L’altra Italia finalmente trova casa. In uno dei luoghi simbolo dell’unità nazionale. E sarà una memoria rimossa che rompe il silenzio. E torna a parlare. A più voci. Venerdì 23 ottobre alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, verrà inaugurato il Museo nazionale dell’emigrazione italiana allestito nel complesso del Vittoriano, a Roma. Dal 1861, l’anno dell’Unità, ad oggi, sono emigrati oltre ventinove milioni di italiani; undici milioni hanno poi fatto ritorno, gli altri no, generando un’Italia fuori d’Italia stimata in sessanta-settanta milioni di persone, tanti sono gli oriundi con i loro discendenti sparsi per il mondo. Chi ha varcato le Alpi, chi gli oceani: sedici milioni hanno cercato fortuna per l’Europa, quasi dodici milioni nelle Americhe, mezzo milione in Africa, gli altri in Asia e Oceania. C’è chi è espatriato in cerca di libertà, come gli esuli politici; chi invece, la quasi totalità, per lavoro, mossi dalla speranza in un futuro migliore. O dalla disperazione, in un’Italia giovane e fragile che negava pane e giustizia ai suoi figli più poveri. Che non avevano diritto di voto, lontana la meta del suffragio universale. Così votavano con i piedi. Abbandonando, con la morte nel cuore, le loro terre, città, comunità. E qui è bene parlare al plurale: perché l’Italia era fatta, gli italiani no. E chi partiva, partiva veneto, siciliano, lombardo, calabrese, non italiano. Tanti analfabeti, spesso nemmeno parlavano la lingua nazionale. Ma è all’estero che si scoprono italiani, che iniziano a essere guardati, a riconoscersi come tali. E proprio questa è la storia di storie che il nuovo museo dovrà raccontare: «Il modo in cui le molteplici esperienze di emigrazione, legate ai diversi contesti regionali e locali di partenza, hanno generato un movimento che ha segnato la storia del nostro Paese, la costruzione della sua unità, della sua identità – spiega il direttore del nuovo Museo, Alessandro Nicosia, alle spalle vent’anni di esperienza nell’organizzazione di mostre e musei –. Lo faremo con un percorso espositivo scientificamente rigoroso ma dal taglio divulgativo, che guarda al grande pubblico, in particolare agli studenti. Il museo – promosso dal ministero degli Esteri con la collaborazione del ministero per i Beni e le attività culturali – occupa circa quattrocenti metri quadrati all’interno del complesso del Vittoriano, rilanciato nel suo ruolo di luogo simbolo dell’unità nazionale in particolare durante il settennato del presidente Ciampi. Aprire un percorso dedicato alla grande emigrazione italiana sarà un modo per guardare a due anniversari importanti – i centocinquant’anni dell’Unità nazionale e il centenario del Vittoriano – con uno sguardo che recupera un capitolo trascurato della nostra storia e sa connettere identità nazionale e appartenenze territoriali». Il nuovo museo offrirà «un percorso cronologico – spiega ancora Nicosia – che allinea fotografie, documenti, lettere, cartoline, oggetti rari o legati alla vita quotidiana e al lavoro dei migranti, assieme a pannelli esplicativi, una biblioteca, una sala cinema e spazi di approfondimento interattivi con documentari, film, musica, canzoni e altri materiali multimediali e testimonianze dell’emigrazione, provenienti – ad esempio – dalle Teche Rai e dall’Istituto Luce». Una prima sezione del museo sarà dedicata alle migrazioni preunitarie. La seconda racconterà gli anni dal 1876 (quando iniziano le serie statistiche ufficiali) al 1915: sono gli anni dell’esodo di massa – il 54% degli espatri avviene prima della Grande guerra. La terza sezione copre il periodo fra le due guerre mondiali e rilegge l’emigrazione in rapporto al fascismo, al colonialismo e ai flussi migratori interni. La quarta sezione presenta le profonde trasformazioni che il fenomeno migratorio affronta tra il 1946 e il 1976, periodo di radicali mutamenti per l’intero Paese. Terminato il percorso storico, ecco gli spazi dedicati alla realtà odierna degli italiani nel mondo, ma anche al mondo che «approda» in Italia: è a partire dagli anni ’70 che diventiamo Paese d’immigrazione. Nel frattempo abbiamo mandato 5,8 milioni di italiani negli Stati Uniti, 4,4 in Francia, 4,3 in Svizzera, tre in Argentina, altrettanti in Germania, 1,5 in Brasile... Ma dietro i grandi numeri, dietro le moltitudini, ci sono esseri umani, volti, nomi. Aiuterà a riscoprirlo la banca dati che – grazie alla collaborazione del Centro AltreItalie – permetterà di ripercorrere le rotte e il destino dei propri avi accedendo alle informazioni nei registri di sbarco delle navi approdate nei porti di New York, Buenos Aires e Vitória. Il nuovo museo avrà inoltre un sito web che, fra l’altro, censirà la trama di iniziative esistenti a livello regionale e locale – musei, fondazioni, archivi, centri studi, associazioni – oltre a dar loro spazio nel percorso espositivo del Vittoriano.
(Fonte: Avvenire, 18 ottobre 2009)
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