Quale
è il profilo del militante gay? Non stiamo parlando della persona omosessuale
che vive nel privato la propria condizione di omosessuale indifferente alle
lotte culturali e politiche che si accendono fuori dalla sua camera da letto.
Stiamo parlando dell’attivista arcobaleno, di quello che scrive, parla,
manifesta per i cosiddetti diritti civili, di quello che aspetta il varo della
legge Cirinnà come i neri d’America aspettavano la fine della schiavitù.
L’identikit
del perfetto gay militante potrebbe essere composto dai seguenti segni
particolari.
- L’ideologia. È il primo aspetto,
forse il più importante e il più evidente. Il discepolo del credo omo non
vede la realtà per quello che è, ma è arcigay convinto che ce ne sia
un’altra, una realtà costruita a tavolino pensata per sostituire quella
naturale. Chiamasi razionalismo. E così non c’è maschio e femmina, ma il
gender; non c’è un solo orientamento sessuale naturale, ma molteplici; non
c’è una sola famiglia, ma una infinità di modelli familiari; non è vero
che il bambino ha bisogno della figura maschile e femminile per crescere,
ma solo di un puro affetto asessuato. Se la realtà si ribellerà allora
occorrerà farle guerra.
- Il gay bifronte. La precedente
caratteristica ci traghetta ad un aspetto che ormai si è ben
cristallizzato nelle comunità gay. Il militante arcobaleno presenta due
volti: quello livoroso e quello gaio al limite della macchietta. I gay si
sono infilati in uncul de sac da cui sarà difficile uscire. Da
una parte mostrano un aspetto bellicoso: pronti a lanciare fatwa contro
chiunque sia dissenziente, a bollare come omofobi i renitenti, ad
attaccare fisicamente le Sentinelle in Piedi, a boicottare i prodotti
degli imprenditori poco gay friendly, ad urlare da ogni blog o gazebo
esistente tutta la loro indignazione e frustrazione, a colpire con
attacchi hacker i siti pro family. È l’invasore minaccioso di un Paese che
non è in guerra, non perché pacifico ma perché imbelle. Dall’altro
ostentano una spensieratezza che sa di plastica, cioè finta perché
forzata, sguaiata e carnascialesca. È la vacua vaporosità tutta colori
fucsia e lustrini dei gay pride. Una fluorescenza fatua e frivola da luna
park, senza consistenza. Il tutto immerso a bagnomaria in un erotismo dal
gusto lascivo e provocatore, sfoggiato senza riserve e pudore. I gay
allora cadono spesso nell’errore di essere la peggior caricatura di loro
stessi.
- Il normalizzatore. Questa scissione
schizoide tra l’iroso e il goliardico è forse l’aspetto che risulta più
scostante alla gente comune. Proprio per questo motivo chi sta in cabina
di regia sta tentando di eliminare tale doppiezza antitetica, cercando di
avvicinare questi due poli estremi per normalizzare il più possibile la
figura dell’omosessuale. L’intento – anche se appare paradossale – è
quello di rendere borghese il gay, di civilizzarlo, di renderlo meno
selvatico. Che il gay sia urbano e non più bombarolo ed eccentrico, che
non si riesca più a distinguerlo nella massa perché ormai mimetizzato
perfettamente. Caso paradigmatico è proprio il “matrimonio” gay che
nell’immaginario collettivo rivoluzionario è l’istituzione più borghese
che esista.
Ecco
allora far vedere in TV la coppia lesbica con tanto di bambina che gioca sul
tappeto di casa per dire che è una “famiglia normale”, ecco l’inserimento a
pioggia di personaggi gay nei film e soprattutto nelle fiction, ecco il
racconto sui giornali di storie drammatiche o liete, ma sempre normali, di
persone che – così viene venduto in modo subliminale – sono accidentalmente
omosessuali. Ora stiamo ancora vivendo la fase in cui l’omosessualità è un
tratto distintivo da tutelare e custodire come ricchezza, un aspetto che nella
battaglia ideologica deve essere messo in risalto.
Domani
dovrà finire dietro le quinte perché ormai assimilato dalla coscienza popolare,
assorbito come normale. L’omosessualità dovrà diventare come l’aria che
respiriamo, impregnata di polveri sottilmente gaie che nessuno si accorgerà di
respirare. E ciò che è normale non merita le prime pagine dei giornali, né
discussioni al calor bianco in Parlamento. Il fine dei signori Cirinnà,
Scalfarotto e Fedeli è quello di non parlare più di omosessualità perché il problema
sarà risolto una volta per tutte. Così come è ormai accaduto per divorzio,
aborto e fecondazione artificiale.
- Il massimalista. Il gay di oggi era
il comunista radicale di ieri. Ha imparato bene la strategia mercantile la
quale insegna che devi chiedere 100 per avere 10. Ecco quindi che pretende
il “matrimonio” omosex, la possibilità di adottare ed avere figli propri
con l’utero in affitto, rappresentanze in parlamento con quote arcobaleno,
etc. Richieste massimaliste ad una società nichilista.
- Lo scardinatore. L’attivista gay è il
precipitato perfetto del rivoluzionario per antonomasia. Mandati in
soffitta Dio e la Chiesa, l’attuale rivoluzione è quella che riguarda la
legge naturale inscritta nel cuore di ogni uomo. Il militante gay allora è
lo scardinatore antropologico più efficace che c’è sulla piazza
postmoderna di oggi perché capace di portarsi a casa risultati importanti
su più fronti. Infatti in un colpo solo sta demolendo la sessualità, la
famiglia, l’ordine naturale-biologico (vedi utero in affitto e
fecondazione eterologa) e sta adagiando i bambini in una culla imbottita
di disagi e sofferenze facendoli crescere in un ambiente non adatto alle
loro esigenze.
- Portatore di una nuova
Weltanschauung. Il
militante gay, come abbiamo detto, sbarca in un mondo che non è suo,
perché ogni cosa di questo mondo richiama la differenza sessuale e
l’attrazione reciproca uomo-donna. È un mondo quindi che deve essere
rifatto da capo a piedi secondo le linee di indirizzo omo: libri, film,
abbigliamento, locali e pubblicità gay; leggi ad hoc; identità anagrafiche
gender; lezioni scolastiche contro la discriminazione; giocattoli
sessualmente neutri; toilette per i transgender; acquisizione alle causa
di attori, sportivi e politici, etc.Un lavoro mastodontico di ripittura
fin nei minimi dettagli di una realtà colorata di azzurra e rosa. Questo
comporta un sistema filosofico non improvvisato, bensì una costruzione di
una visione del mondo unitaria, cosa in sé, non contraddittoria,
articolata e ben organizzata. Quasi fosse un organismo vivente, appunto
una Weltanschauung, cioè un’idea strutturata di un mondo nuovo che sta per
nascere. Dopo ovviamente che avrà ucciso quello vecchio.
(Fonte:
Tommaso Scandroglio, Corrispondenza Romana, 24 febbraio 2016))