Voi conoscete la situazione kafkiana del romanzo “Il processo”. Il protagonista si scontra contro un potere anonimo, impenetrabile, misterioso. Il protagonista sa di essere sotto processo, ma non sa perché, non sa cosa ha fatto. L’unica certezza che ha è, appunto, quella di essere l’oggetto delle attenzioni della Giustizia.
E voi sapete anche di sicuro come si viveva nell’URSS di Stalin quando il capo supremo aveva deciso che eri un nemico del popolo. Anche in quel caso non sapevi nemmeno tu di cosa eri imputato, quali erano le prove contro di te, ma sapevi che tutti sapevano. Eri già condannato prima ancora di essere stato processato. Orwell ci ha raccontato l’incubo del regime totalitario che si basa sulla polizia politica nel suo famoso “1984”: Winston, il protagonista, indovina da silenzi, sguardi, atteggiamenti il suo essere diventato nemico del Grande Fratello.
C’è un altro romanzo in cui questa situazione emerge con forza e con estrema e chiarezza: è “Vita e destino” di Grossman, che lo stalinismo l’ha vissuto in prima persona. In questo testo si sente anche l’angoscia di non avere la possibilità di esprimersi liberamente, perché il regime ha orecchie ovunque e i tuoi discorsi, le tue parole, possono essere intercettati, ripresi, stravolti, riportati in un certo modo e saranno inevitabilmente utilizzati per distruggerti.
In tutti questi casi, l’uomo è ridotto ad un nulla di fronte all’arroganza, all’invadenza, all’onnipotenza del Potere. Si tratti del signor K., di Winston o dello scienziato Strum, l’individuo è costretto a mendicare dal Potere la possibilità di esistere e non è assolutamente padrone del proprio destino, del proprio futuro, della propria vita, reputazione, fortuna. E’ nelle mani di altri.
Adesso, dite quello che vi pare, ma a me sembra letteralmente allucinante quello che è avvenuto in questi giorni a partire da un’inchiesta della Procura di Trani. Il Presidente del Consiglio ha saputo di esservi coinvolto direttamente dai giornali, senza essere stato raggiunto da un avviso di garanzia. Mi sembra che ci troviamo in pieno nella dinamica totalitaria e kafkiana appena ricordata. Non solo: il Presidente del Consiglio ha dovuto farsi avanti lui a chiedere ufficialmente alla Procura se per caso vi fosse un’inchiesta che lo coinvolgeva. Se questo è normale, allora vuol dire che la gente convive con delle dinamiche da regime dittatoriale e nemmeno se ne rende più conto.
Questo doversi sentire accusato di qualcosa che tutti conoscono ma che l’accusato non conosce; questo doversi chinare umilmente davanti al Potere anonimo e supremo, per chiedere gentilmente qualche lume sulla propria posizione; questo essere da tutti condannato prima ancora di aver saputo di cosa e per che cosa e perché, è qualcosa che si provava in URSS al tempo delle famigerate purghe. Oggi, come ieri, il Potere colpisce attraverso l’apparato dei tribunali e ti sputtana davanti a tutti e ti bolla come inaffidabile, nemico del popolo, mascalzone, grazie alla gran cassa della stampa, dei mezzi d’informazione, dei suo servi e galoppini sparsi ovunque e ben piantati nei posti strategici. In un attimo sei finito: zero assoluto, nulla, fatto fuori.
Oggi capita a Berlusconi. Domani capiterà a qualcun altro. Un giorno potrebbe toccare a ciascuno di noi. Basta una frase intercettata, una battuta al telefono, la maledizione lanciata contro qualcuno, l’aver dato del gay a Luxuria durante una chiacchierata al telefono, e sei portato in tribunale, con scandalo sommo, non senza essere diventato il mostro dei giornali. È un incubo solo a pensarci. Un incubo kafkiano.
(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 17 marzo 2010)
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