Si moltiplicano gli appelli nella Chiesa perché si affacci alla ribalta una nuova generazione di politici cattolici. Aveva iniziato a parlarne nel settembre del 2008, a Cagliari, il papa Benedetto XVI quando aveva affermato “serve una nuova generazione di politici cattolici”; era poi intervenuto sul medesimo tema il Presidente della CEI, cardinale Bagnasco, circa un mese fa, quando aveva espresso il proprio sogno che “questa stagione contribuisca a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici” impegnati nel servizio del bene comune; pochi giorni fa è stata la volta del Segretario di Stato, cardinale Bertone, che ha espresso un’analoga richiesta quando ha affermato a Riccione, di fronte ai politici aderenti all’associazione Rete Italia: “servono nuovi politici cattolici” ed ha quindi incoraggiato “nuove generazioni di politici cristiani” a farsi avanti. Infine, è di questi giorni un documento della CEI che, oltre a denunciare la trasformazione in potenza economica da parte della criminalità organizzata, esprime un duro giudizio sulla qualità delle attuali classi dirigenti, reputate inadeguate a contrastare i fenomeni malavitosi che schiacciano il sud del paese. Ciò che accomuna questi autorevoli interventi è una singolare sintonia di toni e di argomenti ed il costante riferirsi alla necessità che “una nuova generazione di cattolici” si assuma le proprie responsabilità nella vita politica del paese. Questo forte invito potrebbe apparire singolare oltre che inconsueto: non è piuttosto vero che la politica italiana è da tempo ben frequentata da esponenti cattolici o sedicenti tali?
La fine della stagione democristiana non ha significato la scomparsa di ogni riferimento “cristiano” dalla vita politica, tutt’altro! Ogni qual volta si avvicinino importanti scadenze elettorali iniziano a filtrare, attraverso le maglie altrimenti censorie della stampa laicista, notiziole ed aneddoti edificanti su questo o su quell’altro esponente politico che hanno, evidentemente, il compito di tranquillizzare l’elettore incerto. Ad un tratto, tutti paiono esser divenuti più cattolici, tutti mostrano di riferirsi ad un qualche orizzonte di fede e, se non sono personalmente credenti, si viene comunque a sapere di una qualche zia o di una qualche mamma cattolicissime (persino Emma Bonino ha potuto vantarne una in questi giorni…). Anche il tono dei discorsi cambia, non più attacchi al Concordato o all’8x1000, ma discorsi ricchi di richiami alla solidarietà, agli ultimi e alla politica intesa come servizio. E non mancano, persino, i riconoscimenti postumi a De Gasperi o a Sturzo oppure (massima furbizia) l’atto di omaggio per il papa che non c’è più... Insomma, a ridosso delle elezioni, i valori cosiddetti cattolici trionfano e la vita politica brulica di cattolici-fai-da-te.
Non meno perplessi si resta tuttavia di fronte ai cattolici Doc, certificati con tanto di bollino. Cattolici per definizione. Cattolici sempre e comunque, anche se i loro interventi pubblici sono in evidente contrasto con i più elementari presupposti di una qualsivoglia antropologia cristiana. In quanto politici beneficiano di una vantaggiosa collocazione “al di sopra del bene e del male”, al punto che, nonostante che abbiano manifestato o legiferato (o tentato di legiferare) contro il diritto alla vita e contro i diritti della famiglia naturale e costituzionale, continuano ad avvalersi di eccellenti referenze ecclesiastiche. Fedi adulte e coscienze inquiete pronte a scandalizzarsi dei linguaggi atroci con cui sul web si aggrediscono i bambini down, salvo tralasciare il dettaglio che nelle strutture sanitarie della repubblica-nata-dalla-resistenza è routinariamente soppresso il 90% dei nascituri ritenuti presunti portatori di tale condizione (le indagini pre-natali sono infatti gravate da un 10% di possibilità d’errore). Altro che eugenetica nazista… E tutto ciò sulla base di forzature che stravolgono la L. 194, ma che nessuno denuncia e di cui nessuno si meraviglia. La vita di un bambino down oggi non vale più nulla, la si ritiene de facto indegna di essere vissuta e ciò non sembra smuovere la coscienza “religiosa” di alcuno di loro.
Ma i politici, è noto, sono una categoria umana favorita, e se l’immunità penale ogni tanto traballa, quella morale appare ben salda. Non si pone mai per costoro il dilemma dell’obiezione di coscienza (che pare richiedersi, chissà perché, sempre e solo ai medici e agli infermieri…) e su di loro non pesa il rischio di una qualche sanzione canonica. Possono sostenere qualsiasi normativa e votare qualsiasi cosa senza che ciò comporti una qualche revisione del loro status di “cattolico impegnato in politica”. Un anno fa, Ignazio Marino poteva sostenere in televisione l’opportunità di interrompere ad una disabile grave l’idratazione così da consentirle il “ritorno alla casa del Padre” senza che un simile linguaggio religioso abusivo destasse un qualche scandalo in ambito ecclesiale… A quale casa del Padre alludeva il senatore Marino? Come è noto, nel corso della competizione per la leadership del PD, il medesimo ha dato voce alle istanze più laiciste del partito e tuttavia, guarda caso, proprio al termine di quella sfida, filtrava su di un noto quotidiano la notiziola edificante che il medico prestato alla politica frequenta assiduamente la messa! Beato lui che riesce a conciliare così tante cose. Di che si preoccupano i Vescovi, più garantiti di così…
E questo è il punto. Forse taluni settori del clero e del laicato si sentono ancora garantiti e bene accomodati a questo modo, ma i credenti comuni certamente non lo sono più. Qualcosa sta cambiando, e potrebbe esser stata proprio la crescente consapevolezza di ciò ad aver spinto i vescovi a sollecitare addirittura un ricambio generazionale. Se leggiamo le cose in questa prospettiva questo tipo di richiesta appare tutt’altro che impropria. Di sicuro non è più il solito vago richiamo ai politici di sempre perché ci mettano ogni tanto una spruzzatina di fede sopra, ma ha il sapore di una sconfessione bella e buona per chi aspirava a perpetuare, anche nella nuova stagione politica, il solito ruolo imprescindibile di mediatore tra presunti interessi della Chiesa e malintesi interessi della politica, tra valori cristiani sempre più vaporosi ed una idea del tutto contraddittoria ed inattendibile del bene comune. Insomma, l’auspicio è proprio quello di una cesura con il passato, di una presenza nuova di persone nuove e coerenti, di cui almeno il sottoscritto (anzi, parecchi di noi…) sente un gran bisogno. Speriamo che non si debbano aspettare 10 o 20 anni perché una tale sfida sia raccolta.
(Fonte: La Cittadella, 2 marzo 2010)
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