giovedì 19 maggio 2011

Castità per i preti. C’è chi non condivide la lezione del Card. Piacenza

“Vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca” dice Gesù in Matteo 19,12. Io ho sempre pensato di essere uno di quelli che, sull’argomento, ha poche idee ma chiare; adesso però ho scoperto qualcuno che riesce a superarmi abbondantemente sia nella pochezza di idee che nell’ottusità contrapposta alla mia chiarezza, ovvero Alberto Melloni, storico della chiesa e punta avanzata del cattoprotestantesimo italiano. Mi sarei risparmiato di leggere il discorso del cardinale Piacenza ai seminaristi piemontesi che è dispiaciuto a Melloni così come a cattoprotestanti minori quali Marco Politi e Massimo Faggioli. Io vorrei comportarmi come quei figli di Noè che, essendosi il padre addormentato nudo, lo coprono con un mantello però camminando all’indietro, per non disonorarlo. Vorrei distogliere lo sguardo dalle problematiche relative al celibato sacerdotale, in quanto già parlarne fa capire che esistono mentalità e teorie contrarie, dove non dovrebbero essercene, ma non posso, poiché leggendo riviste e giornali e commentando quel che leggo, devo a volte rischiare di disonorare e disonorarmi. Perciò mi sono letto e riletto l’intervento intitolato “La formazione affettiva al sacro celibato nel tempo del Seminario”.
Innanzitutto non mi è sembrato un intervento così anormale e se a tanti è sembrato tale allora magari è vero che nei seminari la norma è l’apostasia. “L’aver separato, all’interno della sessualità, l’aspetto unitivo da quello fecondo ha prodotto conseguenze devastanti”. Come si fa a dubitare di una simile affermazione? Non vedete gli italiani estinguersi, la gente sposarsi a quarant’anni anzi non sposarsi affatto, le donne fare un figlio a testa, mezzo figlio, nessun figlio? Non è forse questa una conseguenza devastante degli anticoncezionali di massa? Il più giovane cardinale italiano, appunto Mauro Piacenza ─ non casualmente ordinato sacerdote dal gigantesco cardinal Siri che sempre a Genova ordinò un altro campione, Gianni Baget Bozzo ─ a giudicare da quello che scrive ha letto Fabrice Hadjadj, il filosofo ebreo che dopo essersi convertito ha formulato il concetto di “masturbazione assistita” per definire l’eros programmaticamente infecondo. Un altro passaggio importante riguarda quella che Piacenza, purtroppo prodigo di parole astratte come suole l’alto clero, chiama la caduta del significato della affettività e della sessualità come “definitività” o meglio il suo rifiuto nel nostro contesto socioculturale: insomma il crollo della durata, il non riuscire più nemmeno a concepire vocazioni a vita, quali sacerdozio e matrimonio.
Qui lo scherno di Melloni si capisce bene, il cattivo soggetto propugna una religione liquida ovvero una non-religione, uno spiritualismo intellettualistico senza legami, e gli piace, gli piace dichiaratamente, da apostata senza vergogna quale è, il protestantesimo americano più ameboide i cui seguaci passano da un predicatore all’altro, da un gruppo all’altro, come si passa da un supermercato all’altro a caccia di promozioni e sconti.
Nulla da eccepire quindi sulla diagnosi di Piacenza dei problemi affettivi dei sacerdoti: è sulle terapie proposte che avrei gradito una maggiore incisività pratica; poiché quelle elencate, pur buone e ovvie che siano, non è che facciano proprio saltare sulla sedia: il primato della grazia, e ci mancherebbe altro; fuggire le occasioni di peccato, e questo mi sembra il minimo; l’ora di adorazione eucaristica quotidiana, buonissima cosa se non ci fosse la maligna controtendenza di alcuni vescovi ipocredenti (probabili lettori di Melloni) sempre impegnati a decentrare, emarginare, occultare i tabernacoli… Tutte cure ragionevoli, talmente ragionevoli da risultare spesso insufficienti. Ma è pur sempre una terapia. Agli esperti in materia gli spunti non mancheranno di certo. Alla faccia di chi si lamenta sempre e comunque.

(Rielaborazione da: Camillo Langone, il Foglio, 17 maggio 2011)


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