giovedì 28 maggio 2009

La Cei non giudica il governo: parla dei problemi

I vescovi italiani non vogliono dare un giudizio su quanto fatto finora dal governo per combattere la crisi economica; si limitano a indicare le difficoltà e i problemi ancora presenti e ad incoraggiare "a fare sempre di più e meglio". È quanto ha precisato oggi il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, in una conferenza stampa a conclusione dei lavori mattutini della 59/a assemblea generale dell'episcopato italiano. "Sarebbe falso - ha osservato mons. Crociata riferendosi ad alcuni giudizi apparsi sui giornali a commento della prolusione di ieri del card. Bagnasco - farci dire che il governo non ha fatto niente, sarebbe una strumentalizzazione. Il governo lo giudica chi fa politica". "Non siamo - ha proseguito - un soggetto politico che deve dare patenti o riconoscimenti a nessuno. Siamo un soggetto pastorale che se vede una situazione di crisi, si sforza di proporre segni, gesti, e di mettersi in gioco". Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano un parere sulla proposta di una moratoria sui licenziamenti lanciata dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, mons. Crociata ha detto: "Tutto quello che può migliorare le condizioni dei lavoratori non può che vederci che contenti, soprattutto se va nel senso dell'attenzione alle fasce più deboli". Il ministro aveva così reagito all'appello a favore dei lavoratori lanciato domenica scorsa da papa Benedetto XVI a Montecassino.Questione immigrazione. "Il presidente della Cei Bagnasco ha parlato di malinteso multiculturalismo in quanto il multiculturalismo porta a culture isolate, enclavi chiuse, isole separate e questo non è il modello da perseguire, in quanto ha già dimostrato in altre nazioni gli effetti di non riuscita". Lo ha precisato mons. Crociata, spiegando che la Chiesa preferisce il modello dell'interculturalismo."L'interculturalismo - ha spiegato - è scambio, arricchimento, condivisione di un territorio e dei valori e istituzioni che fanno l'unità di quel territorio che non è un'unità geografica ma storica e culturale, la quale - ha scandito Crociata - deve essere contesto e orizzonte in cui le varie culture possono integrarsi attorno a quella che è la cultura non dominante ma che plasma il tessuto artistico e sociale di comune appartenenza". Secondo i vescovi, cioè, "chi arriva non è invitato a negare la propria identità ma a viverla nel rapporto con gli altri". Mons. Crociata ha anche detto che è importante un maggiore coinvolgimento dell'Europa nella gestione della situazione. "In Europa - ha detto - sono noti gli inceppamenti del processo di unificazione, ma sta invece crescendo l'esigenza di un coordinamento fra i diversi Paesi che non sia soltanto economico o burocratico. C'è bisogno di una sintesi che permetta a tutti i Paesi europei di trovare un passo comune su problemi globali. Uno di questi è il rapporto con i Paesi in via di sviluppo da cui proviene l'immigrazione. Perchè è vero che l'Italia si trova molto esposta al primo impatto anche se poi molti immigrati vanno in altri Paesi". In questo senso è necessario "più coordinamento a livello europeo su cooperazione, sicurezza e risorse da destinare ai Paesi membri dell'Unione". Il Ddl sulla sicurezza. I vescovi italiani, pur non entrando nel merito del disegno di legge sulla sicurezza, hanno ribadito oggi "l'esigenza imprescindibile del rispetto per i diritti fondamentali di ogni persona umana". "Non possiamo retrocedere da ciò", ha detto Crociata.Responsabilità morali. "Questioni morali ce ne sono tante. La nostra attenzione è a tenerle vive tutte, non andando a esprimere giudizi ogni piè sospinto su questo e quello". Così il segretario della Cei Mariano Crociata ha risposto alle pressanti domande dei giornalisti che volevano una presa di posizione sulle vicende personali del premier. "Ognuno - ha scandito Crociata - ha la sua capacità di giudizio. Ed è inutile pronunciarsi su singoli comportamenti perchè le coscienze formate di ciascuno sanno cosa sia giusto". Il tema dell'Assemblea della Cei, ha ricordato il presule, "è proprio quello dell'educazione che non è compito che si svolge solo a parole. I gesti e modelli degli adulti vengono interiorizzati. Il richiamo alla responsabilità degli adulti è in questo senso imprescindibile. La dissociazione tra i richiami moralistici e il perseguire cinicamente interessi e obiettivi non curanti degli effetti che tali comportamenti comportano vale per tutti, nella differente visibilità di ciascuno". "Ma il nostro - ha concluso Crociata - è un richiamo che non può essere strumentalizzato".

(Fonte, Avvenire, 26 maggio 2009)

Nessun commento: