Vorremmo poter dire che l’autore delle strampalate affermazioni su Papa Benedetto XVI e sui rapporti tra Chiesa Cattolica e Comunione anglicana solennemente pubblicate ieri, in Italia, da "Repubblica" non sia davvero Hans Küng, ma un suo frettoloso traduttore. Purtroppo per il teologo svizzero non è così, a parte forse – forse! – un «Chiese riformate» trasformato in «Chiese riformiste» (ma se – sin dal titolo imposto al pezzo – la si butta in politica, parlando di «destra» con evidente e incomprensibile leggerezza riguardo alle cose di Dio e della Chiesa, persino una simile aggettivazione da dibattito parlamentare, peraltro utilizzata deliberatamente in altri passaggi, può suonare bene e apparire tutto sommato logica...).
Insomma, dobbiamo rassegnarci ad ammettere che anche stavolta il testo italiano sembra proprio corrispondere agli intendimenti del suo mitteleuropeo estensore. Che, dunque, in modo ostentatamente «tragico» stravolge e travolge il senso dello straordinario evento ecclesiale ed ecumenico maturato, dopo lunga e non facile gestazione, lo scorso 20 ottobre tra Roma, Westminster e Canterbury. Una manciata di aggettivi a effetto (torbido, medievale, scaltro) e due-tre sostantivi usati con disinvolta ferocia semantica (pirateria, impero, indignazione) sono messi, con già sperimentata veemenza propagandistica, al servizio dell’obiettivo. Ma forse l’espressione più rivelatrice di tutte è «teologia küngiana».
Sì, a legger bene, Küng parla soprattutto di se stesso. Lo fa per evocazione e apertis verbis. Si cita e si compiace, tanto quanto si dispiace del magistero e del ministero di colui che oggi è Papa, che – in un altro tempo – gli fu collega e amico e che, appena eletto al soglio di Pietro, gli aprì mente e cuore. Questo è il teologo, questo e l’uomo, che si fa giudice del gesto ecumenico di Benedetto XVI e critico del primate anglicano Rowan Williams. Questo è il polemista che s’ingegna a disseminare concetti aspri e duri come pietre su di un passaggio cruciale nella millenaria vicenda della Chiesa di Cristo.
(Fonte: Avvenire, 29 Ottobre 2009)
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