Riguardo alle critiche condotte dall'Onu al nostro Parlamento, se l'Onu fosse oggi un'Organizzazione seria delle Nazioni e non degli omosessuali di tutto il mondo, si occuperebbe di cose ben più serie che della presunta "omofobia" , termine il quale non ha affatto il significato che gli si vuol dare, derivando il prefisso "omo" dal greco, che vuol dire di identico genere (come in "omogeneo"), e non come "omosessuale", che vuol dire "dello stesso sesso", senza particolari aspetti. Sicché "omofobia" significa semplicemente "paura verso il proprio genere", esattamente il contrario di ciò che si sostiene. Un linguaggio, se vuol essere epistemologicamente corretto nel contenuto e nella forma, dovrebbe avere sempre un chiaro e preciso significato, non ambiguo o distorto. Segnalo altresì che, per un celebre sessuologo degli anni Sessanta (Engelstein) il termine "omofobìa" sarebbe significato, un tantino più correttamente, "paura di diventare omosessuale" o "desiderio incoscio di diventarlo". "Fobìa" è "paura"; "misìa" è "odio" (come in "misantropo", "misogeno", "misogallo" ecc.). Dunque, l'Onu e i suoi imitatori non conoscono l'uso linguistico-scientifico di termini derivati dal greco, per cui la forma più giusta sarebbe "omosessuomisìa" e non "omofobia" che non significa nulla .
Tralasciando ora le questioni linguistiche e venendo al merito, ogni legge che tuteli qualcosa che, per il costume sessuale generale, è deprecabile, finisce per accentuare ciò che pretende di combattere. L'impressione è che gli idioti che vogliono arrivare ad una legge di tutela dell'omosessualità, abbiano in realtà il progetto di non considerare "democratico", se non chi accetti di buon grado di avere e godere rapporti omosessuali, visto che tanto si spinge in questo senso, come se la "democrazia" significasse promiscuità e molteplicità di tipologie nel rapporto sessuale (il tutto deriva dalla celebre Relazione Kinsey, diffusa in Italia negli anni '60: salvo la necrofilia, per Kinsey, biologo e non sessuologo, va bene tutto, non solo l'omosessualità, ma anche la zoofilia e la pedofilia). L'omosessualità non è che uno stadio infantile o preadolescenziale (questo, ove non sia semplice cattiva abitudine sessuale, ma tendenza psichica) del rapporto sessuale, quando l'obiettivo non è ancora ben delineato ed indirizzato, per cui vi è attrazione anche verso il proprio sesso, come appunto può accadere nei ragazzini e nei preadolescenti, che sentono vagamente i primi stimoli sessuali. L'omosessuale non è un ammalato, anzi a suo modo è sanissimo. Sul piano fisiologico non c'è nulla che lo disturbi, ma il suo cervello ed il sistema nervoso, evidentemente, non si caratterizzano in una piena maturità sessuale, di qui le sue tendenze affettive. Di questo infantilismo, vagamente buffonesco, sono prova il travestitismo, l'atteggiamento imitativo, il tono in falsetto (o, viceversa, virileggiante nella donna) della voce, il gusto carnevalesco, largamente manifestati nei vari "gay prides" .
Il voler esaltare simili situazioni che, entro certi limiti, sono inevitabili, ma non certo motivo d'orgoglio e di fierezza, ben lungi dall'aumentare il grado di tolleranza degli eterosessuali nei confronti degli omosessuali, rischia di aumentare il livello di disprezzo, d'odio e anche di violenza fisica come sta avvenendo. Se avessimo nel mondo governi degni di rispetto, e non gruppi di cialtroni che pensano solo ai loro sporchi affari, non si dovrebbero avere norme speciali, né repressive, né apologetiche verso l'omosessualità, ma piuttosto uno studio accurato su ciò che rientra in una condizione "fisiologica" e ciò che rientra in una situazione patologica dello stato psichico di questi: in sostanza, se si tratta di disfunzioni ormonali, di cattive abitudini acquisite nella preadolescenza, di incapacità di rapporti maturi col proprio e con l'altrui sesso, senza vedere in tutto questo un arbitrio morale che, se così fosse, dovrebbe allora essere esteso a tutte le altre deviazioni sessuali.
(Fonte: prof. Manlio Tummolo, Comitato verità e vita, 15 ottobre 2009)
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