comportamento, la morale, le buone maniere, la coerenza.
Oggi questa Chiesa del moralismo sente montare la marea di fango, che minaccia di soffocarla. Questa Chiesa del moralismo, che ha predicato prima di tutto un cristianesimo “coerente” e “credibile”, viene spazzata via dall’assalto concentrico del Potere planetario.
Fortunatamente accanto a questa generazione, nella Chiesa ve ne è un’altra che non ha come primo scopo quello di salvarsi l’anima attraverso una condotta esemplare e che non crede che la testimonianza passi, prima di tutto, attraverso le buone maniere e la rispettabilità sociale. La Chiesa non è una congrega di “perfetti”, ma una povera famiglia di peccatori. Che però hanno una letizia dentro il cuore che gli altri uomini non hanno. Una letizia che nasce dall’incontro con Gesù e dal conforto della Sua presenza.
Questa Chiesa soffre per il peccato che commette, chiede umilmente scusa e paga i propri debiti, ma va avanti con coraggio e umiltà, resiste nella prova, perché sa di portare in sé Colui che è via, verità e vita. Perché sa che la salvezza del mondo passa per quello straordinario annuncio che essa non può non diffondere, addirittura, come è già accaduto più volte nella storia, anche attraverso la propria debolezza.
(Fonte: Gianluca Zappa, 23 aprile 2010)
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