martedì 24 novembre 2009

Ad ognuno il suo ruolo di rivoluzionario

Venti anni fa cadeva il Muro di Berlino. Bene, bravi, 7+ ! Sinceramente mi pare che tutti i comunisti abbiano di che rallegrarsi, perché cadendo il muro si è potuta avviare la vera ed autentica realizzazione del loro sogno: il socialismo reale! Eh, sì cari signori noi oggi in occidente viviamo in una realtà culturale e sociale che è la realizzazione autentica del comunismo, grazie ad un’alleanza inaspettata: l’ideologia liberal. Chi l’avrebbe mai detto…Peppone si sta rivoltando nella tomba.
C’è di più. Per uno strano gioco del destino Marx e Nietzsche si ritrovano insieme laddove l’ateismo eretto a sistema si congiunge ad un nichilismo esistenziale, che tradotto alla buona suona circa così: vivi come se Dio non ci fosse e non ti preoccupare, l'esistenza è solo un'opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l'effimero ha il primato.
La logica del mercato, in cui regna il principio del criterio di efficienza economica, riduce i rapporti sociali a puri rapporti economici e si ciò fonda sulla democrazia in cui la forza della quantità di voti è l’unica autorità valoriale. Con la benedizione della borghesia che per ciò ha accettato, in accordo al marxismo, la perdita della dimensione del passato.
Fiumi d’inchiostro e illustri pensatori si sono dedicati al tema e direi che i germi di questo abbraccio vadano ricercati negli anni ’30 del secolo scorso quando alcuni pensatori comunisti come Gramsci e la cosiddetta Scuola Tedesca di Francoforte cominciarono a strutturare il cosiddetto “post-comunismo”, il cui apice va ricercato nella cosiddetta “rivoluzione culturale” deflagrata nel ’68. «L’idea tradizionale di rivoluzione è tramontata – proclamava Herbert Marcuse, filosofo del ‘68 – adesso dobbiamo intraprendere una sorta di diffusa e totale disintegrazione del sistema» e l’attacco frontale fu rivolto al cosiddetto principio di autorità, qualsiasi autorità.
Ma qual è fra i tanti il punto nodale su cui post-comunisti e liberal si incontrano definitivamente? Senza ombra di dubbio la rivoluzione sessuale, che è l’elevazione a mito della trasgressione e dell’orgasmo. Questa è la via maestra in cui la “rivoluzione” è passata dalla vita degli Stati, alla vita intima degli uomini. Proprio nella trasgressione sessuale si realizza quella rivolta al principio di autorità che è rifiuto di ogni norma e qui Marx, Freud e Nietzsche hanno una certa paternità avendo fornito fior di sospetti sulla morale come valore.
A che punto è la notte?
Beh, siamo già alle politiche di gender per cui sentirsi uomo o donna sarebbe un fatto culturale, alle donne che stanno diventando uomini e partecipano al Grande Fratello, alla pedo-pornografia dilagante, all’apologia dell’erotismo senza fini che offre orgasmi in cui l’individuo si annulla e si perde. E qui non tiene l’accusa di oscurantismo moralista, basta non mettersi due fette di prosciutto sugli occhi e guardarsi attorno per vedere la decadenza dei costumi come causa di molti disagi sociali. Le “conquiste di libertà” che questa rivoluzione ha contribuito a realizzare sono il divorzio, l’aborto, in molti paesi i matrimoni tra persone dello stesso sesso, le coppie di fatto, …
La sessualità è certamente uno dei tratti fondamentali della persona umana che si traduce in molteplici manifestazioni della volontà, del sentimento, dei sensi e rischia facilmente di trasformarsi in un assoluto, se però non è più possibile avere una gerarchia di valori non solo diviene un assoluto, ma diviene un vero e proprio padrone di ogni scelta che in teoria dovrebbe essere libera, ma finisce appunto per non esserlo più.
In tale prospettiva non stupisce che, in seguito alla pubblicazione dell’”Anglicanorum coetibus” di Benedetto XVI, non si faccia altro che porre l’accento sul celibato sacerdotale. C’è nell’aria quell’interesse un po’ pruriginoso per qualsiasi argomento che possa riferirsi al tema “sessuale”. Molti, per sostenere un’eventuale apertura ai preti sposati nella Chiesa latina, sottolineano tutte le questioni tecnico-giuridiche del diritto canonico e vanno a ripescare nella storia altre situazioni, ma è il solito “formalmente corretto” che nasconde, invece, una visione sostanzialmente diversa rispetto al Magistero del significato di “tradizione”.
All’interno del mondo cattolico c’è tutta una serie di personaggi che vorrebbero il superamento di certe discipline. Perché? Perché sostengono che la realtà è tale per cui ci si dovrebbe adeguare, adattarsi.
La rivolta contro qualsiasi principio di autorità sappiamo benissimo ha messo radici anche dentro la Chiesa e, guarda caso, sono in molti a pensare che questo sia iniziato con particolare virulenza proprio in seguito alla lettera enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI (quella sull’immoralità della contraccezione per intendersi).
Sarei curioso di sapere cosa pensano, questi signori così attenti alla realtà, in merito alla pastorale dei fidanzati e cosa raccontano nei corsi pre-matrimoniali.
Ad ognuno il suo ruolo di rivoluzionario.

(Fonte: Parati semper blog, novembre 2009)

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