domenica 31 gennaio 2016

Si alle unioni civili per ottenere il no alle adozioni gay? No, il compromesso sui principi è inaccettabile

Nel frattempo Renzi & Boldrini dicono che l'Italia sia l'unico paese europeo senza unioni civili, ma ciò è falso (e nel mondo nemmeno 20 Paesi, su oltre 200, hanno legalizzato le nozze gay)

Chi si sta impegnando per il ritiro del ddl Cirinnà dovrebbe porre attenzione ad una posizione oggi abbastanza diffusa anche tra i cattolici, ecclesiastici e laici che siano. Questa idea è riassumibile in questa frase: sì alle unioni civili, no alle adozioni, e può creare non poca confusione. L'idea di fondo è che nella società di oggi ci sia una pluralità di unioni e che lo Stato le debba normare, l'importante è che non le equipari tra loro e, soprattutto, non le identifichi con il matrimonio.

SÌ ALLE UNIONI CIVILI? NO, MAI!
Questo viene ripetuto da molti con il seguente concetto: sì alle unioni civili, ma basta che non siano equiparate al matrimonio. In altri termini, tutte le forme di convivenze presenti di fatto nella società sarebbero buone, lo Stato le dovrebbe riconoscere e disciplinare, però ognuna al suo livello, senza confusione. Se quindi, dal ddl Cirinnà fossero tolti alcuni elementi che equiparano in tutto le unioni civili omosex al matrimonio, allora un cattolico potrebbe dare il suo assenso. Le unioni civili omosessuali non sarebbero sbagliate in sé, ma solo se copiano il matrimonio e si attribuiscono i diritti che spettano invece solo alla coppia eterosessuale sposata.
É da attribuire a questa visione delle cose l'insistenza (quasi esclusiva) sulla questione dell'adozione e, ancor più, su quella dell'utero in affitto, nelle critiche di parte cattolica sul ddl Cirinnà. Un grande no alle adozioni da parte delle coppie omosessuali che talvolta nasconde un sì alle unioni civili. Non si nega qui l'inaccettabilità dell'adozione del minore da parte di una coppia omosessuale o dell'utero in affitto. Si nega piuttosto che l'inaccettabilità del ddl Cirinnà stia solo in questi, pur gravissimi, aspetti. Anche se questi non ci fossero, il ddl Cirinnà sarebbe ugualmente inaccettabile.
In altre parole: non è vero che l'unica cosa che bisogna garantire è che le varie convivenze non siano equiparate le une alle altre e che tutte siano normate al loro proprio livello. Alcune proprio non possono essere riconosciute giuridicamente dallo Stato, perché intrinsecamente disordinate e contrarie al bene comune, ossia dannose per la comunità. Possono essere tollerate come comportanti privati, ma non possono avere il sigillo dell'autorità politica perché questo le proporrebbe pubblicamente come esemplari e utili. Il riconoscimento delle unioni civili omosessuali comporta il riconoscimento pubblico del valore dell'omosessualità in ordine al bene comune, il che è contrario sia alla legge naturale che a quella divina.

L'INSEGNAMENTO COSTANTE DELLA CHIESA
La tesi che sto criticando non è mai stata insegnata dalla Chiesa. Per quanto riguarda l'argomento del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e delle unioni civili omosessuali i documenti magisteriali di riferimento immediato sono due: Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle persone omosessuali della Congregazione per la dottrina della fede (2003) e con la Nota del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale italiana a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto (2007). Ambedue questi documenti negano, per motivi razionali connessi con i principi della legge morale naturale, e per motivi di fede relativi alla rivelazione di Nostro Signore, che una unione di fatto eterosessuale e, a maggior ragione, una omosessuale possano ricevere un riconoscimento giuridico e quindi venire trasformati da fatto privato in fatto di rilevanza pubblica, meritevole di sostegno e promozione da parte della comunità e dell'autorità.

TUTTE LE UNIONI SONO BUONE? NO!
Ciononostante, la tesi che ho presentato e criticato si sta diffondendo. Qualcosa di analogo era successo durante il Sinodo sulla Famiglia a proposito dei divorziati risposati e del loro accesso alla Comunione. Qualcuno diceva che nella convivenza tra un uomo e una donna senza essere sposati, nel secondo matrimonio di un divorziato o anche in una unione omosessuale c'era qualcosa di buono da valorizzare senza condanna e da far sviluppare in forme più adeguate di convivenza fino al matrimonio. Qui siamo in un contesto diverso, diciamo ecclesiastico, ma anche in questo caso tutte le unioni venivano intese come buone, al loro livello. Nessuna doveva quindi essere esclusa o indicata come radicalmente negativa, ma tutte dovevano essere accettate e disciplinate, pur senza confusione tra loro.
La concezione generale che sta dietro queste teorie è che il male, come situazione oggettiva, indipendentemente dalla responsabilità della persona, la cui coscienza esula dalle valutazioni di chicchessia, non esiste. Non ci sono forme di convivenza cui la legge di uno Stato debba dire di no e, quindi, non riconoscerle giuridicamente. Non esistono situazioni in cui la Chiesa non debba dire di no, e pretendere il loro abbandono da parte della persona veramente pentita.
Ma qui sta il problema: se tutte le unioni sono buone, perché mai lo Stato dovrebbe fermarsi dopo aver riconosciuto quelle tra due persone omosessuali, senza procedere a riconoscerne altre?

Nota di BastaBugie:
Robi Ronza nell'articolo dal titolo "Renzi & Boldrini, premiata ditta menzogne" ci svela come, nonostante il capo del governo e la presidente della Camera insistano nel dire che l'Italia è l'unico paese europeo senza unioni civili, ciò è semplicemente falso. Nella Ue ci sono 12 paesi che non hanno il tema neanche all'ordine del giorno. E nel mondo non sono neanche 20 i Paesi che hanno legalizzato le nozze gay.
Ecco l'articolo integrale pubblicato da La Nuova Bussola Quotidiana il 25-01-2016:
«Siamo rimasti l'unico Paese dei 28 (dell'Unione Europea: Ndr) senza una disciplina sulle unioni civili», ha affermato recentemente Renzi aggiungendo poi che a tale eccezione occorre al più presto porre rimedio. La stessa cosa è stata poi perentoriamente ribadita da diversi esponenti della maggioranza di governo, dal ministro Martina e ancora ieri dalla presidente della Camera Boldrini, trovando disciplinata eco in una stampa e in telegiornali che hanno perso la buona abitudine di verificare la correttezza delle notizie che diffondono.
In realtà la notizia è falsa, le cose non stanno affatto così. Nell'Unione Europea il matrimonio omosessuale è in vigore in 11 Stati membri, e l'unione civile in altri quattro. Gli Stati ove invece non solo non esiste ma nemmeno è in discussione sono 12. Tra questi la Slovenia dove nello scorso dicembre 2015 un referendum popolare cancellò con una maggioranza del 63% dei votanti la legge che l'aveva introdotto pochi mesi prima. In Italia infine come sappiamo il dibattito è in corso. Stando così le cose viene da domandarsi se Renzi sia male informato o in mala fede. Siccome però non si può credere che un politico brillante come lui sia tanto sprovveduto c'è da temere che valga piuttosto la seconda delle due ipotesi.
Considerando poi quanto la questione del matrimonio omosessuale e delle unioni civili sia poco urgente in Italia rispetto a ben altri problemi (in primo luogo la persistente incapacità della nostra economia di uscire dalla crisi), c'è da domandarsi se la determinazione con cui Renzi si impegna a introdurre a tutti i costi nel nostro ordinamento un'unione civile (che in effetti è un matrimonio omosessuale mascherato) non sia piuttosto dovuta a pressioni esterne tanto forti da risultargli irresistibili.
Lo sgretolamento del carattere specifico della famiglia, ovvero il suo declassamento a semplice contratto di diritto civile, per i grandi poteri cui conviene la società "liquida" è un obiettivo-chiave. D'altra parte non si tratta di un segreto: basta andarsi a leggere qualche pagina degli scritti dei teorici di questo genere di società per rendersene conto. In tale prospettiva per l'ampio schieramento internazionale perciò mobilitato a favore della parificazione ex lege fra matrimonio secondo natura e convivenze omosessuali, riuscire a ottenere che nel diritto italiano entri una qualche forma di istituzionalizzazione di tali convivenze sarebbe un fatto di enorme importanza.
Il cuore della Chiesa è in Italia, a Roma. Vedendo in essa la prima e decisiva "società naturale" precedente e indipendente dal potere, sin dalle origini la Chiesa ha promosso la famiglia con la più grande fermezza. Anche per questo non esitò a scontrarsi con la mentalità corrente nell'epoca tardo romana in cui dapprima si sviluppò: un'epoca, che gli storici più aggiornati preferiscono oggi chiamare "tardo-antico", le cui somiglianze con la nostra sono davvero sorprendenti. Inoltre fra i sei Stati fondatori delle istituzioni europee l'Italia, il cui influsso culturale è notevole sia nell'Europa orientale che nel Levante e nell'America Latina, è l'unico a non aver sin qui introdotto il matrimonio omosessuale (e nemmeno l'unione civile).
Di qui il rilievo internazionale che ha lo scontro in corso nel nostro Paese. Ciò rende tra l'altro più comprensibile la campagna pro unioni civili in cui - ben al di là della loro convenienza di Tv commerciali - sono impegnate in Italia pancia a terra sia SkyTv, filiale italiana dell'omonima grande multinazionale americana dell'informazione, e sia La7, sempre all'inseguimento di Rai3, la meno vista delle reti Rai, con una capacità di resistenza pluriennale a bilanci in costante passivo che sarebbe altrimenti molto difficile da spiegare.
Nel nostro Paese si sta guardando troppo alla vicenda come se fosse di puro rilievo nazionale, mentre la sua rilevanza internazionale è evidente. Tanto più che nel mondo, diversamente da quanto stanno cercando di farci credere, quella dell'unione civile e del matrimonio omosessuale non è affatto una marcia trionfale.
Il matrimonio omosessuale vige soltanto in meno di 20 degli oltre 200 Stati membri dell'Onu, e non ha "sfondato" nemmeno in Europa. Qui, considerando anche i Paesi che non fanno parte dell'Ue, risulta oggi in vigore in 13 Stati, ossia nei cinque Paesi nordici, e in Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia, Spagna e Portogallo, mentre in altri sei (Svizzera, Germania, Austria, Ungheria e Croazia) vige l'unione civile. Nulla del genere esiste e nemmeno viene invece prospettato in Russia e nell'intera Europa orientale mentre in Italia, come si diceva, il dibattito è in corso. Nel resto del mondo la situazione è la seguente: non si ritrova il matrimonio omosessuale in alcun Paese dell'Asia mentre nei restanti continenti i Paesi dove vige sono complessivamente soltanto otto: in Africa il Sudafrica; nelle Americhe il Canada, gli Stati Uniti (a Washington e in 37 Stati membri su 50), il Messico (in 5 Stati membri su 31) il Brasile, l'Uruguay e l'Argentina; nell'Oceania la Nuova Zelanda.

(Fonte: Stefano Fontana, Bastabugie, 27 gennaio 2016)


martedì 19 gennaio 2016

La Cei ritrova un presidente, che raddrizza la rotta di Galantino e dei suoi house organ sul family day

Il Family Day del 30 gennaio è un’iniziativa «a difesa della famiglia, del sostegno pieno alla famiglia che non può essere uguagliata da nessun’altra istituzione o situazione. L’obiettivo è decisamente buono» e «assolutamente necessario perché le politiche familiari sono piccolissime»: «la famiglia è il fondamento di tutta la società». Le dichiarazioni fatte ieri dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), a margine della messa celebrata in Duomo a Genova, segnano una svolta radicale nell’atteggiamento ufficiale della CEI nei confronti di movimenti e associazioni che sono mobilitati a difesa della famiglia naturale, contro il ddl Cirinnà che vuole il riconoscimento delle unioni civili. «La promozione della famiglia – ha detto Bagnasco - e l’invocazione di sostegni reali, che fino ad adesso sembra che non ci siano, dovrebbe essere una voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificati».

Richiesto di un giudizio sul disegno di legge in questione, il cardinale Bagnasco ha detto che «ci sono diverse considerazioni da fare ma la più importante è che mi sembra una grande distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell'Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare». «Noi vediamo nelle nostre parrocchie – ha proseguito - una grandissima coda di disoccupati, inoccupati, di gente disperata che non sa come portare avanti giorno per giorno la propria famiglia. Di fronte a questa situazione - ha aggiunto Bagnasco - tanto accanimento su determinati punti che impegnano il governo e lo mettono in continua fibrillazione mi pare che sia una distrazione grave e irresponsabile».

Il presidente dei vescovi italiani, pur ricordando che la manifestazione del 30 gennaio «è una iniziativa dei laici con la loro responsabilità, come il Concilio Vaticano II ricorda», ha con queste dichiarazioni definitivamente rovesciato l’atteggiamento di una CEI che finora appariva come “commissariata” dal segretario, monsignor Nunzio Galantino, in una posizione attenta alla mediazione politica con il governo e ostile alle famiglie che scendono in piazza per far sentire la loro voce.

Basti ricordare non solo tutti i tentativi fatti all’epoca per impedire la manifestazione del 20 giugno 2015, ma anche le prese di posizione dei giorni scorsi, ancora nel segno del compromesso politico. Fino al punto che Avvenire (il quotidiano della CEI) solo pochi giorni fa, nel mentre dava grande risalto ai movimenti dei “cattolici” del Partito democratico, aveva censurato una dichiarazione del cardinale Bagnasco decisamente più negativa nei confronti del ddl Cirinnà rispetto a quelle di Galantino.

Può essere stata anche questa la goccia che ha fatto traboccare un vaso già pieno degli insuccessi “politici” di Galantino e di un distacco progressivo dei vertici della Chiesa italiana dal popolo, come la manifestazione del 20 giugno aveva già messo in evidenza. Così nei giorni scorsi, dopo l’ennesima discutibile intervista di monsignor Galantino al Corriere della Sera e il sempre più rumoroso malcontento anche da parte di una importante fetta dell’episcopato, qualcosa è improvvisamente cambiato e il cardinale Bagnasco – dopo mesi di silenzio e, immaginiamo, di sopportazione - ha ripreso in mano l’iniziativa facendo pesare il suo ruolo di presidente della CEI. A cominciare da Avvenire che da sabato ha decisamente cambiato linea, dedicando un ampio spazio in prima pagina alla convocazione della manifestazione del 30 gennaio

Una sorpresa per gli osservatori, che ben ricordano l’imbarazzato silenzio lo scorso 20 giugno; e quindi è stato letto come il segnale del “contrordine”. Contemporaneamente il cardinale Bagnasco ha telefonato a Kiko Arguello, fondatore del Cammino Neocatecumenale e vera anima della manifestazione del 20 giugno, incoraggiandolo anche per la manifestazione del 30 gennaio. Lo ha riferito lo stesso Arguello in una intervista pubblicata ieri da Zenit: «Ieri mi ha chiamato il cardinale Bagnasco – ha detto Arguello -, che voleva parlare al telefono con me per dirmi che lui sarebbe molto contento se potessimo assistere e sostenere questo incontro del 30 gennaio. Io naturalmente gli ho detto di sì, che mi sembra ottimo e che saremo lì con tutte le nostre forze, come possiamo». Sapendo la grande capacità di mobilitazione del Cammino, questa telefonata è rivelatrice di quanto il cardinale Bagnasco tenga al successo della manifestazione.

L’intervento di ieri è dunque l’esplicitazione di una posizione che già era operativa e che probabilmente troverà una conferma solenne nella prolusione che lo stesso cardinale Bagnasco farà al Consiglio Permanente della CEI il prossimo 25 gennaio. Intanto possiamo aspettarci che il vento cambiato in CEI faccia uscire allo scoperto altri vescovi, finora timorosi di esporsi. Ieri già si è registrato un intervento deciso del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, che durante la messa celebrata nel duomo del capoluogo umbro, ha espresso pieno sostegno al Comitato Difendiamo i Nostri Figli e alla manifestazione del 30 gennaio. In realtà Bassetti aveva già sostenuto il Family Day del 20 giugno, ma nei giorni scorsi aveva dato una intervista al Corriere della Sera che risultava fortemente ambigua, e che di fatto ieri è stata smentita.

A metà del guado rischia invece di trovarsi il Forum delle Famiglie che finora, seguendo le indicazioni di monsignor Galantino, ha preso le distanze dal Family Day. Ma un direttivo svoltosi nei giorni scorsi è stato piuttosto burrascoso, e alla fine ne è risultato un compromesso pilatesco: no alla partecipazione, ma solidarietà a quanti lo faranno nella consapevolezza di condividere lo stesso obiettivo. Ora è da vedere se la discesa in campo del presidente della CEI non provochi qualche brusco ripensamento nel Forum, così come è avvenuto ad Avvenire

(Fonte: Riccardo Cascioli, Il Timone,19 gennaio 2016)


lunedì 18 gennaio 2016

Padre Bartolomeo Sorge sul ddl Cirinnà: “Una legge non può cambiare la natura delle cose”

La Fede Quotidiana ha intervistato Bartolomeo Sorge, già direttore di Civiltà Cattolica, sacerdote gesuita ed oggi direttore di Aggiornamenti Sociali. Con lui, prete e giornalista, parliamo di Giubileo, Vatileaks, e ddl Cirinnà.

Padre Sorge, possibile oggi trarre un provvisorio bilancio del Giubileo?
Non mi piace la parola bilancio per manifestazioni religiose. Tali vocabili si addicono a impresa, finanza, società di capitali. Poi credo che una analisi sia prematura, anche se qualche considerazione già la possiamo fare.

Quale?
Il Giubileo della misericordia è una valida ed importante risposta sul piano della fede alle paure, alle incertezze e allo smarrimento del mondo attuale, specialmente quello occidentale che pare disorientato e deluso. Oggi più che mai, davanti ad eventi angoscianti, abbiamo bisogno di fiducia e di speranza. Il GIubileo ci può aiutare in questo, specialmente può insegnarci la grande rilevanza del perdono,e la viva necessità di tornare per i credenti ad una fede vera e purificata.

In che senso purificata?
Il Giubileo  rappresenta una grande opportunità di purificazione della fede e della Chiesa stessa  e seguendo le indicazioni di Papa Francesco, dobbiamo abbandonare in fretta le incrostazioni della falsa spiritualità scegliendo sempre la via della onestà, del rigoroso allineamento al  Vangelo. In sintesi,  una fede davvero matura, priva di ogni ipocrisia, pronta a seguire la lettera del Vangelo e la radicalità. Che senso, per esempio, ha andare alla messa domenicale e in settimana comportarsi male e dare controtestimonianza?”.

Intanto, in Italia infuria la polemica sul ddl Cirinnà e le unioni civili, che cosa ne pensa Sorge?
Che una legge, anche se approvato dalla maggioranza, non può mai cambiare la natura delle cose. Nessuno, infatti, in natura si sogna di mietere a febbraio. Lo stesso dicasi per le unioni dello stesso sesso. Le leggi facciano pure quello che vogliono, ma la natura prima di tutto, ci dice che la famiglia vera è quella composta dall’unione procreativa di un uomo e una donna nel vincolo matrimoniale. Dunque, nel doveroso rispetto delle persone, non possiamo paragonare le unioni omosessuali alla famiglia”.

Adozione di bambini  da parte di coppie omosessuali, è possibile?
I bambini hanno pieno ed assoluto diritto ad una piena genitorialità, dunque un padre uomo e una donna  mamma. Non condivido i tentativi ideologici di cambiare la realtà delle cose e la stessa natura”.

Caso Vatileaks, fosse stato nei panni di Nuzzi e di Fittipaldi, avrebbe pubblicato quel materiale?
No. Non è pensabile pubblicare roba figlia di un reato. Qui siamo in un caso di piena mancanza di etica giornalistica .  Loro hanno fatto come i due pali che reggono la scala ai ladri”.

(Fonte: Michele M. Ippolito, La fede quotidiana, 17 gennaio 2016) 


venerdì 15 gennaio 2016

Valentina Colombo, esperta di islam: "Sono incompatibili con le altre religioni"

«Scomunicare» i terroristi è un esercizio insensato, a parere di Valentina Colombo, docente di Geopolitica dell’islam all’Università Europea di Roma. Con lei ci addentriamo nel vasto tema delle fonti di ispirazione del terrorismo. «In una religione dove non esiste un’autorità dirimente a livello interpretativo, quando un fedele legge il testo sacro, trova quel che vi vuole trovare», ci spiega.
D. Nel caso del Corano, poi, il testo appare particolarmente ambiguo rispetto alla Bibbia. Qual è il problema?
«Si può parlare di una parte del Corano scritta alla Mecca, quando l’islam si presenta a una società politeista e propone di credere a un Dio solo e nell’aldilà, di aiutare il povero e l’orfano. In quelle sure (i capitoli, n.d.r.) si trovano affermazioni come: “A voi la vostra religione, a me la mia”. E se ci fermiamo a questa parte del testo l’islam risulta compatibile con le altre religioni monoteiste».
D. Anche con la modernità di Charlie Hebdo?
«Certo. Anche se allora non ci si doveva confrontare con la laicità. Ma si proponevano dei valori».
D. Poi cosa accade?
«Quando Maometto emigra a Medina, diventa il capo della comunità locale e l’islam si trasforma in una religione di Stato. Il suo sogno primo diventa quello di tornare alla Mecca, sua città natale, che non lo aveva seguito, e riconquistarla. Da questo punto in avanti, il Corano diventa la rivelazione che combatte per affermarsi. In quest’ultima parte, abbiamo tutte le leggi e tutti i dettami che riguardano il rapporto fra la Ummah (cioè la comunità islamica), e l’altro. Ed è da qui che oggi si attinge per giustificare qualsiasi atto legato al terrorismo islamico».
D. E in particolare?
«L’estremista islamico, che considera tutto il Corano valido ancora oggi si può concentrare prevalentemente su alcune sure medinesi ed, estrapolandone dei versetti, trovarvi le ragioni per combattere il miscredente, che può essere il cristiano, l’ebreo, il giornalista di Charlie Hebdo o anche il musulmano che non la pensa come lui. Perché nessuno può decidere quale sia la nozione valida di miscredente».
D. Ma c’è anche una tradizione islamica.
«Alla parola di Dio, si aggiunge la seconda fonte, gli hadith, cioè i detti e i fatti di Maometto. Nella sua biografia ufficiale, fra l’altro, si narra che Maometto ha ucciso di sua mano gli ebrei».
D. Quella lettura non è accolta soltanto dai terroristi. Se Charlie Hebdo fosse stato stampato in Arabia Saudita, i suoi vignettisti sarebbero stati condannati a morte, secondo la legge locale, ispirata alla sharia.
«Certo, anche se l’Arabia Saudita ufficialmente ha condannato l’attentato a Charlie Hebdo, ha comminato nello stesso tempo la prima parte della pena (cento frustate su mille, sulla pubblica piazza, 10 anni di reclusione, pena pecuniaria e 10 anni senza poter uscire dal territorio nazionale) a Raif Badawi, blogger trentenne che ha fondato un sito di pensatori liberali. E in carcere oggi si trova ancora il suo avvocato, attivista per i diritti umani, arrestato in base alla legge antiterrorismo».
D. Nessuno è in grado di sfidare quel predominio culturale?
«Ci sono dei tentativi. L’istituzione presieduta dal gran mufti d’Egitto, Dar al-Istà, recentemente ha pubblicato un testo, The ideological battle, dove si spiega che tutti i versetti utilizzati dall’Isis vanno contestualizzati perché rivelati in occasioni particolari e non più validi per la situazione attuale. Purtroppo però, gli intellettuali e i riformisti che hanno proposto una storicizzazione del testo, sono finiti impiccati, come Mahmoud Mohammed Taha in Sudan, o sono stati mandati in esilio, come Nasr Hamid Abu Zayd in Egitto».


(Fonte: Andrea Morigi, Libero.it, 10 gennaio 2016)


martedì 12 gennaio 2016

Preti sposati: gutta cavat lapidem

Una goccia insistente che cade sempre nello stesso punto, riesce a demolire anche la pietra più dura. Purtroppo le note correnti progressiste d’oltralpe e d’oltreoceano, con i loro regolari e puntuali interventi in proposito, prima o poi riusciranno ad ottenere quello che vogliono, dando una ulteriore spallata a questa povera Chiesa, già così acciaccata.

Lo scambio di lettere con Papa Francesco è avvenuto per iniziativa di un teologo tedesco di primo piano, Wunibald Müller, 65 anni, che nel dicembre del 2013 scrisse una lettera aperta al papa, ampiamente pubblicizzata dal sito ufficiale della conferenza episcopale di Germania sotto il titolo “Papa Francesco, apra la porta”, per chiedergli di cancellare il vincolo del celibato per i sacerdoti.
Müller non è uno qualsiasi. È psicologo e scrittore prolifico. Ha fondato e dirige la  “Recollectio-Haus”, presso l’abbazia benedettina di Münsterschwarzach, nella diocesi di Würzburg, per la cura di sacerdoti e religiosi in crisi esistenziale, finanziata da altre sette diocesi (Augusta, Friburgo, Limburg, Magonza, Monaco-Frisinga, Paderborn, Rottenburg-Stoccarda) e con assistente spirituale il benedettino più letto non solo in Germania ma nel mondo, Anselm Grün.
L’orientamento di Müller è ben rappresentato dai titoli delle sue tesi per la laurea e il dottorato: “Il sacerdote come guida spirituale di persone omosessuali” e “Omosessualità, una sfida per la teologia e la cura delle anime”.
Non avendo ricevuto risposta alla sua prima missiva, nell’aprile del 2014 Müller è tornato alla carica con una seconda lettera a Jorge Mario Bergoglio. E quasi venti mesi dopo il papa gli ha finalmente risposto.

Il 25 novembre scorso la “Katholische Nachrichten-Agentur”, l’agenzia di stampa dei vescovi tedeschi, ha dato notizia del carteggio e dei segnali di “apertura” venuti dal papa. E il 4 gennaio la “Süddeutsche Zeitung” ha intervistato Müller chiedendogli notizie più dettagliate:
D. – Lei ha scritto a papa Francesco una lettera.
R. – Ho chiesto un allentamento del celibato. Ci dovrebbero essere preti sposati come preti celibi, omosessuali come eterosessuali.
D. – E la risposta?
R. – Francesco mi ha ringraziato per le mie riflessioni, il che mi rallegra molto. Dice che le mie proposte non possono essere realizzate per la Chiesa universale, ma penso che non escluda soluzioni a livello regionale. Al vescovo brasiliano Erwin Kräutler Francesco ha già chiesto di appurare se nella sua diocesi vi siano uomini sposati, di provata esperienza, che possano essere ordinati sacerdoti. Il papa cerca degli spazi dove poter cambiare qualcosa che potrà poi sviluppare una propria dinamica.

Erwin Kräutler (nella foto), austriaco di nascita, vescovo dimissionario per ragioni di età dell’immensa prelatura amazzonica di Xingu, ma tuttora attivissimo come segretario della commissione episcopale per l’Amazzonia, è appunto il vescovo del Brasile che pochi giorni prima di Natale ha avuto con papa Francesco un ennesimo colloquio, riguardante proprio l’eventuale ricorso a un clero sposato in territori drammaticamente sguarniti di clero celibe.

Del colloquio tra lui e il papa ha dato notizia la Radio Vaticana con un’intervista a Kräutler del 22 dicembre:
D. – Cosa le ha detto il papa a riguardo delle comunità prive di un prete che celebri l’eucaristia?
R. – Mi ha detto che dobbiamo fare proposte concrete. Anche proposte temerarie, ardite. Mi ha detto che dobbiamo avere il coraggio di parlare. Lui non prenderà un’iniziativa da solo, ma ascoltando le persone. Vuole che si crei un consenso e che si cominci in qualche regione con dei tentativi finalizzati a che la gente possa celebrare l’eucaristia. Se si legge l’esortazione di Giovanni Paolo II “Dies Domini” questa dice molto chiaramente che non c’è una comunità cristiana se non si raduna attorno all’altare. Per volere di Dio allora dobbiamo aprire delle vie perché questo accada. Su come saranno queste vie,  in Brasile già lavora una commissione.
D. – E allora che cosa dobbiamo aspettarci su questo punto dal pontificato di Francesco?
R. – Una svolta. Anzi, siamo già a una svolta. Credo che siamo già arrivati a un punto di non ritorno. Anche il prossimo papa o quello che verrà dopo di lui non potrà tornare indietro rispetto a ciò che è e sta facendo oggi Francesco.
In una precedente intervista del 12 luglio 2015 alla rivista italiana “Credere”, Kräutler aveva confermato che “il papa ha chiesto alla commissione per l’Amazzonia una proposta concreta fin dallo scorso aprile” e da allora “stiamo ipotizzando alcuni cammini affinché tutte le comunità abbiano la possibilità di partecipare all’eucaristia più di tre volte all’anno”.
Tra questi “cammini” c’è appunto l’ordinazione di uomini sposati, per sopperire al fatto – ha detto ancora Kräutler – che “per 800 comunità abbiamo solo 30 sacerdoti, e la regione è davvero molto estesa”.
Va detto però che la mancanza di vocazioni al sacerdozio in Brasile può essere dovuta anche al pessimo esempio che una parte del clero di quel paese dà, se è vero il ritratto che ne ha fornito qualche tempo fa una rivista cattolica autorevole e insospettabile come “Il Regno”:
“I fedeli sono costretti a radunarsi in chiesa a celebrare una specie di messa senza prete anche nelle città dove i sacerdoti non mancano. Alla domenica costoro potrebbero distribuirsi nelle diverse chiese, invece preferiscono concelebrare tra loro e lasciare da soli i fedeli alla mercé di fanatici scatenati, quando fanatici non lo siano i celebranti stessi, che a volte modificano i testi liturgici a loro piacimento perché neppure capaci di comprenderli, che trasformano il canto del Sanctus in un ritmo ballabile, che non fanno memoria del papa, del vescovo, dei defunti. Preti così fannulloni che di solito il lunedì, come i barbieri in Italia, riposano e non celebrano messa nemmeno nelle cattedrali. Oppure non visitano gli ammalati, non portano il viatico, non celebrano funerali. E non sempre possono addurre a loro giustificazione il loro scarso numero”.

Altro fattore, ma non secondario, della marcia di avvicinamento all’ordinazione di “viri probati” nella Chiesa latina è l’autorizzazione data ai preti sposati delle Chiese orientali cattoliche di operare anche al di fuori dei loro territori d’origine. Cioè non più solo in Medio Oriente e nell’Europa dell’Est, ma dappertutto.

L’autorizzazione è stata data da papa Francesco, tramite la congregazione vaticana per le Chiese orientali presieduta dal cardinale argentino Leonardo Sandri, il 14 giugno 2014. E ha cancellato un secolo e mezzo di intransigenti divieti.

Soprattutto nelle Americhe e nell’Europa occidentale, infatti, le gerarchie cattoliche latine ritenevano che la presenza nei loro territori di preti sposati di rito orientale, lì arrivati al seguito delle migrazioni, recasse “gravissimum scandalum” ai fedeli.
Papa Francesco ha invece consentito tali presenze, a particolari condizioni. E ha citato a proprio favore la costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus” del 2009, con la quale Benedetto XVI ammise la presenza di preti sposati ex anglicani nelle regioni dove ancora valeva il divieto per i preti sposati di rito orientale.

Un’ultima notazione. L’ordinazione al sacerdozio di uomini sposati, “in casi particolari e per necessità pastorali”, è già stata presa in esame da un sinodo, quello del 1971 dedicato a “Il sacerdozio ministeriale e la giustizia nel mondo”.
L’ipotesi fu messa ai voti in competizione con un’altra, che teneva fermo il celibato per tutto il clero latino, senza eccezioni.
E vinse questa seconda, per 107 voti contro 87.
Da allora sono passati 45 anni ed evidentemente papa Francesco ritiene che i tempi siano maturi per riesaminare la questione e aprire un varco al clero sposato, a partire da alcune aree dell’America latina particolarmente afflitte dalla penuria di preti.
Senza drammi. Perché questa – dice – “è una questione di disciplina, non di fede”.


(Fonte: Sandro Magister, www.chiesa.it, 12 gennaio 2016
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351206


venerdì 8 gennaio 2016

Mieli, la Fornero e il Ddl Cirinnà: un’evoluzione perversa.

Inizia con una esclamazione di meraviglia l’intervento della Dott.ssa Elisabetta Frezza alla conferenza organizzato a Trebaseleghe (PD). Guardando il pubblico dinnanzi a sé, afferma: «Ho organizzato varie conferenze su questo tema, anche con persone molto più brave di me e c’erano dieci persone! Adesso, all’improvviso tutti sono interessati al “gender”! ».
Dopo aver presentato, in modo esauriente, alcuni accenni storici sul Gender, la Dottoressa analizza la situazione attuale e l’aspetto giuridico della Teoria del Genere.
Nel maggio 2013 viene pubblicato dall’UNAR e dal Ministero delle pari Opportunità la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”. Il primo documento in Italia che ufficializza l’intento di diffondere, facciamo nostre le parole della Dott.ssa Frezza, «un’ideologia perversa che va contro la conservazione della società e il bene comune, che va contro la natura umana, e per chi crede contro il piano della creazione di Dio»: l’ideologia di genere. «Si teorizza questo: al di là dei propri dati sessuali, biologici e anatomici ciascuno deve essere libero di scegliere ed elaborare il proprio genere identitario secondo la percezione che ha di se stesso. Viene così superato il dualismo maschio femmina ritenuto un retaggio culturale opprimente e si spalanca un ventaglio liberatorio di possibilità di scelta».
Nel dicembre dello stesso anno la “Strategia” viene ulteriormente arricchita da un altro documento “Comunicare senza pregiudizi”, destinato ai giornalisti.
Sotto il coordinamento dell’UNAR opera una governance, con un gruppo nazionale di lavoro LGBT che viene definito nella governance: «il luogo centrale per l’elaborazione della strategia». Il gruppo è formato da 29 associazioni omosessuali.
Tra queste, la Dottoressa ci ricorda, il “Circolo culturale omosessuale Mario Mieli”. Mario Mieli era un omosessuale, pedofilo, morto suicida. Il presidente attuale di questa associazione è anche il presidente dei gay pride romani. In uno dei suoi libri, Mieli afferma: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, edu-castra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La pederastia invece è una freccia di libidine scagliata verso il feto. […] La corporeità umana entra liberamente in relazione egualitarie multiple con tutti gli esseri della terra inclusi i bambini, e i nuovi arrivati di ogni tipo; corpi defunti, animali, piante, cose annullando democraticamente ogni differenza non solo tra gli esseri umani ma anche tra le specie».
Questo è uno dei componenti della governance che ha prodotto la “Strategia Fornero”. In seguito c’è stata una interpellanza alla presidenza del consiglio da parte di alcuni parlamentari che hanno chiesto il motivo dell’accreditamento presso il Ministero della Pubblica Istruzione come enti di formazione, di associazioni come questi.
Ci si chiede come mai questo gruppo di lavoro LGBT, un’entità anche evanescente che è anche priva di soggettività giuridica e quindi priva di ogni responsabilità, possa essere stata addirittura eletta a consultore stabile dei ministeri e dei ministri; a promotore di progetti legislativi e programmi scolastici e venga investita di poteri il cui esercizio ricade su tutti noi.
Quindi la Ministra Fornero ha varato questo documento che di per sé, dato che non è una legge, non è un regolamento, non ha alcuna valenza giuridica e quindi non può nemmeno essere impugnato. Però da questo, si diramano una serie di provvedimenti che,questi si, hanno invece una forza vincolante.
La vicepresidente del Senato V. Fedeli ha presentato un disegno di legge “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di formazione e nelle Università” con l’obiettivo di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio culturali fondate sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza.
Questo disegno è stato assorbito nella nota legge Renziana definita la “Buona scuola” il 15/07/2015 nel com. 16 del suo art. 1; questo com. 16 rimanda all’art. 5 com. 2 della legge del 2013, la legge sul femminicidio, la quale all’art. 5 incorpora in se stessa il piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere.
Ma come afferma Riccardo Cascioli, in un suo articolo apparso di recente su “La Nuova Bussola quotidiana”: «C’è però un rischio legato alle polemiche sull’articolo 16, quello di distrarre l’attenzione da un pericolo molto più grave che si sta correndo: ovvero un diabolico compromesso sul Ddl Cirinnà per la legalizzazione delle unioni civili (omosessuali)».
Come afferma la Dott.ssa Frezza si tratta di «una manovra planetaria di destrutturazione dell’identità dei singoli individui, di destrutturazione della famiglia e quindi della società».
Così scriveva Chesterton: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili”. «Hanno dichiarato guerra alla realtà! Noi siamo in guerra e ci tocca di combattere, anche!»
(Articolo basato sulla conferenza tenuta dalla dott.ssa Elisabetta Frezza presso Trebaseleghe (PD) il 26/08/2015 - https://www.youtube.com/watch?v=uvdDcrLc-H0)

(Fonte: Silvia Sacripanti, Italia Cristiana, 7 gennaio 2016)



Arriva il manuale per ridiventare autentici cristiani

Il cristianesimo, piaccia o no, ha creato quello che si usa chiamare Occidente, gli ha dato la supremazia mondiale e ne ha fatto un modello per tutti gli uomini.
Anche quelli che l'Occidente odiano lo combattono con mezzi che è stato l'Occidente a fornire. Non solo: se il sottosviluppo si è ridotto a poche sacche nel pianeta lo si deve sempre all'Occidente. La si giri come si vuole, ma un'occhiata anche superficiale alle altre culture confermerà l'assunto.Il fondatore del cristianesimo, Gesù di Nazareth, affidò il suo insegnamento a uno staff di «pastori di uomini» che lo trasmettessero alle generazioni. Avvertendo, tuttavia, che non sarebbe stato facile.
Infatti, il cristianesimo nacque nel sangue dei suoi seguaci e ancora, com'è noto, vi nuota. Il cristianesimo ha sempre avuto due avversari, uno esterno e uno interno. Quello esterno è stato il potere politico pagano per un certo tempo, poi è subentrato l'islam, che, alternando fasi di quiescenza e fasi di aggressività, non ha mai cessato di costituire un problema per l'Occidente cristiano.L'avversario interno sono sempre state le eresie, cioè l'evangelica zizzania che cresce continuamente insieme al grano cristiano. L'eresia non è altro che una variante falsata del cristianesimo, che inquina e, alla lunga, sovverte e vanifica. Anche nella sua versione moderna, il relativismo laicista, deve il suo successo al fatto che assomiglia al cristianesimo. Eguaglianza, diritti umani, giustizia sociale sono infatti princìpi cristiani (e d'invenzione cristiana), ma gli ultimi secoli hanno mostrato il danno che possono produrre se, avulsi dal loro contesto e assolutizzati, riescono a imporsi. Le ideologie (eresie secolarizzate) avanzano nelle teste non solo per via del loro innegabile fascino ma anche grazie a un'opera incessante di denigrazione della «casa madre» da cui si sono staccate. Già ai tempi degli imperatori romani la disinformazione era all'opera e in tanti credevano che i cristiani praticassero riti abominevoli. Sorsero allora alcuni intellettuali cristiani che, presa la penna, spiegarono agli imperatori come realmente stavano le cose tramite opere che, alla greca, venivano chiamate «apologie».
In questa attività («apologetica») si sono cimentati nei secoli fior di autori (si pensi a Chateaubriand, a Manzoni...) quando, per partito preso, si riprendeva a manipolare specialmente la storia cristiana tacendone le luci, esagerandone le ombre e ricorrendo non di rado a vere e proprie menzogne. Menzogne che, a furia di ripetizione, potevano passare per verità (è il motivo per cui le ideologie statolatriche si sono sempre precipitate a impadronirsi della scuola).Per venire all'oggi, l'Occidente è messo in discussione da un jihadismo che ragiona (si fa per dire) solo in termini religiosi. E attenta alla nostra identità e al modo di vivere che da questa è originato. Ma la nostra identità è corrosa dall'odio che noi stessi nutriamo per il nostro passato e la filosofia che ci ha fatti quello che siamo. Ed è impossibile un «dialogo» tra uno sicuro di avere ragione e un altro che dubita della sua. Il confronto, se uno dei due interlocutori è carico di sensi di colpa, risulta impari. Per questo l'Occidente ricaduto nel paganesimo abbisogna di nuovi Apologeti. Per quanto riguarda l'Italia, alcuni di questi, tra i più navigati, si sono riuniti e hanno dato vita a un'opera che non dovrebbe mancare nella biblioteca personale di ognuno, un Dizionario elementare di apologetica nel quale (quasi) tutti i luoghi comuni negativi sull'identità cristiana vengono demoliti o chiariti quando necessario.
Decine di autori, alcuni famosi come Messori e Zichichi, altri meno (ma pur sempre con parecchie opere nel curriculum), hanno redatto 140 voci sistemate in ordine alfabetico e corredate da bibliografia per chi volesse approfondire il tema. Volete sapere come andarono davvero le cose nei casi (ripetitivi e abusati) di Galileo, l'Inquisizione, le Crociate?Non dovete fare altro che aprire il Dizionario alla voce corrispondente: ci troverete le obiezioni correnti e la loro puntuale confutazione. Ma ci sono anche la Notte di San Bartolomeo, lo Jus Primae Noctis, Ipazia, la Caccia alle Streghe, le Monacazioni Forzate, Maria la Sanguinaria, le Paure dell'Anno Mille eccetera eccetera. Dalla «a» di «anima» (il solito Voltaire mise in giro la fesseria che la Chiesa l'avesse ammessa nelle donne solo dopo il Concilio di Macôn) alla «z» di «zen», passando per tutte le «leggende nere» che in questi ultimi secoli si sono accumulate nei nostri cervelli impedendoci di nutrire la sana fierezza di chi siamo e da dove veniamo.Il «giogo» di Cristo è davvero «leggero e soave», basta dare un'occhiata a quelli degli altri per rendersene conto. Tuttavia c'è stato - e c'è - chi ha cercato e cerca - di presentarlo come insopportabile, malgrado un'evidenza storica e contemporanea - contraria. Ma è la Verità che ci fa liberi (dai condizionamenti culturali). Anche questo l'ha detto Lui.

(Fonte: Rino Cammilleri, Il Giornale.it, 8 gennaio 2016)



giovedì 7 gennaio 2016

Zalone, l’irresistibile nostalgia di un “mondo piccolo”

Per l'ennesima volta Checco Zalone (Luca Medici) ha fatto centro. Il suo ultimo film, Quo vado, è un successo strepitoso al botteghino e i critici imbarazzati: nessuno potrebbe chiedere di più. Tutti si chiedono: qual è il segreto del successo del comico pugliese? Ognuno dice la sua, e nessuno sembra cogliere il segno. Quindi ci provo anche io, danni non posso fare. Quella di Checco Zalone è un'operazione nostalgia. Non nel tempo, ovviamente: i suoi film sono incastonati nell'attualità. Un'operazione nostalgia che riguarda un modo di vivere, tipicamente italiano, che non esiste più; ma che tutti (ammettiamolo) ricordiamo con struggimento.
Checco vive in un mondo tutto suo, fatto di famiglia (la mamma che cucina, la vecchia zia alla quale si può chiedere di tutto...), di lavoro (ma non troppo), di relazioni, di amicizie. Il suo è un mondo senza norme Ue, senza cibo “bio”, senza allarmi sanitari, senza politicamente corretto. Un “mondo piccolo”, direbbe Guareschi; un'italietta alla buona, che si commuove per il ritorno di Al Bano e Romina a Sanremo, dove i “buoni sentimenti” non fanno alzare il sopracciglio, dove ognuno è come è, e va bene lo stesso. 
Un mondo nel quale gli africani hanno l'anello al naso e la sveglia al collo, dove si ride di animalisti, vegani, guru, omosessualisti, manager, terzomondisti... Un mondo nel quale il politico intrallazzone ma di buon cuore è il buono; e la donna laureata, sexy e in carriera è la cattiva (ma niente paura: alla fine si converte, manda a quel paese i regolamenti, le leggi, la carriera e si salva). Un mondo dove il massimo della vita è un'impepata di cozze tra amici (e non importa se sono musulmani), le orecchiette fatte a mano dalla mamma. Un mondo dove la perfezione, le norme, il rigore, “la civiltà” sono disumani, falsi, tolgono la gioia di vivere (che bella una macchina in seconda fila in Norvegia...). 
Un mondo dove al primo posto c'è la persona, poi vengono le ideologie, i regolamenti. Un mondo senza l'ideologia di genere («No, il paradosso no!»), nel quale gli uomini incarnano gli stereotipi maschili e le donne quelli femminili. Un mondo nel quale vengono infrante tante regole, per prime le regole del perbenismo contemporaneo. Sarà un mondo scandaloso ma, e resti tra noi: non è un bel mondo? Diciamolo: il mondo di Checco non è l'Italia “nazional-popolare” degli anni Settanta, non è la Prima Repubblica (che «non si scorda mai»), quando eravamo più umani, più sereni, più sinceri, più liberi? Non è forse vero che si stava meglio quando si stava peggio? Quando ci si svegliava con il Gazzettino padano, le vacanze estive (rigorosamente in Italia) erano chiamate “l'esodo di ferragosto”, quando il Masterchef era la nonna Tina, quando le automobili erano senza centralina elettronica e ognuno poteva metterci le mani senza essere un meccanico autorizzato? Avete presente L'italiano di Toto Cotugno? Beh, chi non ha nostalgia di quell'Italia?
Avete presente la favola I vestiti nuovi dell'imperatore? Nella quale l'imperatore se ne va in giro nudo e nessuno ha il coraggio di dirlo, per conformismo, per viltà, perché «Non sta bene»? Un bambino grida «Il re è nudo», e tutti scoppiano a ridere. Ecco: Checco Zalone è il bambino che dice: «Il re è nudo!». Il terzomondismo, il politicamente corretto, l'ideologia di genere, l'omosessualismo, l'animalismo, l'europeismo, il rigorismo, il salutismo, ecologismo, pacifismo e tutto quello che ci hanno propinato da trent'anni a questa parte... è nudo! E noi, finalmente - nudi anche noi - troviamo il coraggio di riderne a crepapelle. Almeno finché non usciamo dal cinema.

(Fonte: Roberto Marchesini, La nuova bussola quotidiana, 7 gennaio 2016)


Il Gesù Bambino impiccato: una civiltà diventata oramai soltanto stupida

Dinnanzi al bambinello del Presepe di Pittelli — piccolo borgo vicino a La Spezia — prima trafugato dalla tradizionale raffigurazione della natività e poi impiccato accanto ad essa, quello che resta è un forte senso di tristezza. Inutile farne un discorso morale — anche un miscredente coglie in questo gesto un mancato rispetto — ed inutile forse farne un discorso di civiltà, con i politici locali che in queste ore si affannano a stigmatizzare l'episodio per quello che il bambinello rappresenta nella cultura occidentale. 
No, la tristezza nasce dalla consapevolezza che siamo quasi sicuramente di fronte ad una bravata, ad una sciocchezza che chi l'ha commessa non ha percepito "grave", ma tutt'al più vicina alla goliardia. E questo è triste perché racconta di un problema profondo, di maturità, della nostra società. Una persona, infatti, diventa umanamente adulta quando accetta la sua storia, quando accoglie con verità il suo presente senza fuggire e quando sa guardare con distacco e con criticità ai suoi desideri per il futuro. Il furto del bambinello fa emergere un tipo umano che rispetto alla propria storia, storia collettiva e di popolo, non ha nessun tipo di simpatia, ma anzi la banalizza e la ridicolizza impedendosi così un'autentica maturità. 
La crisi d'identità dell'uomo contemporaneo inizia proprio in questa rottura col passato, attraverso questa accurata presunzione per cui del passato, di ciò che ci ha generato e portato fin qui, o si possa tranquillamente fare a meno o vi si possa confrontarsi solo in termini di rivoluzione e non di comprensione e assunzione. Quando agli inizi degli anni duemila San Giovanni Paolo II insisteva così fortemente per l'inserimento delle radici "giudaico-cristiane" nella costituzione europea naufragata poi nel referendum francese del 2005 non lo faceva per un manierismo ideologico, bensì per un afflato di paternità che lo rendeva consapevole che non ci sarebbe stato nessun futuro per il Vecchio Continente se non attraverso una reale riconciliazione e affezione per il proprio passato. Non si cresce buttando via dei pezzi della propria storia o condannandoli come estranei a quello che oggi siamo. Si cresce solo riconoscendo, in modo critico, il debito che abbiamo verso ciò che ci ha preceduto e perdonando — amando davvero — quello che non abbiamo saputo essere e fare. La cultura della derisione, del ridicolo, del nulla, ci rende al contrario più deboli, più fragili, più incapaci di dire chi siamo e che cosa vogliamo. Sbarazzarsi di Gesù Bambino, del Presepe, dell'ipotesi con cui siamo stati lanciati nel reale dalla nostra tradizione non ci rende più emancipati, ma più soli e incapaci di comunicare.

(Fonte: Federico Pichetto, Il Timone, 7 gennaio 2016)


Motus in fine velocior

Motus in fine velocior. Questa espressione aristotelica, con cui si usa indicare l’intensificarsi di un’azione verso la sua fine, rende perfettamente l’idea di ciò che sta avvenendo nell’attuale fase di decadimento della nostra società, e della crescente deriva cristianofobica. 
Assistiamo, infatti, ad un’accelerazione finale della parabola discendente che non può non preoccupare. Sei notizie giunte nell’arco di settantadue ore, dal 28 al 30 dicembre 2015, costituiscono un’ottima conferma di quanto asserisco.
La prima ad arrivare è la strabiliante notizia che da piazza Navona di Roma spariranno i presepi e le tradizionali bancarelle di dolciumi che hanno tradizionalmente caratterizzato quel luogo storico per tutto il periodo natalizio fino all’Epifania. Al loro posto i bambini romani quest’anno potranno gioire della presenza di bancarelle “laiche”, di varie organizzazioni onlus come la Croce Rossa, la mezzaluna islamica, Emergency, l’Unicef, Greenpeace e, dulcis in fundo, il Gay Center. Possiamo immaginare il tripudio di felicità dei bimbi romani. Anche nell’Urbe, quindi, trionfo del più becero politically correct, a discapito della tradizione e della cultura cristiana.
Sempre in Italia, nell’arco di tempo di quelle fatidiche settantadue ore che concludono il 2015, si registra un accanimento demoniaco e senza precedenti contro il presepe. Cinque casi assurgono all’onore delle cronache nazionali. Primo episodio. A Bologna uno dei presepi più ammirati della città, quello allestito a Corte Isolani, nel complesso monumentale che collega Strada Maggiore a piazza Santo Stefano, è stato preso di mira da vandali sacrileghi. Le statue della Madonna col Bambino e un Re Magio, modellate da Claudia Cuzzeri, sono state rubate e ritrovate in frantumi nella vicina via Santa (sic!). L’Associazione Italiana Amici del Presepio di Bologna, che aveva curato proprio l’allestimento del presepe di Corte Isolani, ha così denunciato l’accaduto: «Esprimiamo sconcerto per un atto così vile e spregevole, una volgare profanazione dell’opera e del messaggio di pace in esso contenuto». Secondo episodio. Sempre da quelle parti, ad Altedo, una frazione italiana appartenente al comune di Malalbergo nella città metropolitana di Bologna, nel presepe allestito presso la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, la solita ignota mano sacrilega ha dato fuoco alla culla con la statuetta del Bambinello.
Terzo episodio. A Seveso, in Brianza, il povero Bambin Gesù è stato, invece, decapitato durante la notte tra martedì 29 dicembre e mercoledì 30 dicembre. La statuetta che rappresentava il Salvatore è stata rinvenuta priva del piccolo capo nella mangiatoia del presepe allestito presso la centralissima piazza Cardinal Confalonieri. La testa mozzata del povero Bambinello è stata invece rinvenuta poco lontano sull’asfalto stradale.
Quarto episodio. Nel borgo spezzino di Pitelli dal presepe allestito in piazza degli Orti è stato rapito il Bambin Gesù. L’intento non era quello di chiedere un riscatto perché la sacra statuetta è stata ritrovata impiccata ad un albero nei pressi della stessa piazza. Duro il giudizio del Vescovo di La Spezia, mons. Ernesto Palletti, che ha subito compreso come non si potesse derubricare il grave episodio «ad una semplice bravata». Così scrive, infatti, mons. Palletti al Parroco di Pitelli don Giovanni Tassano: «Ho appreso con vivo dolore la notizia dell’atto sacrilego compiuto la scorsa notte ai danni dell’effige di Gesù bambino. Se per il cristiano è un richiamo alla luce del mistero del Figlio di Dio che si è fatto uomo, ogni altra persona in sincera ricerca della verità non può non vedere in esso la bellezza di una vita che nasce. Il gesto deve essere da tutti condannato». Non pare si odano, però, in questo caso, grandi echi di condanna da parte del mondo civile. Tolta, ovviamente, qualche rara eccezione.
Quinto episodio. A Lanuvio, Comune dei Castelli Romani ignoti vandali hanno fatto sparire nel cuore della notte il Bambinello del presepe allestito presso la Fontana degli Scogli, sostituendolo con la statuetta di un asino. A condannare il gesto, in questo caso, ci ha pensato l’amministrazione comunale esprimendo «il proprio rincrescimento per l’esecrabile gesto compiuto da ignoti ai danni del presepe che da diversi giorni fa bella mostra di sé all’interno della fontana posta al centro del borgo lanuvino. Nella notte qualcuno ha pensato bene di trafugare la statuina del Bambino Gesù sostituendola con l’asinello. Un gesto blasfemo, che non merita ulteriori commenti se non una ferma e perentoria condanna».
Quest’ultimo episodio di Lanuvio mi ha particolarmente colpito. La sacrilega sostituzione mi ha fatto venire alla mente il celebre graffito di Alessameno, detto anche graffito del Palatino, un’iscrizione datata tra il I e il III secolo d.C. e oggi conservata presso l’Antiquarium del Palatino, che gli archeologi interpretano come irridente nei confronti del culto del cristianesimo. Il graffito rappresenta il corpo di un uomo crocifisso con la testa d’asino, adorato da un altro uomo posto ai piedi della croce, e una scritta in greco antico, ΑΛΕΞΑΜΕΝΟΣΣΕΒΕΤΕΘΕΟΝ
che letteralmente significa «Alessameno venera [il suo] dio». Sembra tornare, dopo duemila anni, l’accanimento pagano contro i cristiani, non a caso accusati di praticare l’onolatria, ossia l’adorazione di un asino, e il disprezzo rancoroso verso i seguaci di quel Giudeo, bollati ignominiosamente come «asini portantes mysteria». Finisce in questo modo l’Anno del Signore 2015.

(Fonte: Gianfranco Amato, CulturaCattolica.it, 2 gennaio 2016)