È di scena in questi giorni l’ennesima gaffe della “libera stampa”, ma attaccare il papa come fosse un politicante qualsiasi e sbagliare clamorosamente il tiro non fa fare una gran bella figura al quotidiano che si candida da anni a rappresentare la coscienza morale del paese. Non che si tratti di una novità: gli errori, i fraintendimenti, gli equivoci maliziosi sono sempre di casa a La Repubblica quando si parla della Chiesa; l’ultima però è davvero clamorosa, per la leggerezza con la quale un vaticanista del calibro di Giancarlo Zizola ha confezionato il suo j’accuse.
Lo schema generale dell’attacco non è affatto nuovo per chi ha dimestichezza con la politica italiana: Ratzinger non poteva non sapere degli episodi di pedofilia, quindi Ratzinger non poteva che essere connivente, ed il suo asserito “silenzio” è una prova lampante della sua omertosa intenzione di nascondere. E con ciò il sofisticato Zizola ha tirato la volata al rozzo tribuno De Magistris il quale non ha mancato ieri di chiedere a Ratzinger di presentarsi in tribunale per dire tutto quello che sa sui casi di pedofilia. Ma anche queste sinergie in fondo non sono nuove: al giornalista illuminato amis du peuple spetta il compito di indicare al pubblico ludibrio il reazionario di turno; ai torvi sansculottes tocca invece il compito di farsi avanti per rendere esecutiva la giustizia del popolo…
Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi, e così il prode e disinformato Zizola infarcisce il suo editoriale di fenomenali sciocchezze, venendo a tesser le lodi sperticate del cosiddetto “grande accusatore” del papa, “l’arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland”, che Zizola celebra come “una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti”, il cui comportamento sarebbe stato “irreprensibile di fronte ai doveri della coscienza verso la verità e verso la Chiesa sugli abusi sessuali del clero”.
Sembra proprio che Zizola lo abbia conosciuto di persona Weakland dato che ne parla con toni lirici e commossi, ricordando persino le parole pronunciate in fin di vita, che sarebbero state “parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti”. E qui nascono i primi sospetti sulla buona fede di questa ennesima spregiudicata operazione montata dal giornale di De Benedetti. Infatti, è il medesimo Zizola che spara a palle incatenate contro Benedetto XVI ad ammettere, nel ritrattino agiografico che offre ai lettori dell’arcivescovo di Milwaukee, che una personalità ecclesiastica potrebbe esser fatta oggetto di “accuse infamanti” ed esser poi riconosciuta del tutto estranea ai fatti che la stampa gli contesta. Nel dir questo, Zizola neppure si rende conto dell’effetto boomerang del suo ragionamento: se le cose stanno così, perché non esser cauti, allora, anche quando l’oggetto delle “accuse infamanti” è l’odiato pontefice? Chissà se il lettore fazioso che sceglie ogni mattina la partigianeria preconcetta di Repubblica se ne sarà accorto…
Ma andiamo oltre. A parte il dubbio sulla buona fede, c’è infatti un dubbio non da poco sulla professionalità del noto editorialista. La “figura luminosa” del cattolicesimo americano che Zizola addita ad esempio di virtù e rigore morale non può essere infatti l’arcivescovo di Milwaukee, il quale era stato dimissionato da Giovanni Paolo II nel 2002 dopo una denuncia di abusi sessuali ai danni di Paul Marcoux, studente di teologia della Marquette University di Milwaukee. Nel denunciare fatti accaduti nel lontano 1979, la vittima degli abusi aveva rotto un segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450.000 dollari sottratti alle casse dell’arcidiocesi. Ma, soprattutto, il suddetto Weakland non può esser morto pronunciando le “parole di perdono” che La Repubblica gli attribuisce, dato che egli è tuttora vivo ed è in buona salute. E’ chiaro che chi scrive (e infanga) non sa minimamente di cosa parla. La clamorosa cantonata è stata denunciata dal sempre attento e bene informato Sandro Magister che ha riconosciuto nei cenni biografici forniti dal collega Zizola la figura morale di ben altro protagonista del cattolicesimo americano: mons. Joseph Bernardin, arcivescovo di Chicago, lui si “irreprensibile” e morto nel 1996 dopo aver perdonato chi lo aveva falsamente accusato in vita.
Ora ci vorrebbe una bella sospensione per il Zizola, dato che questa montatura diffamatoria con fervorino al papa non è certo migliore delle cieche capocciate mollate da Feltri ai danni di Dino Boffo, direttore di Avvenire… ma si sa, aspetteremo inutilmente e, vedrete, che Zizola sarà presto di nuovo in pagina con altre forzature e nuovi equivoci dettati dalla faciloneria, dall’ignoranza e dalla sicumera ideologica.
(Fonte: Stefano, La Cittadella, 6 aprile 2010)
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