Cinquant’anni fa, quando in Italia la televisione si sviluppava come fenomeno di massa, i dirigenti televisivi - definiti da una certa parte “bacchettoni” e proni a servire il “regime democristiano”, come veniva chiamato – erano uomini di cultura, consapevoli di quanto sia necessario per un popolo conoscere la sua identità ed acculturarsi. Chi ha l’età per ricordare, considera ancora oggi gli sceneggiati televisivi d’allora - “L’Idiota”, “I Buddenbrok”, “Il Mulino del Po”, “I Promessi Sposi”, solo per citarne alcuni – capolavori assoluti, generatori di sapere e di conoscenza. Anche le trasmissioni d’intrattenimento – lo “Studio Uno” di Falqui, ad esempio – erano realizzate con garbo, eleganza e professionalità, così come le rappresentazioni teatrali a presa diretta, con i grandi attori dell’epoca o l’opera lirica o l’informazione – pensiamo alle grandi firme ed ai grandi servizi di “TV7”. Altri tempi.
Oggi, il motore principale delle scelte televisive è il denaro, quello che deriva dagli incassi pubblicitari, che si producono attraverso i dati dell’audience. La ricerca spasmodica dell’incremento degli ascolti, ha prodotto, con il tempo, l’esaltazione di forme di spettacolo televisivo di dubbio gusto, per nulla formative e, per molti versi, pericolose, perché – come i “reality” – propongono una realtà solo apparente, virtuale, rispetto alla quale il pubblico è chiamato ad uniformarsi.
Negli ultimi anni, un incremento assai significativo ha riguardato la spettacolarizzazione dei fatti di cronaca nera. Oltre alle serie che esaltano in modo spregiudicato e subdolo le gesta di bande criminali, sono innumerevoli le trasmissioni che – utilizzando una pletora di psicologi, giornalisti, criminologi, scrittori di successo – raccontano, scandagliano, sviscerano nei minimi dettagli gli atti criminali e li interpretano, gestiscono l’interesse morboso e voyeuristico degli spettatori e propongono chiavi di lettura dei fatti, con la pretesa di darne una spiegazione sociologica o persino psicanalitica e spesso di sostituirsi a chi deve condurre le indagini e celebrare i processi. In alcuni casi, gli stessi protagonisti di questi fatti – o chi stava loro attorno - hanno compreso talmente bene il meccanismo, da utilizzare quelle trasmissioni, partecipandovi loro stessi, per promuovere le loro verità.
La chiave del successo di questo nuovo tipo d’intrattenimento televisivo l’ha introdotta “Porta a Porta”, con i plastici del “caso Franzoni”. Poi, un diluvio di emulazioni, di trasmissioni del pomeriggio - per le famiglie, si dice - che si sono “convertite” o definite di “servizio” – come “Chi l’ha visto” – che ora si occupa di delitti piu’ che di scomparsi.
L’audience aumenta, la pubblicità ne trae beneficio e tutto viene giustificato così. A nessuno sembra importare quali effetti possano produrre – soprattutto su persone vulnerabili – questo tipo di trasmissioni. Se sei a pranzo con tuo figlio di sei anni e questi ti chiede che cosa significa abusare sessualmente di una persona dopo averla ammazzata o perché una donna viene uccisa con trentadue coltellate, molte delle quali sul volto o perché una bambina di due anni viene depositata da sua madre nella centrifuga della lavatrice o perché un ventenne stupra la sorellina della sua fidanzata, non puoi sottrarti dal dargli una risposta, che non può essere elusiva dell’argomento, ma deve fargli comprendere perché la trasmissione che stava seguendo ha inteso dargli quella notizia e quale significato abbia.
Chi decide di propagandare in questo modo gli atti criminali, dovrebbe porsi al posto di quel bambino (e magari dei suoi genitori) e comprendere – solo per un istante – quali danni possono provocare nella sua mente racconti di questo tipo. Per non parlare degli atti emulatori che possono generare questo tipo di efferatezze su persone psichicamente deboli.
Non si chiede di mettere il bavaglio all’informazione. Si chiede di gestirla in modo corretto. Dal rapporto dell'Osservatorio europeo sulla sicurezza, formato da Fondazione Unipolis, Demos&Pi, Osservatorio di Pavia, diretto da Ilvo Diamanti, emerge che nel 2010 il Tg1 ha dedicato ai fatti criminali il doppio delle notizie rispetto al Tg pubblico spagnolo, il triplo rispetto a quello inglese, quatto volte di più rispetto al tg francese, 18 volte in piú rispetto al tg pubblico tedesco.
Con l'aggravante poi ─ come detto più sopra, ma lo vogliamo sottolineare ─ che il più delle volte queste pseudo analisi sono il piatto forte di trasmissioni in onda durante la giornata, e quindi in fascia protetta, condotte da presentatrici assolutamente inidonee a moderare la solita congrega di “esperti” urlanti e di improbabili “opinionisti” ─ guarda caso sempre quelli, provenienti per la gran parte dal gossip più becero e contrabbandati per elementi di spicco della nostra cultura contemporanea, con grande dovizie di onnipresenti signorine scosciate, messe là forse con lo scopo di “arredare” lo studio e di fare da contro altare alle altrettanto scosciate presentatrici ─ costringendoci a sorbire quotidianamente, “obtorto collo”, una quantità industriale di idiozie.Oggi, il motore principale delle scelte televisive è il denaro, quello che deriva dagli incassi pubblicitari, che si producono attraverso i dati dell’audience. La ricerca spasmodica dell’incremento degli ascolti, ha prodotto, con il tempo, l’esaltazione di forme di spettacolo televisivo di dubbio gusto, per nulla formative e, per molti versi, pericolose, perché – come i “reality” – propongono una realtà solo apparente, virtuale, rispetto alla quale il pubblico è chiamato ad uniformarsi.
Negli ultimi anni, un incremento assai significativo ha riguardato la spettacolarizzazione dei fatti di cronaca nera. Oltre alle serie che esaltano in modo spregiudicato e subdolo le gesta di bande criminali, sono innumerevoli le trasmissioni che – utilizzando una pletora di psicologi, giornalisti, criminologi, scrittori di successo – raccontano, scandagliano, sviscerano nei minimi dettagli gli atti criminali e li interpretano, gestiscono l’interesse morboso e voyeuristico degli spettatori e propongono chiavi di lettura dei fatti, con la pretesa di darne una spiegazione sociologica o persino psicanalitica e spesso di sostituirsi a chi deve condurre le indagini e celebrare i processi. In alcuni casi, gli stessi protagonisti di questi fatti – o chi stava loro attorno - hanno compreso talmente bene il meccanismo, da utilizzare quelle trasmissioni, partecipandovi loro stessi, per promuovere le loro verità.
La chiave del successo di questo nuovo tipo d’intrattenimento televisivo l’ha introdotta “Porta a Porta”, con i plastici del “caso Franzoni”. Poi, un diluvio di emulazioni, di trasmissioni del pomeriggio - per le famiglie, si dice - che si sono “convertite” o definite di “servizio” – come “Chi l’ha visto” – che ora si occupa di delitti piu’ che di scomparsi.
L’audience aumenta, la pubblicità ne trae beneficio e tutto viene giustificato così. A nessuno sembra importare quali effetti possano produrre – soprattutto su persone vulnerabili – questo tipo di trasmissioni. Se sei a pranzo con tuo figlio di sei anni e questi ti chiede che cosa significa abusare sessualmente di una persona dopo averla ammazzata o perché una donna viene uccisa con trentadue coltellate, molte delle quali sul volto o perché una bambina di due anni viene depositata da sua madre nella centrifuga della lavatrice o perché un ventenne stupra la sorellina della sua fidanzata, non puoi sottrarti dal dargli una risposta, che non può essere elusiva dell’argomento, ma deve fargli comprendere perché la trasmissione che stava seguendo ha inteso dargli quella notizia e quale significato abbia.
Chi decide di propagandare in questo modo gli atti criminali, dovrebbe porsi al posto di quel bambino (e magari dei suoi genitori) e comprendere – solo per un istante – quali danni possono provocare nella sua mente racconti di questo tipo. Per non parlare degli atti emulatori che possono generare questo tipo di efferatezze su persone psichicamente deboli.
Non si chiede di mettere il bavaglio all’informazione. Si chiede di gestirla in modo corretto. Dal rapporto dell'Osservatorio europeo sulla sicurezza, formato da Fondazione Unipolis, Demos&Pi, Osservatorio di Pavia, diretto da Ilvo Diamanti, emerge che nel 2010 il Tg1 ha dedicato ai fatti criminali il doppio delle notizie rispetto al Tg pubblico spagnolo, il triplo rispetto a quello inglese, quatto volte di più rispetto al tg francese, 18 volte in piú rispetto al tg pubblico tedesco.
Possibile che la nostra realtà televisiva sia solo questa? Possibile che anche le più belle occasioni come la recente Beatificazione di Giovanni Paolo II, vengano poi svilite da analisi superficiali e stupide da parte di questi signori? Possibile che le nostre televisioni, pubblica e commerciale, presentino entrambe quasi in contemporanea identici palinsesti infarciti di odio e di violenza, con servizi di “informazione politica” astiosi, grondanti di urla, insulti e rancore, e di trasmissioni di “approfondimento”, dove la cronaca è solo un pretesto per dei collage di tesi fantasiose, di processi ante litteram, di scene comunque cruenti, di gesti efferati, di ammazzamenti, di fatti di sangue? Non si vuole essere buonisti, ma vivaddio un po’ di bene, di fatti buoni, educativi, di positività ─ in questa nuvola perversa di negatività che ci circonda ─ ci sarà pure da raccontare, non siete d'accordo?
(Liberamente tratto da: Danilo Quinto, La Bussola quotidiana, 6 maggio 2011)
2 commenti:
Come non essere d'accordo con siffatta lucida analisi!
Mi si consenta però, di indicare il RESPONSABILE PRINCIPALE SE NON UNICO del tragico degrado della tv in Italia: silvio berlusconi!
Nessuno può contestare,senza cadere nella disonestà intellettuale,che l'inizio del processo di perversione della tv è coinciso con l'irruzione di fininvest/mediaset nel 1985, che ha purtroppo omologato anche la tv pubblica, stravolgendone la sua funzione di "servizio pubblico".
Perchè,miei cari sinistrorsi e destrorsi, il compito dello Stato e di tutte le sue espressioni istituzionali dovrebbe essere quello del BUON PADRE DI FAMIGLIA: che per il bene dei figli DEVE negar loro ciò che fa male,sia allo spirito che al corpo!
Meno male che noi cattolici contiamo sul "NON PRAEVALEBUNT" promessoci da CRISTO in persona!
Dio ci assista.
Tommaso Chierico
Piove governo ladro!!
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