Ogni volta che si discute di temi di particolare rilevanza etica, chi come noi si batte in difesa della vita non manca di segnalare alla parte avversa il pericolo del cosiddetto “piano inclinato”: il rischio ovvero che, ammesse alcune deroghe a grandi principi etici, la falla si allarghi al punto che quanto era stato inizialmente consentito solo a motivo di circostanze eccezionali, si trasformi infine in un’espressione di libertà che non ammette bilanciamenti di sorta.
Ora, è un fatto che in alcuni paesi d’Europa si stiano facendo i passi appropriati (senza che l’opinione pubblica ne abbia una reale percezione) per inquadrare la procedura abortiva in un contesto culturale e giuridico che appare ben differente da quello del passato: non più l’aborto come “male minore”, giustificato ovvero nel contesto di un sia pur presunto conflitto di interesse, e dove l’interesse dell’adulto, a certe condizioni, finisce per prevalere su quello del bambino… ma l’aborto come “diritto soggettivo” fondato unicamente sul principio di autodeterminazione dell’adulto e non sottoposto a condizioni o limiti di sorta.
La tendenza a forzare il quadro culturale e normativo tradizionale offre alla nostra attenzione vicende una volta neppure lontanamente pensabili: è di questi giorni la notizia che in Svezia le autorità hanno stabilito la piena legalità dell’aborto selettivo basato sul mero criterio del genere. Una donna, già madre di due figlie, si era infatti sottoposta ad amniocentesi al fine di verificare il sesso del nascituro. Appreso che si trattava di una bambina e non di un maschietto, chiedeva ai sanitari dell’Ospedale Mälaren di interrompere la gravidanza.
I sanitari si sono allora rivolti per un parere in merito alla Commissione nazionale per la salute ed il welfare che, pochi giorni fa, ha risposto in senso favorevole alla richiesta della donna. In breve, la Commissione nazionale ha affermato che la richiesta formulata dalla donna debba essere accolta dato che l’aborto (consentito in Svezia fino alla diciottesima settimana) è da reputarsi “un diritto inalienabile” anche quando fosse motivato solo sulla base di “una preferenza di genere” espresso dalla richiedente.
Varrà la pena ricordare che in Svezia l’aborto è una “conquista sociale” fin dal lontano 1938, quando il paese intratteneva ottimi rapporti con la Germania nazista e varava una legislazione di tipo eugenetico affine a quella tedesca. In questo paese gli abitanti godono oggi di un elevato tenore di vita, e tuttavia, oltre il 25% delle gravidanze si conclude con un aborto procurato (dati dello Johnston’s Archivi), percentuale che cresce di anno in anno e che ha registrato un impressionante balzo in avanti del 17% a seguito dell’introduzione della cosiddetta “pillola del giorno dopo”, il farmaco che a detta degli esperti avrebbe dovuto abbattere il numero dei costosi aborti chirurgici. Colpisce anche il fatto che in Svezia l'educazione sessuale faccia parte integrante dei programmi scolastici fin dal lontano 1956. Dal 1992, infine, l’Organizzazione svedese per l’educazione sessuale (RFSU) dava inizio ad un’attività che prevedeva addirittura la “consegna rapida”, su semplice richiesta telefonica, dei preservativi al domicilio degli interessati!
Si conferma pertanto il dato della sostanziale inefficacia delle strategie di prevenzione basate unicamente sulla massiccia diffusione di contraccettivi e sul facile accesso all’interruzione della gravidanza. E’ quanto si evidenzia, del resto, anche nella ben più popolosa Gran Bretagna dove, negli ultimi anni, sono state varate drastiche misure di segno analogo cui ha fatto seguito la moltiplicazione degli aborti chirurgici, particolarmente tra le giovanissime.
Tutto questo aiuta a capire che nessuna prevenzione dell’aborto è in realtà possibile se non si ha il coraggio di definire l’aborto per quello che è: non un inesistente diritto (potere?) di vita o di morte sul concepito, ma un dramma da evitare perché ferisce la donna che lo pratica ed uccide un essere umano indifeso ed innocente. Questa sconcertante sentenza avvicina purtroppo la Svezia alla Cina comunista dove, come è noto, l’aborto falcia legalmente o illegalmente la vita di molte bambine solo perché bambine! Ed in questo strano paradosso trova ulteriore conferma il monito di Giovanni Paolo II per il quale “una democrazia senza valori scivola ben presto, subdolamente o meno, verso forme esplicite o implicite di totalitarismo”.
Il piano inclinato esiste, non è evidentemente una nostra invenzione.
(Fonte: La Cittadella, 22 maggio 2009)
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