Bisogna rileggere con attenzione le parole pronunciate lunedì scorso dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei quando, al termine della sua prolusione al Consiglio permanente del vescovi italiani, ha parlato del suo «sogno» di una nuova classe di politici cattolici, per comprendere quanto tesi siano in questo momento i rapporti tra l’Udc di Pier Ferdinando Casini e i vertici della Conferenza episcopale. Uno dei nodi venuti al pettine è il sostegno del partito di Casini al candidato del centrosinistra per la Regione Liguria, Claudio Burlando, già presidente uscente. Un apparentamento che arriva in una regione del cui capoluogo è arcivescovo lo stesso Bagnasco, al quale il testimone è stato passato nel 2006 dal cardinale Tarcisio Bertone, chiamato in Vaticano quale «primo ministro» di Benedetto XVI. Si tratta, insomma, della città (e della regione) che ha avuto e ha per vescovi metropoliti i due porporati più in vista e più esposti per ragioni d’ufficio nel rapporto con la politica italiana.
La vicenda, che il Giornale è in grado di ricostruire, presenta retroscena più complessi di quanto possa sembrare a prima vista. Lo scorso autunno, Casini avrebbe chiesto a Bagnasco un parere e una sorta di via libera all’apparentamento. L’arcivescovo non avrebbe detto di no, mostrandosi prudentemente possibilista, anche in considerazione del rapporto tutto sommato buono che lo legava al presidente della Regione Burlando, il quale ha voluto un rappresentante della Curia genovese nella Fondazione Carige e nei mesi scorsi, nonostante il parere contrario della sinistra radicale, ha provveduto a stanziare i fondi regionali per gli oratori previsti dalla legge varata al tempo della giunta di centrodestra. E Casini si è così affrettato a comunicare questo via libera, filtrato anche sulla stampa, con la gratitudine di Burlando, divenuto così anche candidato dell’Udc.
Di lì a poco, però, a fine ottobre, la Liguria, seconda regione a farlo dopo la Toscana, ha approvato una legge con le «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere». Una legge che non è piaciuta alla Curia genovese, non nelle parti in cui si afferma la giusta necessità di combattere l’omofobia e le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, quanto piuttosto in quelle nelle quali di fatto si equiparano le famiglie fondate sul matrimonio a quelle omosessuali nell’accesso, ad esempio, ai servizi abitativi. Non è un caso, dunque, che uno dei primi tre punti programmatici del candidato presidente sostenuto dal centrodestra, il cattolico Sandro Biasotti, sia proprio la revisione della legge regionale sull’omofobia.
Anche da Oltretevere, a questo punto, sarebbe stata manifestata qualche preoccupazione per l’apparentamento dell’Udc con la sinistra in Liguria. In extremis, per tentare di convincere Casini a fare dietrofront, è sceso in campo il cardinale Camillo Ruini, l’ex presidente della Cei ed ex Vicario del Papa, che è stato uno dei principali sponsor dell’Udc e ha fatto il possibile perché, in occasione delle ultime elezioni politiche, il partito di Casini fosse alleato con il centrodestra. Secondo autorevoli indiscrezioni, Ruini avrebbe parlato con il segretario del partito, Lorenzo Cesa, nel tentativo di far rientrare l’appoggio a Burlando. Ma ormai era troppo tardi.
Anche alla luce di questi avvenimenti vanno dunque lette le parole del cardinale Bagnasco, che lunedì scorso ha parlato del suo «sogno a occhi aperti» di una «generazione nuova» di italiani e di credenti «che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico». Politici che incarnino gli ideali cristiani e li traducano nella storia «non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull’umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l’ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse». Parole che avevano ben presente quanto avvenuto nelle ultime settimane con gli apparentamenti a scacchiera dell’Udc.
(Fonte: Andrea Tornielli, Il Giornale, 30 gennaio 2010)
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