Fanno discutere i casi di «Buona domenica» e di «Decameron».
Nel rispetto c'è il pudore: quel pudore che tanto è stato sbeffeggiato perché ritenuto retaggio di cultura oppressiva e frustrante, quel pudore letto come ostacolo alla libertà, presunta, d'espressione è, invero, molto più aduso alle genti di quanto venga pensato da chi fa televisione.
Cosa differenzia la presenza di un “povero” sacerdote (Don Sante Sguotti), all'interno della tristissima e sguaiata trasmissione Buona Domenica, contenitore pomeridiano domenicale di Canale 5, dalla coprolalica dissertazione del presunto comico Daniele Luttazzi, che nel suo noioso programma Decameron ha fatto satira con immagini disgustose nei confronti di un compagno di emittente, il giornalista Giuliano Ferrara? A nostro avviso nulla. Ormai avulso dal contesto della consonanza liturgica e morale per sue autonome e pubbliche scelte e divenuto mezzo di Auditel e di profitto personale con la narrazione frequente della sua situazione privata, il sacerdote(da commiserare) ha trovato giusto ri-raccontare per l’ennesima volta la sua scelta di diventare padre e compagno di vita della madre del figlio che ha riconosciuto (l’unico essere innocente e senza macchia in questa squallida vicenda).
Non vogliamo qui analizzare oltre la vicenda e le valutazioni ecclesiali, ma chiederci se sia lecito svillaneggiare in televisione temi così seri e profondi, che toccano tutta la sfera dell'esistenza cristiana, con il presbiterato, la famiglia, la vita nascente.
La televisione ha perso il crisma della moderazione e del rispetto. E la riprova l’abbiamo nella eliminazione (con richiesta di rescissione del contratto da parte de La7) della trasmissione Decameron dal palinsesto del canale privato di proprietà Telecom. Daniele Luttazzi, ingiustamente espulso dalla televisione per il noto "editto" che costò anni di esclusione televisiva anche al compianto Enzo Biagi e al tribuno Santoro, ha buttato alle ortiche la libertà e la passione caustica del suo lavoro, sproloquiando su Giuliano Ferrara.
Luttazzi è capace di strappare la risata sulla stura di una tradizione di guitti e bastonatori del potere che da Pietro Aretino alla statua di Pasquino a Roma popolano la nostra letteratura. Il problema è l'uso del suo stile in televisione, anche avendo carta bianca. Ed anche se adesso protesta che gli hanno voluto impedire di realizzare una puntata tutta dedicata al Papa e alla sua ultima enciclica, c'è sempre la necessità di un pudore innato che deve prevedere la presenza davanti alla tv di persone le più diverse, non paganti, vogliose di qualche cosa di nuovo, ma non per forza escatologico.
Ecco allora che l'autore passa dalla parte del torto, dimentico che se esiste per lui la libertà del fare, esiste anche la libertà del togliere. E poi dicono che il pudore non serve… (Massimo Lavena, Incrocinews, 46/2007)
Nel rispetto c'è il pudore: quel pudore che tanto è stato sbeffeggiato perché ritenuto retaggio di cultura oppressiva e frustrante, quel pudore letto come ostacolo alla libertà, presunta, d'espressione è, invero, molto più aduso alle genti di quanto venga pensato da chi fa televisione.
Cosa differenzia la presenza di un “povero” sacerdote (Don Sante Sguotti), all'interno della tristissima e sguaiata trasmissione Buona Domenica, contenitore pomeridiano domenicale di Canale 5, dalla coprolalica dissertazione del presunto comico Daniele Luttazzi, che nel suo noioso programma Decameron ha fatto satira con immagini disgustose nei confronti di un compagno di emittente, il giornalista Giuliano Ferrara? A nostro avviso nulla. Ormai avulso dal contesto della consonanza liturgica e morale per sue autonome e pubbliche scelte e divenuto mezzo di Auditel e di profitto personale con la narrazione frequente della sua situazione privata, il sacerdote(da commiserare) ha trovato giusto ri-raccontare per l’ennesima volta la sua scelta di diventare padre e compagno di vita della madre del figlio che ha riconosciuto (l’unico essere innocente e senza macchia in questa squallida vicenda).
Non vogliamo qui analizzare oltre la vicenda e le valutazioni ecclesiali, ma chiederci se sia lecito svillaneggiare in televisione temi così seri e profondi, che toccano tutta la sfera dell'esistenza cristiana, con il presbiterato, la famiglia, la vita nascente.
La televisione ha perso il crisma della moderazione e del rispetto. E la riprova l’abbiamo nella eliminazione (con richiesta di rescissione del contratto da parte de La7) della trasmissione Decameron dal palinsesto del canale privato di proprietà Telecom. Daniele Luttazzi, ingiustamente espulso dalla televisione per il noto "editto" che costò anni di esclusione televisiva anche al compianto Enzo Biagi e al tribuno Santoro, ha buttato alle ortiche la libertà e la passione caustica del suo lavoro, sproloquiando su Giuliano Ferrara.
Luttazzi è capace di strappare la risata sulla stura di una tradizione di guitti e bastonatori del potere che da Pietro Aretino alla statua di Pasquino a Roma popolano la nostra letteratura. Il problema è l'uso del suo stile in televisione, anche avendo carta bianca. Ed anche se adesso protesta che gli hanno voluto impedire di realizzare una puntata tutta dedicata al Papa e alla sua ultima enciclica, c'è sempre la necessità di un pudore innato che deve prevedere la presenza davanti alla tv di persone le più diverse, non paganti, vogliose di qualche cosa di nuovo, ma non per forza escatologico.
Ecco allora che l'autore passa dalla parte del torto, dimentico che se esiste per lui la libertà del fare, esiste anche la libertà del togliere. E poi dicono che il pudore non serve… (Massimo Lavena, Incrocinews, 46/2007)