Sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” datato 11 marzo 2010, Lucetta Scaraffia spezza una lancia a favore di una maggior partecipazione delle donne alla vita della Chiesa, in particolare “nelle sfere decisionali e negli ambiti di elaborazione culturale”.
Per mostrare i benefici di una rafforzata presenza femminile accanto ai sacerdoti, chiama in causa la piaga degli abusi sessuali sui minori:
“Nelle dolorose e vergognose situazioni in cui vengono alla luce molestie e abusi sessuali da parte di ecclesiastici su giovani a loro affidati, possiamo ipotizzare che una maggiore presenza femminile non subordinata avrebbe potuto squarciare il velo di omertà maschile che spesso in passato ha coperto con il silenzio la denuncia dei misfatti. Le donne infatti, sia religiose che laiche, sarebbero per natura più portate alla difesa dei giovani in caso di abusi sessuali, evitando alla Chiesa il grave danno che questi colpevoli atteggiamenti le hanno procurato”.
Ma che l’ipotesi sia fondata, è tutto da dimostrare. I fatti sembrano dire l’opposto. La massima parte degli abusi sessuali su minori avviene nelle famiglie, dove le donne non sono certo assenti, ed è nelle famiglie che l’omertà è più diffusa.
Più avanti, Lucetta Scaraffia cita san Daniele Comboni e la sua lungimiranza nell’affiancare delle religiose ai sacerdoti, in terra di missione:
“Il grande missionario era convinto che la presenza di donne occidentali accanto a quella dei suoi missionari li avrebbe aiutati a mantenere un comportamento corretto, e soprattutto avrebbe loro impedito di infrangere il voto di castità, pericolo invece non infrequente in luoghi isolati, dove la promiscuità sessuale e soprattutto il potere nei confronti di donne e ragazzi rendevano la tentazione non improbabile”.
Dall’uno e dall’altro esempio, par quindi di capire che Lucetta Scaraffia veda in una maggior collaborazione tra donne e sacerdoti un antidoto contro la pratica della pedofilia. Un’ipotesi che altri estremizzano quando reclamano come un toccasana l’abolizione del celibato ecclesiastico.
Ma di nuovo, l’ipotesi è fondata? Non siamo d’accordo. Anche perché per quanto riguarda il celibato, lo psichiatra e teologo tedesco Manfred Lütz, membro del pontificio consiglio per i laici e della pontificia accademia per la vita, nonché consultore della congregazione per il clero, aveva scritto su “L’Osservatore Romano” del 16 febbraio:
“Qualunque cosa si possa pensare della morale sessuale cattolica, anche nei tempi della banalizzazione della pedofilia, essa era, per chiunque la rispettava, un baluardo contro l’abuso dei bambini. E citare in questo contesto il celibato è un atto particolarmente irresponsabile. In una conferenza che si è tenuta a Roma nel 2003, i principali esperti internazionali – tutti non cattolici – hanno inoltre dichiarato che non esiste un collegamento tra questo fenomeno e il celibato
L’11 marzo, quando “L’Osservatore Romano” con l’articolo di Lucetta Scaraffia era ancora in edicola, il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller, interpellato sul legame tra celibato del clero e pedofilia, ha detto: “È una stupidaggine. In Germania ogni anno ci sono quindicimila denunce di pedofilia e il novantanove per cento dei casi avviene in famiglia o per colpa di altri educatori, e quindi non ha niente a che vedere col celibato. Gli studi scientifici dicono che la pedofilia ha origine in un disturbo nello sviluppo della persona, ma le cause specifiche ancora non si conoscono”.
(Fonte: Sandro Magister, Settimo Cielo, 11 marzo 2010)
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