Una cosa si sta clamorosamente chiarendo: nel “caso Boffo”, che ha portato alle dimissioni del direttore di Avvenire, Berlusconi non c’entra niente. Questo per dare “A ciascuno il suo” come recita (in latino) il motto che sta sotto la testata dell’Osservatore romano.
Se dunque non è esistito un “mandante” Berlusconi sfumano nel nulla fiumi di inchiostro dei polemisti “addetti ai livori” che quattro mesi fa misero sotto accusa il premier, accusandolo di voler intimidire e imbavagliare la stampa e perfino la Chiesa. E sfumano nel nulla soprattutto i furori degli ambienti ecclesiastici che imputarono al primo ministro – tramite il Giornale - un feroce e gratuito attacco al mondo cattolico.
Anzi, l’affare adesso si sta facendo scottante per il mondo ecclesiastico perché da giorni si susseguono boatos e articoli che portano in tutt’altra direzione, una direzione insospettabile: quella vaticana.
La vicenda si fa scottante anche perché nei giorni di fine agosto in cui il Giornale lanciò la sua paginata su Dino Boffo ad avvalorare implicitamente l’interpretazione della correità (oggettiva o soggettiva) di Berlusconi fu addirittura il segretario di Stato Vaticano, cardinal Bertone che, scrive La Stampa, «annullò l’incontro alla Perdonanza dell’Aquila con il premier (Berlusconi) in segno di solidarietà verso una delle personalità più apprezzate dell’editoria cattolica».
Una decisione pesantissima, praticamente inedita nella storia della diplomazia vaticana, che pose in serissimo imbarazzo il presidente del Consiglio italiano. Una decisione che non divenne frattura diplomatica fra Italia e Santa Sede solo per la saggezza di Palazzo Chigi che incassò lo sgarbo e tacque. Sgarbo istituzionale che mai il Vaticano aveva fatto nei confronti del governo italiano.
Ad avallare l’interpretazione politica dell’attacco a Boffo però, oltre al gesto di Bertone, provvide anche il direttore dell’Osservatore romano che si espose anch’egli in modo del tutto inusuale attaccando il direttore del giornale della Cei con un’intervista al Corriere della sera nella quale – dopo avergli espresso solidarietà personale - accusava Boffo di aver tenuto una linea troppo ostile al governo sull’immigrazione clandestina e rivendicava con orgoglio la scelta di non aver scritto una riga, sull’Osservatore, in merito alle «vicende private di Silvio Berlusconi».
Si trattava di critiche obiettivamente infondate che furono lette nel quadro di uno scontro fra la Segreteria di stato bertoniana, desiderosa di prendere le redini del rapporto con la politica, e i vescovi italiani guidati da Ruini e Bagnasco: Boffo da anni rappresenta la mente politica del ruinismo ed è stato osteggiato soprattutto dai settori di sinistra dell’episcopato italiano e del mondo cattolico proprio per il suo attento equilibrio. Farlo passare per un antiberlusconiano era obiettivamente una forzatura.
La vicenda ha avuto poi sviluppi sensazionali. Feltri ha onestamente riconosciuto, con un sorprendente editoriale, che vedendo le carte «Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali» e quindi quella “nota” che accreditava tali risultanze era falsa.
Ancor più clamorosamente Feltri ha svelato che tale “nota” gli era stata accreditata da «informatore attendibile, direi insospettabile», anzi «una personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente». E del resto fin dall’inizio aveva detto che il plico gli era stato materialmente consegnato addirittura dalla gendarmeria vaticana. Tanto da costringere padre Lombardi a smentire.
Ma la ricerca della pista vaticana è andata avanti.
Il 30 gennaio, proprio quando l’Osservatore romano pubblica vistosamente una nota di plauso di Bertone allo stesso Osservatore, Il Foglio di Giuliano Ferrara comincia un pesante bombardamento sul direttore del giornale vaticano, Vian.
Il quale già il 22 settembre aveva liquidato come «fantavaticano» gli articoli che lo presentavano come fonte di un articolo anti-Ruini uscito sul Giornale. Anche verso le accuse di questi giorni del Foglio da oltretevere si risponde: «sono solo polveroni».
Ma ieri il giornale di Ferrara è andato giù ancor più pesante: «Al Foglio risulta da buona fonte che alcune telefonate fatte con lo scopo di avvalorare il documento falso sono arrivate a Feltri dal direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian».
Il Foglio proseguiva così: «Chi poi abbia avuto l’autorità di muovere un postino vaticano, e se questo abbia un significato riguardo al diretto superiore del direttore dell’Osservatore, la segreteria di stato, è questione ancora discussa».
Ad accreditare questa ricostruzione dietrologica c’è anche Sandro Magister che dal suo blog sull’Espresso (di impronta ruiniana) ha bombardato un po’ da acceso tifoso: «Ora si è giunti al ”redde rationem” finale.
Il giornale del papa è al tappeto, nella persona del suo direttore, e le autorità vaticane, in testa la segreteria di stato, non possono più tirare avanti come se nulla fosse. Il conteggio è iniziato e il k.o. tecnico appare il verdetto più logico».
Nelle ultime ore poi in un vistosissimo ristorante milanese si sono fatti vedere a pranzo Vittorio Feltri e Dino Boffo. Un incontro di chiarimento che, secondo una cronaca di Repubblica.it, sarebbe iniziato con due domande di Feltri: «Perché Bertone ce l’ha tanto con te? E perché Gian Maria Vian ce l’ha tanto con te?».
È obiettivamente una situazione imbarazzante. Personalmente ritengo che Vian abbia un modo semplice e chiaro per smentire in maniera netta e inconfutabile queste voci. Non è neanche necessario sfidare con un giurì d’onore (o a duello) Giuliano Ferrara.
Gli basta chiedere – anzi esigere – da Feltri che faccia il nome della «personalità della chiesa» di cui ha parlato. Feltri spiega che non farà nomi perché un giornalista non rivela le sue fonti. Ma in questo caso avrebbe tutto il diritto di farli, avendogli costoro accreditato una nota rivelatasi fasulla. E avrebbe anche il dovere di farlo in difesa di Vian, nel caso in cui costui fosse chiamato in causa senza motivo e fosse innocente. Dunque c’è un modo velocissimo per far luce. Ieri Vian – secondo la cronaca di Repubblica – «ha avuto incontro col direttore di un quotidiano nella sede dell'Osservatore», direttore che secondo i boatos sarebbe Ferruccio de Bortoli del Corriere della sera, giornale che ha sempre sostenuto Vian. Una cosa è certa: Vian deve dissolvere al più presto ogni dubbio, in modo inequivocabile e ha un modo semplice per farlo. Quello sopra detto. Altrimenti coloro che chiederanno le sue dimissioni saranno sempre più numerosi e bisognerebbe riconoscere le loro buone ragioni. Ma in questo secondo caso il problema non riguarderebbe solo lui. E il ciclone non si fermerebbe a lui. Per amore alla Chiesa, e per obbedienza al Papa stesso, si esige che sia fatta chiarezza.
(Fonte: Antonio Socci, © Copyright Libero, 3 febbraio 2010)
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