martedì 22 dicembre 2009

Tra Ballarò e Andrea Bocelli

L’altra sera in Tv c’erano in contemporanea due trasmissioni. Su Raidue, la rete del servizio pubblico, Ballarò, dedicata ovviamente all’aggressione a Berlusconi. Su Italia Uno, una delle tivù commerciali che fanno capo a Berlusconi (quindi, per definizione, luogo della diseducazione, del cattivo gusto, dei modelli negativi), il concerto natalizio di Andrea Bocelli, My Christmas, tenutosi al Kodak Theatre di Los Angeles. Ho scelto senza rammarico alcuno il secondo, godendo come un matto.
Penso che scegliere Ballarò al posto del concerto di Bocelli sia come (passatemi la bassa metafora calcistica) preferire una squallida trasmissione di provinciali, litigiosi e tristi giornalisti sportivi che dibattono su Mourinho, alle immagini di una punizione da 40 metri tirata da Mario Balotelli che s’insacca sotto la traversa.
Fosse per me, eliminerei dalla tivù tutto questo squallido spettacolo di risse verbali che non approdano assolutamente a niente. Mi comincia a venire in odio questo sfruttare il basso ventre per tenere incollata la gente al teleschermo e accrescere i dati di ascolto. Quei politici che recitano la parte e litigano, e si accapigliano, e si interrompono continuamente, supportati dalle rispettive tifoserie. E poi, terminato il programma, se ne escono a braccetto e vanno insieme amabilmente a cena. Cominciano seriamente a disgustarmi quei conduttori che fanno finta d’interessarsi ai problemi reali del Paese, quando stanno solo sfruttando i dolori e le difficoltà della gente per il successo della loro trasmissione.
Sono programmi di approfondimento politico che funzionano con le stesse regole dell’Isola dei famosi, del Grande Fratello, delle trasmissioni della De Filippi. Vivono di liti, di contrapposizioni, del peggio che l’essere umano può mostrare.
Nel suo ultimo discorso per la festa dell’Immacolata, Benedetto XVI ha messo in guardia tutti da questi mass media che “ci avvelenano col male”, che ci abituano “alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci”. Il prodotto di certa televisione è la superficialità con cui si parla dei problemi, delle persone, delle grandi questioni. L’uomo non nasce “superficiale”: viene educato ad esserlo. Intorno a me c’è troppa gente che ragiona per slogan; che gioca e che scherza sulle cose serie; che si batte con la foga del tifoso, con la violenza del tifoso.
Non mi piace. Mentre mi è piaciuto molto Bocelli. A parte lo spettacolo, è stato molto bello e confortante vedere l’America che rivolge il suo tributo ad un grande artista italiano. E’ stato commovente sentire Bocelli che intona “Tu scendi dalle stelle”, il canto di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, scritto per il Natale, cioè per la nascita di Gesù. Sentivo la riscossa di una tradizione buona e grande, che, forse non solo per una sera, s’impone sulla invadente e strapotente cultura americana, con le sue slitte, i suoi Babbo Natale, le sue renne, il suo consumismo esasperato. E Bocelli si è spinto addirittura oltre, fino a proporre niente meno che un successo dello Zecchino d’oro, quel Caro Gesù Bambino che tutti abbiamo canticchiato da ragazzini.
Ecco, uno ascolta il concerto natalizio di Bocelli, poi spegne la tivù e va a dormire felice e un po’ più riconciliato con la televisione e con la vita intera. Il cuore è in pace, l’anima è ricolma. Ti torna perfino a piacere il tuo Paese, per il quale, evidentemente, c’è ancora una speranza.
Intanto a Ballarò si continua a sbraitare anche dopo i gravissimi fatti di Milano. Questa è la televisione, ragazzi! Basta saper scegliere.

(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 17 dicembre 2009)

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