Prima di lasciarvi alla lettura dell’articolo a firma Daniela Minerva, pubblicato su L’Espresso del 22 aprile 2010, volevo inquadrare un attimo la figura dell’intervistato. Vito Mancuso è un teologo italiano, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano. I suoi scritti suscitano notevole attenzione nel pubblico, forse proprio perché innescano critiche, discussioni e polemiche per la posizione non sempre allineata con le gerarchie ecclesiastiche, sia in campo etico sia in campo strettamente dogmatico. È editorialista del quotidiano “la Repubblica”. Dopo il liceo classico statale a Desio (Milano), ha iniziato lo studio della teologia nel Seminario arcivescovile di Milano dove al termine del quinquennio ha conseguito il Baccellierato, primo grado accademico in quella disciplina, ed è stato ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini all’età di 23 anni e sei mesi. A distanza di un anno, però, ha chiesto di essere dispensato dalla vita sacerdotale e di dedicarsi solo allo studio della teologia. Dietro indicazione del cardinal Martini ha vissuto due anni a Napoli presso il teologo Bruno Forte (attuale arcivescovo di Chieti e Presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede della Cei), sotto la cui direzione ha conseguito il secondo grado accademico, la Licenza, presso la Facoltà Teologica “San Tommaso d’Aquino”.
Ha quindi iniziato a lavorare in editoria (Piemme, Mondadori, San Paolo, ancora Mondadori) proseguendo lo studio della teologia per il terzo e conclusivo grado accademico, il Dottorato, conseguito nel 1996.
Ricevuta la dispensa papale a seguito dell'abbandono del presbiterato, è tornato allo stato laicale e si è sposato con Jadranka Korlat, ingegnere civile e dal loro matrimonio sono nati due figli.
Dal 2009 è editorialista di “la Repubblica”, ma scrive anche per Avvenire, Panorama, Corriere della Sera. Nel 2008 è stato collaboratore de “Il Foglio”. È saltuario ospite di contenitori TV del tipo “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, “L’Infedele” di Gad Lerner), “Le Storie” di Corrado Augias, “Otto e mezzo” di Giuliano Ferrara, il “Maurizio Costanzo Show” ecc.
Per Rai Tre ha inoltre curato cinque puntate della rubrica “Damasco” con trasmissioni su Pavel Florenskij, Dietrich Bonhoeffer, Simone Weil, Etty Hillesum, Pierre Teilhard de Chardin. Sul suo sito personale riporta, con compiaciuta evidenza, questo giudizio (evidentemente per lui molto qualificante): “L’autore intende il suo essere cattolico nel senso più radicale del termine, cattolico in quanto universale, perché un pensiero è autenticamente cattolico non tanto se obbedisce supinamente ai dettati del magistero romano, ma se ha a cuore il bene e la vita di tutti”.
Una definizione invece quanto meno singolare, da prendere con le dovute cautele.
Ciò premesso, ecco il testo dell’intervista, in cui al nostro non par vero di poter sparare a raffica le sue solite, ripetitive, bordate. L’incipit dell’intervistatrice non è del resto da meno, e si allinea fedelmente con il Pensiero (con la P maiuscola!) del vate (non poteva essere diversamente!):
«È la figura sfuocata di un papa vecchio, minuto. Troppo spesso stonato con un mondo che non capisce, che gli sfugge di mano, che sembra interessarlo poco. In cinque anni di pontificato, Benedetto XVI ha spinto la sua Chiesa verso un regno che non c'è più. Ha voltato le spalle alle grandi questioni della modernità. Ha deluso milioni di cattolici. Per accarezzare l'intelligenza di pochi che cercano nella sua teologia antica una cintura di salvataggio dal mondo. Le lacrime di Malta raccontano anche questo, non solo il suo dolore per la "Chiesa peccatrice". Perché, mentre Benedetto celebra, e a volte lo fa, le sue messe in latino voltando fisicamente le spalle ai fedeli, la Chiesa universale si sfrangia umiliata dallo scandalo dei preti pedofili, assordata dalle troppe voci dissonanti dell'Africa che non riesce a chiedere il celibato ai suoi preti, dei giovani disorientati da una morale sessuale incongrua, dei vescovi europei lacerati da un magistero che pende verso i lefebvriani e ignora il dialogo coi luterani. E sono in molti ormai a parlare apertamente di un travaglio che rischia di non ricomporsi. Tra di loro anche il teologo Vito Mancuso, professore all'Università Vita-Salute di Milano, che se lo spiega così.
D. Professor Mancuso, il pontificato di Benedetto XVI è al centro di una bufera che ha portato allo scoperto una crisi d'identità senza precedenti, almeno nel nostro tempo. Perché? E con quali conseguenze?
"Questo travaglio legato allo scandalo della pedofilia è qualcosa di unico nella storia della Chiesa, almeno negli ultimi 200 anni. Un pericolo così grande di perdita di credibilità non c'è mai stato, la statura morale del pontefice non è mai stata così compromessa. Ed è quella che conta, che àncora le anime dei fedeli. E dà forza, per parafrasare Stalin, alle divisioni del papa".
D. Perché è esplosa proprio oggi?
"Perché non si poteva più tacere, occultare, insabbiare. È stato monsignor Stephan Ackermann, vescovo di Treviri, responsabile della Conferenza episcopale tedesca a usare le parole “occultamento” e “ insabbiamento”; e André-Mutien Léonard, vescovo di Bruxelles e primate del Belgio, ha parlato di “colpevole silenzio”. Un silenzio posto dalla lettera dell'allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1991 con la quale si è coperto lo scandalo. È vero che le decisioni prese in questi giorni sono ineccepibili, ma drammaticamente tardive".
D. Lo scandalo ha detonato una crisi più profonda o si chiude in se stesso?
"Certamente è in corso un conflitto enorme. Noi dobbiamo capire qual è la stagione storica in cui si colloca il pontificato di Benedetto XVI: quella del Concilio Vaticano II, celebrato tra il 1962 e il 1965. Il Concilio ha posto le premesse per chiudere quattro secoli di Controriforma, secoli nei quali l'identità cattolica si concepiva in contrapposizione al mondo lasciando fuori le idee nuove e le esperienze dei fedeli, e aprire il tempo della Riforma, durante la quale l'identità cattolica si costruisce col mondo, con la vita reale delle persone. Per valutare l'opera di Benedetto XVI bisogna partire da qui, dal criterio oggettivo che lui stesso ha indicato quando ha detto che l'orientamento del suo pontificato sarebbe stata la realizzazione del Vaticano II, che egli ha definito la bussola per orientarsi nel Terzo millennio. Ma, se questo è il criterio oggettivo, non mi pare che il bilancio del pontificato sia entusiasmante. E i dati indicano la progressiva perdita di fiducia dei fedeli: in Germania un cattolico su quattro sta pensando di lasciare la Chiesa. Lo stesso crollo si ha negli Usa. Benedetto è il pontefice di una Chiesa che sta diventando un club per pochi".
D. Quali sono stati gli errori più gravi del suo pontificato?
"Pensiamo al rapporto con le altre religioni: è un fronte strategico. Oggi il papa è chiamato soprattutto a essere un grande maestro di spiritualità: il nostro mondo ne ha bisogno per unire, armonizzare le religioni e favorire la pace. È invece sotto gli occhi di tutti come, nei cinque anni di pontificato di Ratzinger, il rapporto con l'Islam non abbia fatto passi avanti. Come le relazioni con gli ebrei siano peggiorate: non passa giorno che non se ne abbiano segni concreti. Infine, è significativo che il papa non abbia mai incontrato il Dalai Lama, che è venuto in questi anni due volte a Roma e che Giovanni Paolo II aveva incontrato nove volte. Si usa dire che questo è accaduto per evitare persecuzioni dei cattolici in Cina, ma delle due l'una: o Giovanni Paolo era uno sprovveduto e ha esposto i fedeli cinesi, o Benedetto prova un profondo disagio nei confronti di un vero dialogo interreligioso".
D. Hans Küng chiede un concilio Vaticano III: per che fare?
"Per attuare il Vaticano II. Ma perché diciamo Vaticano III? Non potrebbe essere Kinshasa o Rio I?".
D. Ovunque si celebri, concretamente a cosa servirebbe?
"A cambiare il governo della Chiesa e far sì che la monarchia medioevale, tridentina, accentrata sul pontefice possa essere superata da un effettivo potere delle conferenze episcopali. Mimetico a come era il collegio degli Apostoli dove Pietro era sì il primo, ma Paolo si poteva opporre frontalmente ".
D. E chi è oggi Paolo?
"Non c'è. E questo è stato il grande limite del pontificato di Giovanni Paolo II che ha selezionato la dirigenza della Chiesa sulla base della fedeltà a lui stesso e a Roma. Così non ci sono voci forti e nuove che chiedano l'apertura al mondo".
D. Per questo viene da chiedersi: cosa cambierebbe un nuovo Concilio?
"Quando gli uomini sono isolati fanno fatica a esprimere opinioni divergenti rispetto alla dottrina ufficiale; sentono il disagio ma da soli non riescono a uscire allo scoperto. L'evento collegiale permette al disagio di esprimersi. E ai singoli di parlare senza essere tacciati di eresia, di apostasia. Questo è il problema della Chiesa: ogni minimo dissenso appare un tradimento, e il Concilio è invece il luogo dove il dissenso si può esprimere".
D. Suggerisce che la maggioranza dei cattolici non si riconosce più nel magistero?
"L'anima cattolica nel nostro tempo è divisa. Il problema di fondo è il rapporto tra la fede cristiana e il mondo come ha cominciato a delinearsi a partire dall'epoca moderna. Bisogna tornare al 17 febbraio del 1600".
D. È un po' lontano.
"Ma è il giorno del rogo di Giordano Bruno, l'inizio ideale della chiusura che ci angustia oggi. L'inizio del tempo nel quale la Chiesa ha chiuso la porta alle idee nuove. Il Concilio Vaticano II ha invertito la rotta aprendo alle possibilità introdotte dal progresso politico-sociale e scientifico. Così oggi i cattolici sono divisi tra coloro i quali capiscono che il dettato dottrinale è contrario allo spirito dei tempi, e chiedono che sia rivisto scegliendo come ultima voce guida l'esperienza che essi fanno nelle loro vite e coloro i quali, invece, vogliono che siano le acquisizioni dottrinali accumulate nei secoli a guidare l'azione, e si pongono in un'eroica contrapposizione col mondo. Ecco: Benedetto XVI è incapace di vedere che l'anima cattolica si compone di queste due dimensioni".
D. Sta parlando di uno scisma?
"Lo scisma nasce da qui, Benedetto è il papa che legittima unicamente la linea conservatrice. E non è questo che un pontefice dovrebbe fare".
D. Il governo della Chiesa, il dialogo interreligioso sono temi gravi, ma ciò che viene continuamente al pettine è l'incongruità della morale sessuale della Chiesa. Sulla quale, però, il Concilio ha taciuto.
"Il grande limite di Paolo VI nella conduzione del Vaticano II fu di togliere all'assise conciliare la materia, la facoltà di esprimersi al riguardo. Mentre la morale sessuale è grande parte del magistero della Chiesa. Forse papa Montini aveva il concretissimo timore che lo strappo dalla tradizione sarebbe stato troppo forte e devastante. Comunque sia egli lo eliminò dall'agenda del Concilio e convocò una commissione di esperti per decidere sulla contraccezione. Ma quando giunsero i risultati che erano a favore dell'uso del preservativo, li mise da parte".
D. Non solo: promulgò l'Humanae Vitae nella quale negava la liceità della contraccezione. Siamo ancora lì?
"Oggi la Chiesa Cattolica ha una teologia rinnovata per quanto riguarda la dottrina sociale e, in merito all'economia, alla finanza, ai temi dell'immigrazione riesce a essere un'effettiva maestra di umanità. Ma ha una teologia arretrata in materia di morale individuale. Così quando parla di sessualità non riesce a interpretare lo spirito dei nostri tempi, e non riesce a essere maestra neppure per gli stessi cattolici".
D. Esiste una questione femminile nella Chiesa?
"Certo che sì. E attualizza quanto dicevo prima. Ormai è evidente che le donne sono protagoniste, nella politica, nel mondo del lavoro, persino nei carabinieri. La Chiesa Cattolica si segnala come eccezione a riguardo. E così non riesce a parlare ai nostri tempi: la sensibilità femminile potrebbe provocare una rivoluzione epocale, porterebbe aria fresca. Ma non solo: lasciando fuori le donne la Chiesa è infedele a Gesù che, contrariamente alla prassi rabbinica del tempo, privilegiava enormemente le donne. Il Vangelo di Luca dice che con Lui c'erano non solo i 12, ma molte donne, in un concilio apostolico misto. E sono state le donne a vederlo per prime risorto. Nell'escluderle la Chiesa Cattolica ha tradito il suo fondatore".
D. La Chiesa si è costruita come un mondo senza donne, e con pastori celibi. Esiste un nesso tra celibato e pedofilia?
"È difficile pensare che non ci sia. D'altro lato è ingiusto ridurre tutto a quello. Le statistiche dicono che la gran parte dei pedofili agisce tra le mura domestiche, uomini sposati. Sul celibato, invece, occorre dire qualcosa di più concreto: serve? O piuttosto aggrava una situazione di crisi delle vocazioni che scarica sui preti un superlavoro che non fa bene a nessuno? Mancano i sacerdoti e si accorpano le parrocchie che arrivano a servire anche 30 mila persone. Il prete può in questo modo esercitare il suo ministero che dovrebbe essere quello della cura dei singoli? Ovviamente no. Guardando queste cose, si dovrebbero prendere decisioni che hanno a cuore il vero bene della Chiesa".
D. In questa prospettiva, la vicinanza con le chiese riformate è enorme.
"E non bisognerebbe arrivare proprio a quello? Non bisognerebbe arrivare all'unità assumendo nella nostra prospettiva ciò che di buono le chiese protestanti hanno fatto? E viceversa. Io credo che la figura del papa sia quanto mai importante nel nostro mondo, che ci sia bisogno di una figura di sintesi che garantisca l'unità; e il mondo protestante, afflitto dal proliferare continuo di nuove chiese, avrebbe tutto da guadagnare in una figura di questo genere. Non bisogna aver paura" (Daniela Minerva, L’Espresso, 22 aprile 2010)
A questo punto, viene spontaneo chiedersi: secondo quale criterio questo Vito Mancuso è così celebrato in certi ambienti ecclesiastici? Capisco che sia considerato il sacro vate di La Repubblica, capisco che sia osannato negli ambienti radical chic del più acceso anticlericalismo – rientra tutto nei giochi – ma che possa avere un seguito anche tra i cattolici, lui, il cattolico più anticattolico dei nostri giorni, beh, questo proprio non lo capisco.
Eppure non ci vuol molto a percepire il suo stantio livore di prete spretato, nei confronti dell’autorità gerarchica, che trasuda da ogni pagina dei suoi scritti! Del resto, l’impudenza orgiastica del proprio io che ne emerge imperiosa, il voler dimostrare una verità tutta sua e indimostrabile, l’ergersi a supremo giudice dell’autentica teologia cattolica, il suo costante atteggiamento di sprezzante superiorità nel dissentire dalle direttive del magistero, hanno comunque contribuito a declassarlo nella rappresentanza significativa dei teologi italiani ad autorucolo di serie B, spocchioso, preoccupato soltanto di trovare una sua collocazione nell’olimpo dei “grandi pensatori del dissenso”, perlopiù “fuoriusciti” come lui, in buona compagnia di quella frangia di laici anticlericali, radicali e indigesti; voglioso di apparire ad ogni costo, calca le scene di giornali, riviste, e trasmissioni televisive a lui congeniali, gestite dai suoi amichetti della nomenklatura laica e mangiapreti.
Quando parlo ai miei studenti di una “obnubilazione mentale”, o addirittura di una completa “vacatio intellectus”, come fenomeno ricorrente in molti teologi progressisti del post Concilio (del cui spirito nelle loro disquisizioni dimostrano di non averne assorbito assolutamente nulla), li vedo inizialmente sbarrare gli occhi, increduli e scandalizzati; salvo poi cogliere dal loro sguardo – sulla scorta delle successive argomentazioni – il progressivo e decisivo passaggio dallo scetticismo iniziale alla consapevole approvazione del mio asserto. Ebbene: penso che anche in questo caso il lettore, qualunque lettore, anche quello meno introdotto nelle problematiche teologiche, sarà comunque in grado di cogliere agevolmente del teologo Mancuso la sua “disinvoltura” dottrinale e l’insolenza di certi sui giudizi sul Papa e sulla Chiesa.
(Mario, administrator, 28 aprile 2010)
3 commenti:
Parlare di "insolenza" non è sufficiente per un personaggio come il Mancuso. "Disinvolto" ? Troppo poco. Anche perchè leggere solamente un pensiero grammaticale del nostro prete.. "spretato" (e menomale!) diventa alquanto pericoloso per l'intestino: semplicemente indigesto!
Ma d'altronde non poteva essere altrimenti se il suo obiettivo è quello di ricevere gli applausi (e i soldi) dell'elite pseudo-intellettuale radical-schic che spopola nei programmi televisivi e politici della nostra acciaccata società.
Grazie per l'articolo. Interessanti soprattutto i tuoi opportuni interventi!
Ringrazio il cielo per avere incontrato Vito Mancuso. Dovreste farlo anche voi.
Mancuso stimola ben oltre le eresie dei primi secoli: perfino Cristo sembra non indispensabile per la salvezza e la pienezza dell'umano! Ma quelcuno può segnalare le cose alla Congregazione per la Dottrina della Fede? o fose le prefazioni e il protettorato del Card. Martini suscitano un imbarazzo che impone il silenzio a tutti?!
Posta un commento