C’era del miele, giovedì sera 29, nel salotto per antonomasia del moralismo televisivo a senso unico, e tanti buoni sentimenti.
Quanti (i più “cattivi” o forse i più divertiti) speravano che Santoro portasse in studio il trans Natalie, magari anche solo per par condicio, dopo la bella apparizione della D’Addario, sono rimasti delusi.
Un trans, in effetti c’era, ma stava lì per dire “guardate che Marrazzo non è l’unico politico che va con i trans. So di molti altri, di qualcuno che sta più in alto di Marrazzo e che a Milano va con i trans”. Chi vuole capisca. Maurizio Belpietro chiede all’ambiguo personaggio che faccia nomi, si dice disposto a pubblicare le scottanti rivelazioni. L’ambiguo personaggio ospite di Santoro glissa, fa finta di non aver capito. Intanto, però, il sasso nello stagno ce l’ha gettato.
Impressionante la faccia tosta di Santoro, sconcertante, anche divertente, se non fosse che tutta quell’impalcatura, quel pubblico, con gente pronta a spellarsi le mani sempre e rigorosamente a senso unico (cioè quando la battuta viene da un esponente della sinistra, da un Travaglio, contro Berlusconi) è proprio da vomito.
C’era il caso Marrazzo di cui parlare. E Santoro che ti fa? Come uno studentello alle prime armi ti va volutamente fuori tema, perché si sente preparato su un altro argomento. Come uno studentello un po’ paraculo si mette a parlare di quello che vuole lui. E così la puntata sulle dimissioni di Marrazzo diventa la puntata sulle necessarie dimissioni di Berlusconi.
Ora, Santoro è quello che è. Un guitto, un uomo di spettacolo. Non è un giornalista serio. È un intrattenitore, un imbonitore, al limite un mancato vignettista. Il problema è semmai Marco Travaglio, il guru dell’informazione onesta italiana, il pontefice della morale politica, quello che ha sempre ragione. Per la prima volta ho assistito al suo intervento in “Alzo Zero”.
Sono rimasto affascinato da tanta geniale idiozia. Lui è al centro della scena. In faccia ha Santoro, che lo ascolta attento e concentrato. Lui si alza, apre il suo libretto, e fa una tirata che parte da Obama per arrivare a parlare, in modo ossessivo, di Berlusconi. Poi si rimette seduto. La messa è finita, andiamo in pace.
Il Messia ha parlato, la verità si è fatta carne. Dopo un faticoso travaglio, anche questa settimana il sacerdote della Morale ha partorito il prodigio di cinque minuti di omelia.
Ora può riposarsi, dopo aver sparso tanta saggezza. A pensarci bene, a guardare la scena con occhio distaccato è qualcosa di pazzesco. Questa strana, buffa, grottesca liturgia è qualcosa che, penso, succede solo in Italia, Paese notoriamente a scarsa libertà d’informazione.
Il salotto del moralismo nazionale ieri sera aveva un bel problema: si doveva riconoscere lo sbaglio di Marrazzo (non si può negare l’evidenza, anche se la tentazione è quella), ma senza pigiare troppo sull’acceleratore. Quindi doveva prevalere il miele e la comprensione. E, soprattutto, si doveva prendere spunto da Marrazzo per dare addosso a Berlusconi. È precisamente il “fuori tema” di Travaglio, tanto tirato per i capelli da far sentire lo stridio delle unghie che cercano di arrampicarsi sulla parete liscia dello specchio.
Va bene non infierire su Marrazzo (e da tutto il centrodestra, perfino da Emilio Fede, è arrivata sulla vicenda una memorabile lezione di stile), ma non va bene minimizzare, eccedere in senso opposto. Addirittura tentare un “non parliamone più”, un “meglio parlare di Berlusconi” che, obiettivamente, è davvero ridicolo. Maurizio Belpietro, di fronte ad un Santoro che evoca misteriosi complotti, riporta la vicenda al suo dato scarno: oggettivamente è stato imbarazzante vedere un personaggio di quel genere in quelle condizioni. Molti politici andranno a puttane e a trans, ma uno solo, finora, è stato filmato in quel modo. Avrebbe potuto non dimettersi, ma avrebbe fatto ancor più del male al suo partito. Inoltre c’è un altro aspetto inquietante, questo sì, evocato da Storace con una domanda: da quando Marrazzo ha scoperto di essere sotto ricatto (la scorsa estate) quali sono stati i suoi provvedimenti amministrativi in Regione Lazio? Saranno i magistrati ad indagare.
Il salotto di Santoro avrebbe dovuto ammettere che questo ossessivo frugare nella vita privata dei politici, o meglio, di un solo politico, Berlusconi, è una tremenda arma a doppio taglio, che si riversa su chi la usa. Ma da quelle parti non sono così interiormente liberi da fare un bel mea culpa, dall’addossarsi la responsabilità di quel giornalismo canaglia che loro stessi alimentano. Al posto del mea culpa è andato in onda il solito attacco politico e personale contro Berlusconi, basato sui condizionali di Travaglio (peraltro non tutti efficaci perché non tutti appropriati) e sulle affermazioni sgangherate di un trans.
È l’arte di cadere sempre in piedi. Che riesce a fregare solo il fan di questo triste spettacolo, quel fan che è capace anche di esaltarsi e di godere con la performance del guitto Santoro, e di andare in vera e propria estasi quando parla Travaglio.
(Gianluca Zappa, La Cittadella, 30 ottobre 2009)
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