giovedì 29 aprile 2010

Omosessualismo: aperta la “caccia” ai non gay in Europa

Con un obiettivo: quello di contrastare presunte discriminazioni o generici «discorsi di incitamento all’odio», ritenuti ingiustificabili anche quando discendano da «valori tradizionali» o «religiosi». Introducendo, per scoraggiarli, misure contraddittorie, da una parte di contrasto, anche di carattere penale, sanzionatorio o sotto forma di risarcimento, dall’altra rispettose del diritto «fondamentale alla libertà di espressione»; da una parte inserite «nei programmi scolastici» e nei «materiali pedagogici», dall’altra attente alle scelte educative compiute dalle famiglie. Difficile, in tutto questo, trovare la quadratura del cerchio…
Non mancano le proposte. Ad esempio, concedere riconoscimento giuridico al cambiamento di sesso, compresa la facoltà di modificare nome e genere sui documenti ufficiali «in modo rapido, trasparente ed accessibile»; garantire ad un individuo transgender «di sposare una persona del sesso opposto» al suo “nuovo”; la facoltà per single e gay di procedere all’adozione in nome del principio di non discriminazione, nonché di riconoscere responsabilità parentali alle coppie omosessuali. Da qui, l’inquietante invito rivolto alle Istituzioni di prevedere una sorta di arbitrato a favore del movimento gay nel confronto con organizzazioni, anche religiose, nonché di promuovere «azioni positive» a favore della lobby Lgbt.
Va fatta una considerazione: il Coe, Consiglio d’Europa, autore di questa controversa disposizione, non ha nulla a che vedere con l’Unione Europea. Del primo fanno parte 47 Stati (molti ex-comunisti), della seconda 27; il primo è costituto da parlamentari nazionali designati dalle Camere dei rispettivi Paesi, la seconda è costituita da candidati regolarmente eletti dai popoli. Del Coe fa parte anche quella Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che lo scorso novembre si è pronunciata contro l’esposizione del Crocifisso nelle aule. Il che la dice lunga…
Tale raccomandazione è stata varata lo scorso 31 marzo. Come detto, nel silenzio generale. Sui siti on line dei più importanti quotidiani non la si trova. Il quotidiano “Avvenire” ne ha parlato, ma nove giorni dopo, il 9 aprile, segno di un’evidente difficoltà nell’acquisirla. Il testo è stato inserito nel sito dello stesso Consiglio d’Europa, rigorosamente in inglese o in francese, non in italiano. Qui vi si legge anche il commento del segretario generale del medesimo organismo, Hiorbørn Jagland, felicitatosi «della decisione presa dal Comitato dei Ministri», definendola «un passo avanti importante», nonché «il primo testo giuridico al mondo che tratti esplicitamente di una delle forme di discriminazione più radicate e difficili da combattere».
Veramente, un intervento da lasciare senza parole, specie a fronte della gravità delle proposte contenute nel testo tanto elogiato.

(Fonte: Corrispondenza Romana, 24 aprile 2010)

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