Mi
sembra un fatto un po’ curioso che nel clima attuale di dialogo intenso e a
tutto campo con i Luterani e col diffuso interesse che c’è per la tematica del
sesso e della famiglia, non compaia mai, almeno nella pubblicistica corrente,
né da parte cattolica né da parte protestante, la questione della moglie di
Lutero, l’ex-monaca Caterina Von Bora, che gli dette cinque figli, dei quali
pure peraltro non si parla mai.
Mi si
potrà forse obiettare che l’interesse prevalente per Lutero riguarda la sua
dottrina teologica e non tanto la sua vita privata ed ancor meno la sua vita
coniugale e di famiglia. Non so però quanto vale questa obiezione, considerando
peraltro la stessa concezione moderna del far teologia e della stessa teologia,
per la quale, soprattutto nell’orientamento esistenzialistico – e il
protestantesimo non è lontano dall’esistenzialismo – si concepiscono la
teologia e il teologare come fatti esistenziali del singolo teologo, come vita
ed espressione di vita. D’altra parte si sa come è normale per i teologi e i
pastori protestanti aver famiglia.Si direbbe che su questo aspetto importante della vita di Lutero, niente affatto estraneo alla sua concezione teologico-morale del sesso, della donna, del matrimonio, del peccato e della giustificazione, si sia steso come un velo non si sa se di pudore o di disagio o di imbarazzata indifferenza, quando invece io ritengo che è un aspetto assai importante della vita di Lutero, strettamente legato col suo pensiero, aspetto quindi che andrebbe messo in maggior luce e dovrebbe esser oggetto di un ampio e franco dibattito ecumenico, al di fuori di qualunque mentalità scandalistica o, peggio, curiosità morbosa, che niente hanno a che vedere col clima di sereno confronto che attualmente deve governare il suddetto dialogo ecumenico.
Ma quello che è legato a questo silenzio sulla vicenda coniugale di Lutero e sulla figura di Caterina è indubbiamente l’assenza, nei primi secoli del luteranesimo, di significative figure femminili e di un contributo femminile importante nel campo della spiritualità e della teologia protestanti, quando invece si sa come la letteratura spirituale e mistica femminile cattolica, nata nel sec.XIII e proprio in Germania, sia poi continuata nel cattolicesimo, con grandi figure di Sante, nominate persino Dottori della Chiesa, sino ai nostri giorni, mentre una significativa letteratura religiosa protestante femminile è solo di data assai recente.
Quanto allo stesso Lutero, ovviamente, come uomo - e qui condivido il tradizionale giudizio su Lutero -, non posso lodare la nota tendenza all’intemperanza che caratterizzava l’atteggiamento di Lutero nei confronti del sesso, e come cattolico vedo con dolore il fatto che egli abbia tradito i voti monastici e per di più unendosi ad una donna essa pure infedele ai detti voti, anche se poi tutto sommato Lutero fu un marito fedele e un padre premuroso.
Come è noto dalla storia, Lutero eleva la grande per non dire insuperabile sua difficoltà a controllare la propria tempestosa sessualità a condizione propria dell’uomo conseguente la caduta originale. Probabilmente accecato dalla passione, egli chiude gli occhi alla splendida storia della pratica religiosa del voto di castità e di tutti gli esempi di castità degli sposi cristiani, benché ai suoi tempi avesse davanti agli occhi una diffusa situazione di corruzione. Come notò il grande storico domenicano P. Enrico Denifle nel suo famoso studio su Lutero dell’inizio del secolo scorso, Lutero denigra la pratica della castità consacrata quasi si trattasse di una frustrazione disumana, in modo non dissimile alle calunnie che Freud le avrebbe lanciato nel sec.XX.
Lutero non sa apprezzare quanto nella storia della santità cristiana la castità ha favorito ogni virtù, le opere della carità ed ogni azione autenticamente riformatrice, nonché l’imitazione di Cristo e della Beata Vergine Maria, e tutta una letteratura di alto valore teologico, ascetico, morale e spirituale fondata su di un’autentica adesione alla Sacra Scrittura, il cui messaggio, come si sa, egli intendeva riconoscere, garantire e diffondere.
Lutero non sbaglia nel vedere nel racconto genesiaco della creazione dell’uomo e della donna e della loro unione un insegnamento antropologico e morale più radicale e fondamentale di quello pur sublime di Cristo che invita chi vuol seguirlo a “farsi eunuco per i regno dei cieli”, un’esortazione fatta ad alcuni più fervorosi, che però è legata soltanto al piano della Redenzione, il quale, stante la condizione attuale della natura decaduta, ha in fin dei conti soltanto la ragione di mezzo privilegiato al fine di ripristinare nella sua pienezza il piano originario della creazione.
Sbaglia Lutero nel vedere la pratica dei voti come un mero discutibile per non dire nefasto uso della Chiesa Romana e non invece un principio di perfezione che risale a Cristo; però non ha torto nel vedere la maggiore fondamentalità del rapporto uomo-donna prospettato dal Genesi.
Il limite di Lutero, del resto tipico della Chiesa del suo tempo, fu quello di non tener conto che la prospettiva finale, escatologica della Redenzione non è la coppia procreativa, ma la semplice unione di coppia o meglio riconciliazione dell’uomo con la donna, dopo la “divisione” provocata dal peccato, un’unione escatologica, simbolo dell’unione di Cristo con la Chiesa.
Lutero è partito dalla suddetta visione limitata, della quale, col “senno del poi”, non possiamo fargliene una colpa, perché ancora l’antropologia sessuale non aveva ben chiaro il permanere nella risurrezione della coppia uomo-donna, come invece apparirà chiaro nel sec.XX con gli insegnamenti di Giovanni Paolo II.
Se di colpa o quanto meno di errore invece vogliamo parlare, esso fu l’omologazione da lui fatta tra il bisogno sessuale-procreativo e i bisogni fisiologici dell’individuo, la cui soddisfazione gli garantisce la sussistenza fisica. In tal modo Lutero, certo senza immaginarlo, è all’origine della visione antropologica che sta alla base della fecondazione artificiale che concepisce la procreazione come diritto assoluto della persona, da soddisfarsi con ogni mezzo.
Si può pensare con alcuni che questo invincibile bisogno sessuale, dove peraltro la donna risulta piuttosto strumentalizzata, sia il segno che Lutero non aveva avuto una vera vocazione monastica, per quanto, come rilevò lo stesso Giovanni Paolo II, egli sia stato un’anima profondamente religiosa, anche se certo non fu proprio di un’anima veramente religiosa l’idea che gli venne di abolire la S.Messa. La sua stoltezza fu, come ho detto, quella di elevare il suo caso personale a principio generale con la pretesa di fondarlo sulla Bibbia.
Quanti casi abbiamo avuto in questi ultimi decenni di sacerdoti e religiosi i quali col permesso dell’autorità ecclesiastica sono stati dispensati o dai voti o dal celibato! Ma moltissimi di essi certamente non hanno preteso di elevare il loro dramma legge generale della Chiesa, la quale peraltro probabilmente in un futuro potrebbe approvare un sacerdozio coniugato, ma con ben altre condizioni, e mantenendo sempre una speciale stima per quello celibatario.
Quanto poi ai voti religiosi, è evidente che la loro soppressione, sopprimerebbe automaticamente lo stato religioso come tale. E di fatti si sa come Lutero fosse contrario allo stato religioso, non riuscendo a trovarne il fondamento evangelico.
Se invece Lutero, come pensano altri, aveva ricevuto una vera vocazione religiosa, allora è chiaro che la rottura dei voti non potè essere senza colpa, perché, come attesta l’esperienza di sempre, se uno fa voto a ragion veduta e con l’autenticazione dell’autorità della Chiesa, Dio poi non gli nega la grazia di poterlo osservare per tutta la vita. E la colpa di Lutero si accresce considerando quanti religiosi e sacerdoti, compresi fedeli comuni, egli ingannò con i suoi sofismi pseudobiblici, allontanandoli dalla pratica della castità.
Tuttavia, come fa Hartmann Grisar alla fine della sua famosa monumentale opera su Lutero, dove non gli risparmia le critiche, anch’ io voglio affidare Lutero alla misericordia di Dio insieme con la “sua” Caterina, di quel Dio che disse: “Non è bene che l’uomo sia solo. Gli voglio fare un aiuto simile a lui”, un aiuto vedendo il quale Adamo esultò, mentre il Creatore dispose che uomo e donna siano in eterno “una sola carne e che l’uomo non divida ciò che Dio ha unito”.
(Fonte: P. Giovanni Cavalcoli, Riscossa cristiana,
dic. 2010)
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