Con la sua intervistona di domenica 18 ottobre 2009 al “Corriere della Sera”, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della conferenza episcopale italiana, ha inviato un preciso promemoria oltre Tevere, ovvero al segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone. Per dirgli di smetterla di pretendere di fare lui da “guida” all’episcopato italiano sul terreno politico.
Niente “scontri” tra la Cei e la segreteria di Stato, ha detto Bagnasco. Ma una “divisione dei compiti” sì. Diversa la fisionomia delle due realtà, e quindi “asimmetriche” le responsabilità di ciascuna.
Per rivendicare le competenze della CEI, Bagnasco ha messo in campo nientemeno che la lettera apostolica di Giovanni Paolo II “Apostolos suos” del 21 maggio 1998, sulla natura teologica e giuridica delle conferenze episcopali:
«La CEI, come del resto ogni conferenza episcopale del mondo, ha come compito, secondo le indicazioni esplicite della lettera apostolica “Apostolos suos”, al numero 15, “la promozione e la tutela della fede e dei costumi, la traduzione dei libri liturgici, la promozione e la formazione delle vocazioni sacerdotali, la messa a punto dei sussidi per la catechesi, la promozione e la tutela delle università cattoliche e di altre istituzioni educative, l’impegno ecumenico, i rapporti con le autorità civili, la difesa della vita umana, della pace, dei diritti umani, anche perché vengano tutelati dalla legislazione civile, la promozione della giustizia sociale, l’uso dei mezzi di comunicazione sociale”».
Dopo questo fuoco di fila, a Bertone che cosa rimane? Solo il côté diplomatico, ha concluso Bagnasco:
«Differente e decisamente con un respiro più internazionale è il lavoro della Santa Sede che si fa carico sul piano diplomatico dei rapporti con i singoli Stati».
“L’Osservatore Romano” del giorno dopo, nel rilanciare l’intervista di Bagnasco, ha omesso le frasi ora citate.
La “asimmetria” rivendicata da Bagnasco vale anche per gli altri episcopati nazionali, oltre che per quello italiano. Alla CEI come modello, e non alla segreteria di Stato vaticana, guarda in particolare l’episcopato spagnolo. Per la manifestazione di sabato 17 ottobre, a Madrid, in difesa della vita nascente contro una legge che amplia smisuratamente la facoltà di abortire, i vescovi spagnoli hanno lasciato ad altri di promuovere il corteo: a espressioni della società civile anche non cattoliche, a esponenti ebrei e musulmani. L’esempio era chiaramente il Family Day di due anni fa a Roma. Con la Chiesa attenta a non isolarsi, ma ad esprimere le attese di una larga parte della nazione.
(Fonte: Settimo cielo, 19 ottobre, 2009)
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