mercoledì 5 ottobre 2011

L’Unione Europea si inventa il diritto gay alla famiglia

Benedetto XVI, nel suo discorso tenuto a Ratisbona nel settembre del 2006, ha tessuto uno splendido elogio della ragione, quella ragione che fonda la civiltà occidentale. O forse dovrei dire “fondava”, viste le reazioni che questo chiaro discorso ha suscitato non solo in oriente, ma anche in occidente, basandosi su una citazione e trascurando completamente il senso del discorso.
Dovrei dire “fondava” anche perché ho l'impressione che ciò che permette di confrontarsi sul terreno della ragione, la logica di fondamento aristotelico e il metodo scientifico, stanno diventando sempre più due ospiti ingombranti ed indesiderati proprio in quel mondo occidentale che su di essi è stato costruito.
Un esempio recente? Il 28 settembre scorso il Parlamento Europeo ha approvato una “risoluzione” (nientepopòdimenoche) “sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite”.
E cosa ha “risolto” il Parlamento europeo? Ad esempio “si rammarica che nell'Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto all'integrità fisica, alla vita privata e alla famiglia” eccetera eccetera “non siano ancora sempre pienamente rispettati”. Dunque esisterebbe un “diritto di lesbiche, gay, bisessuali e transgender” alla famiglia. Per accettare il quale bisogna necessariamente tacitare la ragione, che ha individuato delle condizioni fondanti la famiglia che le coppie “lesbiche, gay, bisessuali e transessuali” non soddisfano.
Non solo. La stessa “risoluzione” “chiede [...] la depsichiatrizzazione del percorso transessuale, transgenere, la libera scelta del personale di cura, la semplificazione del cambiamento d'identità e una copertura da parte della previdenza sociale”. Siamo arrivati a questo: le decisioni “scientifiche” vengono prese dal parlamento a votazione. Il processo plurisecolare di stabilizzazione di un metodo scientifico come valido per descrivere (e misurare) la realtà può tranquillamente andare in pensione: basta un voto parlamentare e voilà: la terra diventa piatta, il ciclo dell'acqua è abolito (e l'acqua diventa un “bene limitato”), il genere e il sesso non c'entrano nulla l'uno con l'altro. Non contento, il Parlamento europeo “invita la Commissione e l'Organizzazione mondiale della sanità a depennare i disturbi dell'identità di genere dall'elenco dei disturbi mentali e comportamentali e a garantire una riclassificazione non patologizzante in sede di negoziati relativi all'11a versione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11)”. Cioè si stabilisce il completo asservimento del mondo scientifico al potere politico dominante.
Infine “ribadisce la sua richiesta che la Commissione elabori una tabella di marcia globale contro l'omofobia, la transfobia e le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere”, ossia la mobilitazione della polizia contro il pensiero dissimile. E chi pensa che la ragione si afferma e si rafforza con il confronto e il dialogo è bell'e servito.
La ragione non abita più in Europa. Speriamo abbia traslocato altrove, altrimenti è un dramma, altro che riscaldamento globale.
Tanto per restare in argomento, segnaliamo che il filosofo polacco Tomasz Terlikowski è stato denunciato dal candidato Ann Grodzk per averlo chiamato “uomo”. Ann Grodzk è transessuale, ossia un uomo che si è volontariamente evirato e si è fatto impiantare due masse siliconiche. Ora: ogni persona dotata di ragione può rendersi conto del fatto che queste due operazioni non bastano per cambiare sesso: il sesso resta lo stesso, anche se si aggiunge o si toglie qualcosa dal proprio corpo. Eppure queste operazioni vengono chiamate “cambiamento di sesso”. Così il signor (pardon: signora) Grodzk è convinto di aver cambiato sesso, e vuole essere chiamato “donna”. E già questo è un bello schiaffo alla ragione. Ma il signor (signora) Grodzk ha pure denunciato il filosofo perché l'essere stato definito “uomo” l'avrebbe “offesa”. Qualche anno fa la questione sarebbe stata rubricata come un semplice caso di permalosità, e avrebbe fatto dubitare parecchio sull'equilibrio mentale del signore (ops...). Ma adesso, se qualcuno, utilizzando la ragione, dice cose sgradevoli per qualcuno, viene denunciato. Con l'approvazione del Parlamento europeo.
A questa ultima assurdità dell'Europarlamento si sommano altre sciocchezze che lasciano sconcertati. Viene da chiedersi ad esempio: ma con la crisi che, dicono, ci minaccia, è proprio necessario che il parlamento europeo dichiari (oltre al diritto gay, lesbiche, bisessuali e transgender alla famiglia) come diritto umano il “diritto alla vacanza”? Che l'Unione Europea spenda tre milioni di euro (3.000.000) per convincerci a nutrirci di insetti? Con la crisi, in atto o prossima che sia, è ragionevole che l'Europa spenda ogni anno più di 800.000.000 (questo è l'ammontare delle spese “amministrative": in realtà il costo annuo dell'UE è di 133,8 miliardi di euro) per permettere a questi burocrati di imporre ad un intero continente ogni fesseria che viene loro in mente?
Qualcuno potrebbe scandalizzarsi per queste parole. Per molti, un cattolico dovrebbe essere euroentusiasta: i padri dell'Unione Europea non sono forse tre cattolici (De Gasperi, Schumann e Adenauer)? Anche questa è una convinzione da rivedere, forse diffusa per convincere i cattolici a digerire matrimoni tra gay, lesbiche, bisessuali e transgender e insetti fritti. Se consideriamo infatti il Trattato di Roma (25 marzo 1957) e la nascita della Comunità Economica Europea (1° gennaio 1958), l'atto fondativo della futura Unione Europea, non possiamo fare a meno di osservare che a quell'epoca De Gasperi era già morto (19 agosto 1954). Inoltre i rapporti tra De Gasperi e Adenauer risultano da un punto di vista archivistico poco consistenti, e nelle Memorie di Adenauer i riferimenti a De Gasperi e all'Italia sono praticamente nulli. In ogni caso non si possono confondere gli ideali iniziali con certe realizzazioni. E comunque se si deve scegliere tra l'Unione Europea e la ragione, è bene scegliere per quest'ultima. Non importa se è fuori moda: si può sempre sperare in un revival...

(Fonte: Roberto Marchesini, La bussola quotidiana, 4 ottobre 2011)


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