giovedì 3 novembre 2011

Quei “maestri del dubbio” in cattedra nelle diocesi

Vito Mancuso nelle sue opere –come riportato da “L’Osservatore Romano” e da “Civiltà Cattolica”- nega o svuota di contenuti circa una dozzina di dogmi, dal peccato originale alla resurrezione di Cristo, dall’eternità dell’infermo alla salvezza che viene da Dio. In un articolo ha respinto anche il dogma della Creazione e la dottrina proposta dall’”Humanae Vitae” sulla contraccezione.
Eppure negli ultimi due anni è stato invitato a parlare nelle Diocesi di Prato, di Gorizia, di Catania…
Gherardo Colombo ritiene che il bene in sé e la giustizia in sé semplicemente non esistano: ciascuno potrebbe farsene un’idea personalissima, quindi relativa. Quanto alla virtù, nemmeno da prendere in considerazione….
Eppure ha parlato agli studenti del Seminario di Nola, nelle Diocesi di Foligno e Locri-Gerace, al Centro Pastorale di Cremona…
Massimo Cacciari ha spiegato, nel Duomo di Milano, quanto bello sia vivere senza fede e senza certezze.
Eppure, oltre ad essere professore ordinario presso l’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano-, ha parlato nelle Diocesi di Livorno, Terni-Narni-Amelia, e Caserta, dove ha addirittura inaugurato l’attività dell’Istituto di Scienze Religiose “S. Pietro”,…
E così via, l’elenco potrebbe continuare, includendovi altri “maestri del dubbio metodico”, come Beppino Englaro, che in una parrocchia di Verona ha presentato il suo libro pro-eutanasia.
Per questo, purtroppo, non stupisce, sebbene sempre amareggi, apprendere che -come ci viene segnalato dai nostri lettori- il Meic -Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale della Diocesi di Lodi- abbia invitato per il 7 novembre uno come il citato Vito Mancuso quale relatore per una serie di incontri pubblici.
Senza alcuna ombra di dubbio, tutti costoro rientrano a pieno titolo nella categoria dei “falsi profeti” individuata dalla Scrittura, lupi rapaci vestiti da pecore, da cui il testo sacro invita a guardarsi: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7, 15-16), spiega. “Inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato” (Mt 24, 11-13).
In effetti, in molti casi - complice il silenzio dei sacerdoti, per lo più presenti nella veste di moderatori, anche sui punti più delicati e sensibili - il pubblico, costituito in massima parte da cattolici comuni, supera le perplessità iniziali, ispirate dalla buona dottrina appresa sui banchi del catechismo, per giungere all’iniquo, scrosciante applauso finale.
Eppure, indipendentemente dalla gloria umana, “la loro condanna –assicura la Bibbia- è già da tempo all’opera e la loro rovina è in agguato” (2Pt 2,3).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica è molto chiaro contro chi tradisca o contribuisca a tradire la Verità, atto che, se “fatto pubblicamente, riveste una gravità particolare” (n. 2476), è un’“opera diabolica” (n. 2482), un’“offesa per indurre in errore” (n. 2483), “per sua natura condannabile” in quanto “profanazione della parola, mancanza in ordine alla giustizia ed alla carità”, ancora maggiore in caso di “conseguenze funeste per coloro che sono sviati dal vero” (n. 2485).
Ciò che stupisce non è, allora, che questi “maestri del dubbio” dicano quel che dicono: è, in un certo senso, il loro mestiere, la loro missione e cercano di portarla a termine nel migliore dei modi, ovunque ne sia data loro l’occasione. Ciò che davvero turba e sconcerta, piuttosto, è la remissiva accondiscendenza dei pastori d’anime, che – incuranti dei pericoli, cui espongono se stessi ed il gregge loro affidato - si portano il nemico in casa. Coi risultati che, malauguratamente, sono sotto gli occhi di tutti.

(Fonte, Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 2 novembre 2011)


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