Quando l’ispirazione letteraria è scambiata per
ispirazione divina. E un romanzo su Gesù per “quinto evangelio”. “Pericoloso”
per giunta, a detta di Ratzinger.
Meglio Dan Brown… J'accuse di un equivoco
letterario-religioso.
Perciò,
quando i valtortiani dicono: “Maria Valtorta, chiamata ‘piccolo Giovanni’, non
ha scritto un quinto Vangelo, ma ha sviluppato e illustrato, per divina
ispirazione, i quattro Vangeli canonici”, occorre rispondere: “NO”.
La
verità è che la Chiesa ha rigettato questa conclusione.
Da
50 anni la Chiesa sostiene che la Valtorta non ha scritto sotto ispirazione
divina ma a modo suo: ha semplicemente composto una “vita romanzata” di e su
Gesù…
Insomma,
potremmo continuare e non essere lontani da ciò che disse l’allora Card. Ratzinger
per mezzo del Sant’Uffizio: “Una vita di Gesù malamente romanzata“…
E
anche se volessimo togliere il termine “malamente” , che esprime il giudizio
della Chiesa, l’opera è davvero una vita di Gesù “romanzata”.
Allontanando
da noi la presunzione o la superbia di sostituirci al giudizio della Madre
Chiesa, vogliamo semplicemente trattare l’argomento partendo da ciò che la
Santa Sede ha già detto a riguardo. Desideriamo, inoltre, tentare di
comprendere perché, pur essendoci stato parere negativo riguardo agli scritti
della Valtorta, i fedeli, invece di obbedire, continuano ad andare contro le
disposizioni ecclesiali.
Va
sottolineato che la Chiesa non si è pronunciata sulla persona, ma solo sui suoi
scritti. Pur non ritenendoli eretici, li ha però “sconsigliati perché
pericolosi” alla fede “dei piccoli”.
Le
denunce della Madre Chiesa su questi scritti sono due. La prima è del 1959 a
cura del Sant’Uffizio con la firma dell’allora Prefetto cardinale Ottaviani;
la seconda è del 1985 a firma dell’ex Sant’Uffizio. Il Prefetto era all’epoca Joseph
Ratzinger, il quale era impegnato contemporaneamente nell’analisi dei testi
e della biografia di un’altra mistica, Anna Katharina Emmerich, di cui
abbiamo parlato già in precedenti articoli e la cui beatificazione giunse nel
2004 con la firma al decreto di approvazione del beato Giovanni Paolo II.
Va
ripetuto che non intendiamo fare processi. In aggiunta, diciamo anche che in
futuro le decisioni prese finora potrebbero cambiare. E’ sempre saggio e
prudente attendere il parere della Chiesa. Pertanto, noi ci accingiamo a
sviscerare l’argomento fermandoci a ciò che è stato detto fino ad ora: per il
domani Dio vede e provvede.
Per
vie segrete… e Radio Maria
Nel
Bollettino valtortiano del luglio 2010 leggiamo questa inquietante
presentazione:
“L’Opera
è restia a farsi trasportare sui veicoli di una propaganda aperta, ma
preferisce dirigersi ai cuori, che se la comunicano l’un l’altro. Per tali
vie segrete l’Opera ha raggiunto e continua a raggiungere ogni angolo della
terra, fino ad aver suscitato spontaneamente traduzioni in più di 20 lingue,
che tendono ad aumentare… Ogni volta, dunque, che abbiamo preteso di
“lanciarla” con un servizio giornalistico, una pubblicità sulla stampa, uno
stand alle fiere del libro, una conferenza o un convegno, a volte per
iniziativa di altri con il nostro appoggio, ma sempre nella convinzione di
rendere un buon servizio all’Opera, abbiamo fallito il colpo e siamo stati
dirottati a servire tornando al solito posto di lavoro. Insomma, non dovevamo
condurla, ma esserne condotti”
Inquieta
quelle “vie segrete” giustificate dal quel dirigersi direttamente “ai cuori” comunicando
l’un con l’altro: ci suona tanto di adepti,”per gli eletti”, settario,
soprattutto se guardiamo al fatto che la condanna espressa dalla Chiesa è nata
proprio a riguardo della difesa dei semplici.
Ad
ogni modo usano anche Radio Maria, con la compiacenza di Padre Livio,
per rendere pubblici questi scritti sconsigliati dalla Chiesa, definendoli
“ispirati” quando la Congregazione per la Dottrina della Fede ha deciso, per
ora, che non lo sono.
Se
Gesù parla “strano” e si dissocia dalla Chiesa
L’ambiguità
di queste parole è palese. Questo “Gesù” si esprime con pensieri strani, e
comprendiamo perché per ben due volte la Chiesa definisce questi diari o
quaderni come “pericolosi”. Sfogliando tutte le profezie dei mistici,
riconosciuti tali, mai un Gesù Signore si dissocia dalla Chiesa che “vediamo”.
Certo, Gesù mette in guardia sempre dai nostri peccati e dalle ombre che
gettiamo sulla Sua Sposa, ma non ha mai avanzato il dubbio che “Sarebbe
meglio allora che molte volte non la conoscesse. Dico che non conosce la Chiesa
così come Io l’ho fondata“; al contrario, Gesù, nel suo rapporto con
mistici e veggenti, solitamente cerca discepoli per riaffermare la credibilità
dell’unica Chiesa da Lui fondata e guidata (più che animata), non semplicemente
dal “suo” spirito, ma dallo Spirito Santo, Terza Persona della Trinità, che è
Uno col Padre e il Figlio. La beata Emmerick, per esempio, parla certamente di
ministri corrotti, perversi e pervertitori che guidano una “chiesa parallela”,
ma non mette mai in dubbio la Chiesa in quanto tale. Qui, invece, la Valtorta
dice ben altro, avanzando il dubbio che la Chiesa guidata da Pietro (intende
questo quando viene detto “suoi ministri”) non sia la stessa di quella fondata
da Cristo. E’ come se Cristo parlasse di un’altra Chiesa che la maggior parte
dei fedeli non conoscerebbe o che “ Sarebbe meglio allora che molte
volte non la conoscesse“. Il dubbio è palese e ci spinge a quella dottrina
protestante secondo la quale la vera Chiesa di Cristo sarebbe quella
“spirituale”, fatta dalla fede dei fedeli, e non quella retta dai ministri che
sono sì sempre passibili di tentazione – e in alcuni casi anche corruttori di
anime – ma anche “santi e santificatori”.
Ratzinger:
una condanna che non è presa alla leggera
Nel
1985, il cardinale Joseph Ratzinger, nella sua qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
risponde personalmente al quesito di un sacerdote genovese, interessato a
conoscere la posizione dell’autorità ecclesiastica circa l’Opera della
Valtorta; la risposta, come abbiamo detto, richiama il decreto del 1959 e un
articolo dell’Osservatore Romano, aggiungendo che la condanna «non fu presa
[rectius: decisa] alla leggera», sostenendo che l’Opera su Gesù è: “Una
vita di Gesù malamente romanzata“. La condanna non è rivolta alla persona,
ma deve essere fatta al fine di evitare i danni che tale
pubblicazione avrebbe potuto «arrecare ai fedeli più sprovveduti». Michele
Pisani, il laico che si prodigò alla prima stesura degli scritti, senza
attendere il parere della Chiesa e continuando la divulgazione anche dopo
l’esito negativo, addolcisce la pillola sostenendo che parlando di “fedeli più
sprovveduti”, si potrebbe sottintendere che nell’Opera non si trovano errori
propriamente eretici, giacché, in tal caso, essa sarebbe stata proibita a tutti
quanti i fedeli; analogo discorso può farsi per un ipotetico danno alla
moralità. Piuttosto la decisione presa dal futuro Papa riguarda propriamente
quelle censure di “opportunità”, proprio per evitare che i fedeli “più
sprovveduti” possano far sorgere in loro quegli stessi dubbi palesemente
presenti nell’Opera.
Il
mistero dell’approvazione di Pio XII e la lettera di Paolo VI
Le
fonti valtortiane sostengono che tutta l’Opera fu data all’allora pontefice Pio
XII, il quale, dicono, dopo averla letta, in una udienza privata a tre
serviti diede l’ordine di farla pubblicare “così come era” e di vietare ai
chierici la strumentalizzazione dei testi, e il divieto di censurare alcune
parti. Il Sant’Uffizio naturalmente sostiene che ciò non è vero, a chi credere?
Semplice:
se la risposta si fosse fermata al 1959, forse si poteva sospettare di
un’eventuale disobbedienza al Papa e di un’azione malevola del Sant’Uffizio, ma
il fatto che nel 1985 la Congregazione per la Fede, guidata da Ratzinger, si
espresse nel modo in cui abbiamo letto, appare ragionevole credere che Pio XII
non approvò mai l’Opera e forse non ebbe modo neppure di leggerla. Per il fatto
stesso che si parla di “udienza privata” (e guarda caso a tre serviti che
seguivano Maria Valtorta) non possiamo certo dire che la fonte sia più
attendibile di quella del pronunciamento della Congregazione per la Dottrina della Fede stessa. I valtortiani
esibiscono una lettera della Segreteria di Stato nella quale c’è scritto che
l’Opera donata a Paolo VI, nel 1974, ha ricevuto il “grazie del
Pontefice”. Questa, però, non è un’approvazione: il Papa riceve centinaia di
doni. Anche io conservo ben due di queste lettere-ricevute, dopo aver fatto
pervenire al Papa Giovanni Paolo II le foto della mia famiglia,
chiedendo la benedizione, e la sua segreteria ci rispose mandandoci anche la
corona del rosario, ma non mi sono mai illusa che il Papa l’abbia davvero letta
o che abbia visto le nostre foto.
Colombe
e serpenti. Magistero e vangelo piegati alla valtorta
Ma è
necessario anche ricordare che “sprovveduto” si dice di colui che non ha
dimestichezza o conoscenza di come funzionano le cose in un determinato
contesto; che non è in grado di capire un fenomeno, una situazione che si trova
ad affrontare. Talora, nell’accezione comune, si sottintende che chi è
sprovveduto è anche esposto a determinati rischi derivanti dalla sua ingenuità
o scarsa avvedutezza. Ci pare, allora, che, in un tal contesto, l’opportuna
“censura” sia stata provvidenziale: sprovveduti sono in generale un po' tutti i
cristiani, proprio perché, come battezzati, laddove si vive da veri cristiani,
si è resi “docili come colombi”. Anche per questo, tuttavia, siamo invitati ad
agire con l’astuzia dei serpenti.
Del
resto, che certa “astuzia” venga usata anche da chi cura le Opere valtortiane è
da loro detto: “Alcuni libri-estratti li abbiamo corredati di passi del
Vangelo, ed anche di documenti del magistero pontificio, che avallano e
rafforzano il valore della trattazione valtortiana.”
Il
sistema è, dunque, quello di piegare il Magistero e il Vangelo all’opera
valtortiana, una sorta di interpretazione che, evidentemente, all’allora
cardinale Ratzinger non è bastata per definirla “edificante e di aiuto ai
fedeli”. Al contrario, dichiarata “pericolosa” nonostante gli accostamenti
fatti al magistero e al Vangelo…
I
valtortiani che curano i suoi scritti ammettono: “L’opera di Maria Valtorta ha
dato prova, per decenni, di essere uno strumento di evangelizzazione nel mondo
intero. La Chiesa potrebbe ora servirsi delle nostre pubblicazioni per
intraprendere un suo esame, troppo a lungo rimandato, che faccia approdare ad
un riconoscimento”.
Dunque
non c’è un riconoscimento: la Chiesa fino ad oggi non si è servita di questa
Opera. A questo punto appare evidente che Pio XII non la approvò ordinando la
sua diffusione. Poiché ci preme l’unità della Chiesa, noi ci auguriamo di cuore
che riconoscimento arrivi, magari in un futuro: ci preoccupa tuttavia che molti
sacerdoti, per esempio, non leggono e non conoscono i santi, non conoscono il
Magistero Pontificio, non conosco neppure il catechismo, ma si dilettano
nell’opera valtortiana perseguendo una ostinata disobbedienza alle decisioni
prese dalla Chiesa.
Seminare
dubbi sul sant’Uffizio
Nel
Bollettino del luglio 2007, i valtortiani ammettono di agire in disobbedienza
alla Chiesa:
“Quando,
oltre sessant’anni fa, l’opera di Maria Valtorta veniva fatta circolare in
copie dattiloscritte, il Sant’Uffizio intimò ai Religiosi che se ne facevano
promotori di non pubblicarla prima che la competente Autorità ecclesiastica ne
avesse compiuto un accurato esame. Ben presto, però, si capì che l’accurato
esame non sarebbe mai iniziato, sia per la mole dell’opera, sia per la poca
predisposizione dei Revisori. La pubblicazione che uscì nonostante il
divieto, pur essendo dovuta all’iniziativa di un editore laico, fu
ritenuta dal Sant’Uffizio un atto di disobbedienza dei suddetti Religiosi, con
le ben note conseguenze.”. Non ci sembra un modo corretto di procedere:
tanto più che è falso e grave gettare il dubbio che “la competente Autorità non
avrebbe apportato un accurato esame…”. Conoscendo la pignoleria del
Sant’Uffizio nel 1950 e quella di Ratzinger nel 1985, poiché sappiamo di come
si sono occupati di altre questioni e, per esempio, degli scritti della
Emmerick, tutto ci fa credere piuttosto che i testi vennero letti e non
giudicati idonei e persino pericolosi. Si legge che la decisione “non fu presa
alla leggera”: se la conseguenza dei fatti è agire sapendo di disobbedire, ciò
ci fa pensare che questi testi non sono propriamente “celesti” e che la
Valtorta – noi pensiamo – non avrebbe mai accettato una situazione del genere,
ma avrebbe atteso il parere della Chiesa!
Processo
di beatificazione per la Valtorta: i vescovi dicono no
Se è
vero, poi, che l’unica Opera passata al vaglio dal Sant’Uffizio è proprio
quella più imponente, più letta e più importante, denominata “L’Evangelio come
mi è stato rivelato” – che nella prima edizione portava un’altro titolo: il
Poema dell’Uomo Dio, e che è stata definita “pericolosa per i più semplici”
– e che quest’opera è stata esaminata per ben due volte, appare evidente che
tutta l’Opera valtortiana non è affidabile riguardo al campo apologetico,
dottrinale e teologico. Almeno fino a quando la Chiesa non si pronuncerà
nuovamente e diversamente. E anche importante sottolineare che l’Ordine dei
Serviti, ai quali Maria era legata, ha chiesto di recente l’apertura del
processo di beatificazione: questa richiesta è stata rigettata da tutti vescovi
della Toscana. Tutti hanno dato parere negativo. Quindi, Maria Valtorta, in
questo momento, non è neppure dichiarata “venerabile”, sebbene il corpo fu
traslato dal cimitero ove venne sepolta nel 1961 alla Basilica di Santa Maria
Annunziata in Firenze nel 1973.
Qui
non si discute la sua personale santità, ma di regole calpestate, di venerabili
senza autorizzazione, di testi divulgati non soltanto senza l’imprimatur, ma,
proprio contravvenendo a ben due divieti della Congregazione per la Dottrina della Fede,
definiti “ispirati” quando per la Chiesa non lo sono.
È bene
ripetere e ricordare che tutti i sacerdoti e i laici che usano gli scritti
valtortiani per l’evangelizzazione, lo fanno in disobbedienza alla Chiesa,
servendosi di materiale “pericoloso e non idoneo” che la Chiesa non ha
approvato e che ha vietato di divulgare come “ispirato”.
Qui
non è in discussione la persona di Maria Valtorta, sia ben chiaro, ma ancora
una volta è in discussione la sua Opera scritta che la Chiesa non ha
riconosciuto! Non rischiamo di essere mai ripetitivi abbastanza quando ancora
nel 2007 leggiamo dal loro Bollettino: “Tutta questa storia, detta qui in brevi
cenni, è ben sviluppata nel libro intitolato Pro e contro Maria Valtorta, che
riproponiamo soprattutto a coloro che lo rifiutano perché ritengono, a torto,
che esso accolga per buone le maldicenze”.
Ma
come è possibile approvare chi dice male di Maria Valtorta?”.
L’ennesimo
errore, speriamo in buona fede: non si parla affatto “male” di Maria Valtorta,
ma si dice, con la Chiesa, che i suoi scritti non sono approvati come materiale
ecclesiale, teologico e dottrinale, e come “ispirazione divina”.
Il
fatto che ci possano essere, o ci siano, pareri favorevoli a questi scritti,
provenissero anche da cardinali o professori, non significa nulla: ciò che
conta è il parere della Chiesa; è la Chiesa che deve decidere quali siano i
testi da adottare per l’evangelizzazione; è la Chiesa che decide quali siano i
testi validi per la dottrina e per le catechesi. Il parere degli altri, per
quanto autorevoli, non può mai sostituirsi ad un’approvazione ufficiale!
Naturalmente
questo discorso vale per tutti e per tutto ciò che riguarda la Chiesa. Noi
stessi, per quanto fallibili con le nostre opinioni, stiamo cercando di
analizzare i fatti alla luce della disapprovazione della Chiesa e non alimentando
opinioni personali che ognuno potrà maturare per conto proprio, ma mai in nome
della Catholica.
Quel
nome che ancora non viene fatto…
Un’altra
volta “la voce” le avrebbe detto: “Quando la tua mano sarà ferma nella pace in
attesa di risorgere nella gloria, allora, solo allora verrà fatto il tuo nome”.
Dovremmo pensare che Maria Valtorta non è ancora nella gloria? Ovvio che no, ma
non è stata riconosciuta ancora, e i valtortiani sostengono che se il suo nome
non viene ancora “glorificato-beatificato” dipende dal fatto che ella non
voleva il culto alla sua persona. Questo, però, nessun santo lo vuole! Nessun
santo desidera che la propria fama oscuri il nome del suo Signore. E’ Dio a
decidere ed è la Chiesa docente ad interpretare le decisioni di Dio. Se il suo
nome non è ancora stato fatto, ossia, beatificato, di conseguenza ci è lecito
pensare che è Dio stesso a non volere questa divulgazione, stando proprio a ciò
che leggiamo. Attualmente il suo nome appare sì, ma come atto di disobbedienza
dei suoi seguaci, per loro stessa ammissione, come è scritto sopra.
Quale
santo ha mai detto “mi oppongo”?
Nel
novembre del 1944 Maria Valtorta scrive al suo sacerdote: “…mi oppongo formalmente
che della opera santa, data per gioia dei buoni e guida dei sacerdoti, sia
fatto uno studio umano… trattando il portavoce come “il caso clinico Valtorta”,
volendo tutto spiegare, e perciò ridurre ad un fenomeno psichico, tutto
spiegare, anche quello che altro non è che suprema, adorabile, paterna opera di
Dio, del Pastore e Padre al suo gregge. (…) Circa, poi, l’opera dettata da
Gesù, mi oppongo, e nella maniera più recisa, che vengano fatti studi di
una scienza che spogliata da non vere vesti appare quale è: razionalismo del
più schietto. No. Siate sacerdoti e non scienziati. Siate sacerdoti e non
politicanti. Siate sacerdoti, ossia umili e retti, e non superbi e spinti
sempre a dimenticare lo scopo: le anime, per il fronzolo: la soddisfazione di
fare un’opera scientifica lodata, citata, e commentata da altri della stessa
tempra.”
Parole
in sé sacrosante: siate sacerdoti e non politicanti…Attenzione, però: l’Opera
di cui parla è stata passata al vaglio dall’Autorità della Chiesa. Quale santo
o mistico ha mai detto all’Autorità della Chiesa che indagava “mi oppongo”?
La Chiesa ha il compito di “provare al crogiolo” soprattutto i mistici. San Pio
ci rammenta benissimo come occorre disporsi davanti all’autorità ecclesiastica:
con un “obbedisco” senza se e senza ma. E questa obbedienza ha rivelato la sua
vera grandezza e quella di altri come lui.
Disobbedisce
al Signore e guida il suo confessore, invece di farsi guidare
Dalle
lettere dell’aprile 1946 al suo sacerdote, appare una chiara contraddizione:
“Le
faccio presente che, anche dopo il permesso avuto da Nostro Signore di
dare a leggere pagine a chi sento bisognosi di questo fra i miei testimoni, io
non me ne sono valsa perché sempre più mi convinco che non c’è ubbidienza,
correttezza, prudenza, nella gente anche migliore. Non per colpa mia deve venire
il castigo. Io ubbidisco e ho ubbidito. Sempre…”.
Queste
affermazioni, teologicamente parlando, sono davvero ambigue se non persino
gravi: un santo, che riceve un permesso dal Signore, opera e basta, agisce, non
decide diversamente perché ritiene il genere umano scorretto e disobbediente. E
se il “castigo” doveva avvenire per causa (non colpa) sua? Chi è lei per
decidere diversamente dal permesso voluto da Cristo? Obbedisce o no? E a chi
obbedisce?
Appare
piuttosto evidente che Maria Valtorta agisce molto liberamente,
indipendentemente da tutti e da tutto; agisce secondo le sue decisioni, è lei a
decidere. Tutte le lettere indirizzate al suo confessore sono chiarissime in
questo senso: è lei che guida il suo confessore, non il contrario come dovrebbe
avvenire, e questo è davvero contrario a tutte le regole della vera mistica
(chi volesse capire cosa è la mistica si rilegga sul sito la prima tappa sulla
beata Katharina Emmerich). Una volta dice al suo sacerdote: “Ma non ha ancora
capito che è un momento in cui tutto il Male è contro l’Opera? Sia coraggioso,
prudente e paziente. Quando, e se, capisce che il Generale ha vero
interessamento e fede nell’opera, col suo aiuto cerchi di ottenere l’approvazione.”.
L’approvazione, però, non è arrivata. Contro l’Opera della Valtorta c’era il
Sant’Uffizio, cioè la Chiesa!
Cristo
può contraddirsi? Tutto è sempre al contrario nella Valtorta
Lievemente
grafomane. I quattro evangelisti in una ventina di pagine ciascuno raccontarono
la storia della salvezza. Questo “quinto evangelo” della Valtorta, per
raccontare apparentemente le stesse cose, abbisogna di 20 volumi
Il 28
gennaio del 1947 “Gesù” avrebbe dato a Maria Valtorta un nome maschile, con il
quale presentare la “sua” Opera, che molti discepoli valtortiani definirono
erroneamente il Quinto Vangelo. Cristo, a tal proposito avrebbe appunto detto:
“Non è un libro canonico. Ma è sempre un libro ispirato, che Io dono per
aiutarvi a comprendere ciò che fu il mio tempo di Maestro e a conoscermi”.
Perché, però, chiamare Maria Valtorta “piccolo Giovanni”, alludendo così ad una
continuazione con il Suo Vangelo? E’ altrettanto ambiguo che nel fare citazioni
dall’Opera come fonte si scriva “L’Evangelo n….” e, tuttavia, nello stesso
tempo, si precisa che non è un quinto Vangelo. Al di la di questo particolare,
resta palese che per “conoscere” Gesù dovremmo avere bisogno di leggere i
quaderni della Valtorta la quale, ha scritto di suo pugno, di non essersi mai
interessata ad altri testi teologici. Inoltre, se tale opera è “per i
semplici”, suona strano che la CdF abbia per ben due volte sottolineato che
tale Opera è “pericolosa” proprio per i semplici, sottolineato da chi è
diventato Papa: abbiamo due Cristi diversi – uno che ha ispirato la Valtorta e
uno che guida la Sua Chiesa attraverso il suo vicario – che si contraddicono?
In
verità la Valtorta era certamente un’anima pia e aveva letto libri spirituali
come Storia di un anima di santa Teresa di Lisieux ed era attiva
nell’Azione Cattolica. Fin dall’adolescenza aveva in cuore l’idea di
approfondire la fede cristiana: ciò che c’era a sua disposizione sembrava non
bastarle mai e voleva di più. Già da tempo le frullava per la mente di
scrivere, e scrivere tanto: aveva pure iniziato un romanzo femminile, ma non lo
completò mai.
Forse
è proprio questo “volere” a trarla in qualche inganno nella convinzione che il
Signore l’avesse prescelta proprio in ciò che ella desiderava di più al mondo:
conoscere la fede cristiana e scrivere. Solitamente, nei mistici, accade
proprio il contrario: è vero che fin da bambini sono “privilegiati”, ossia
preparati spesse volte da delle “visite” speciali di angeli custodi, di alcuni
santi, ecc., ma solitamente non sono i loro desideri che si avverano, se non
quello di un atto di consacrazione di se stessi a Dio nella verginità totale.
Riguardo ai “progetti”, è la “visione” che disvela lentamente il progetto di
Dio. Con la Valtorta ciò che colpisce è che tutto avviene sempre al contrario:
è la Valtorta che disvela il Cristo!
Quel
titolo – L’Evangelo – che nessun’opera di mistici ha mai rivendicato
per sé
C’è,
poi, un altro particolare. In molti casi, la donna non vede – non ha,
pertanto, delle visioni – ma scrive sotto dettatura, sostenendo che a dettare a
volte è Gesù, altre volte lo Spirito Santo, altre volte ancora l’angelo
custode, ecc. Maria Valtorta non vede, ma dice di “riconoscere le voce
come proveniente da Gesù… dallo Spirito Santo, ecc…”
E se è
Gesù stesso che dice che nulla può essere aggiunto e nulla può essere tolto
dalla Scrittura, perché chiamare l’opera maggiore della Valtorta L’Evangelo
come mi è stato rivelato? Un opera voluminosa: 10 volumi ed
oltre 600 capitoli per raccontare, senza dubbio, ciò che è già nei Vangeli, ma
aggiungendo anche molto di ciò che nei Vangeli non c’è. Anche la Beata
Emmerich, attraverso le sue visioni, fece trascrivere al Brentano ciò che
vedeva sulla vita di Gesù e Maria (la beata, sofferente come era, ed essendo in
estasi, non poteva scrivere, ma raccontava e poi spiegava), ma gli scritti
tratti dalle sue visioni non sono mai stati chiamati Evangelo. Più
semplicemente, infatti, sono stati intitolati La Passione di Cristo e la
Vita di Maria.
Strani
episodi e nuovi personaggi
Inoltre,
non ci sono episodi aggiunti ai racconti canonici, al contrario di quello che
accade spesso nell’Evangelo della Valtorta, come nel proemio V, dove,
nei racconti che precedono la Passione di Gesù, spunta una discepola velata col
nome di Anastatica. Tanto per rendere l’idea: “Gesù ha lasciato Betania insieme
a quelli che erano con lui, ossia Simone Zelote e Marziam. Ma ad
essi si è aggiunta Anastatica che, tutta velata, cammina di fianco a Marziam,
mentre Gesù è un passo indietro con Simone. Le due coppie camminano parlando.
Ognuna per conto proprio, e di ciò che più gli sta a cuore. Dice Anastatica a
Marziam, continuando un discorso già avviato: “Non vedo l’ora di conoscerla”.
Forse la donna parla di Elisa dei Betsur. “Credi, che non ero così
commossa quando andai alle nozze o fui dichiarata lebbrosa. Come la saluterò?”
E Marziam con un sorriso dolce e serio nello stesso tempo: ” Oh! Col suo vero
nome! Mamma!” – “Ma io non la conosco! Non è troppa confidenza? Chi sono io,
infine, rispetto a lei?” – “Ciò che ero io lo scorso anno. Anzi, tu molto più
di me sei! Io ero un povero orfanello, eppure lei mi ha sempre chiamato figlio,
dal primo momento, e una vera madre mi è stata. L’anno passato ero io che
tremavo d’orgasmo in attesa di vederla! Ma poi solo a vederla non ho tremato
più…”.
Poi il
racconto prosegue ancora con storie incomprensibili di queste persone. Giungono
alla casetta dove sta in attesa Maria, la Madre di Gesù, con tutti gli altri
discepoli: Gesù saluta la Madre da lontano e prende per mano Anastatica per
condurla a lei. Poi Gesù si avvia verso il Getsemani e si legge ancora: “E
dopo, Gesù invita sua Madre e Maria di Alfeo ad andare con Lui e con i
Discepoli per l’uliveto silenzioso”. Qui Gesù si mette a leggere una Lettera da
Antiochia a Pietro, desideroso di udirla per poterla raccontare subito alla
moglie appena rientrerà.
Insomma,
potremmo continuare e non essere lontani da ciò che disse l’allora Ratzinger
per mezzo del Sant’Uffizio: “Una vita di Gesù malamente romanzata“… E
anche se volessimo togliere il termine “malamente” , che esprime il giudizio
della Chiesa, l’opera è davvero una vita di Gesù “romanzata”.
Gesù
il vero autore dell’opera valtortiana?
Diverso
è un giudizio che si potrebbe dare ai cosiddetti “Quaderni”. Si tratta di
scritti da ricondurre esclusivamente alla mano della Valtorta, composti dal
1947 al 1953, nel corso dei 27 anni, in cui la donna rimase immobilizzata a
letto per una paralisi. Riportano quanto Maria ritiene “dettato” e quanto Maria
ritiene “visione”: 90 quaderni e circa 12mila pagine. Da questi scritti sono
state estrapolate quelle “visioni o dettati” sulla vita di Gesù e Maria e
riportate poi a parte in quell’Evangelo, cestinato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Mi viene
il sospetto che probabilmente sarebbe stato meglio lasciare i quaderni così
com’erano, senza estrapolare per farne ciò che viene definita l’Opera voluta da
Gesù. Secondo quanto rivelato in uno di questi quaderni – a quanto sostengono
anche i valtortiani definiscono – sarebbe stato Gesù stesso ad ordinare i
capitoli del libro e dei quaderni. Egli così avrebbe ordinato alla Valtorta: “E
ora, fa attenzione. Ti risparmio la descrizione della deposizione nel sepolcro,
che è stata ben descritta l’anno scorso, il 19 febbraio 1944. Così userai
quella, e (Padre Migliorini) alla fine metterà il lamento di Maria, che ho dato
il 4 ottobre 1944. Poi tu inserirai le tue nuove visioni. Sono nuove parti
della Passione e devono essere messe con molta attenzione ai loro posti per
evitare confusione e lacune.”
Meglio
Dan Brown… almeno spinge a cercare la verità per difendere la propria fede
Personalmente
ho letto l’Evangelo e non posso che definire il tutto “una vita
romanzata di Gesù”. Quanto agli errori teologici non mi sbilancio e non mi
pronuncio più di tanto: non è compito mio. Quel che penso è che nulla in
quest’opera può tornare “utile” alla fede: certo, questa è una mia impressione,
un mio giudizio, ma certi giudizi entusiastici che la descrivono come l’opera
letteraria più grande di questi tempi mi sembrano davvero eccessivi. In alcuni
punti – lo confesso – lo scritto mi appare persino noioso ed incomprensibile.
Se,
però, in un commento che la sostiene leggo testualmente: “Trattandosi di una
“Vita di Gesù”, quest’opera non lascia indifferenti e suscita sempre
appassionate reazioni. L’opera è così eccezionale che merita di essere
annoverata tra i capolavori della letteratura universale. Offre la materia per
un’inesauribile enciclopedia della vita di Gesù. Infatti quest’opera non solo
integra la totalità dei quattro evangeli, ma ne ricostruisce tutto il contesto
socioculturale (…)”, mi si conceda di dissentire e non solo perché la Chiesa si
è espressa diversamente sull’Evangelo, ma proprio perché è un errore definirla
una sorta di enciclopedia su Gesù. Inoltre, non è affatto un opera eccezionale,
ma è semmai un bel romanzo. Tanto per rendere l’idea, è un romanzo che
può appassionare e suscitare “reazioni diverse” come avvenne per il romanzo di
Dan Brown: non me ne vogliano i valtortiani per il paragone, ma perché non
impegnarsi allora sulla Salita al Carmelo di san Giovanni della Croce?
Perché non attenersi molto più semplicemente ai Vangeli? Perché non impegnarsi
sul Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena, che è Dottore
della Chiesa? Cosa è questa voglia, o questo prurito, di curiosare il dietro le
quinte dei Vangeli canonici?
Dan
Brown mi ha stimolato molto di più sulla difesa della mia fede; mi ha spinto a
cercare la verità ancora di più, a tentare di trovare delle risposte valide e
concrete alle assurde accuse che riportava, e naturalmente le ho trovate,
perché la Verità alla fine si fa scoprire. L’Opera della Valtorta, invece, non
mi ha dato gli stessi stimoli. Finita la lettura, l’ho vista per quello che
era: un romanzo, molto fantasioso in diversi punti, con un Gesù a volte
talmente sdolcinato da far temere il diabete che, d’un tratto, diventava un
Gesù severo che “non perdona”; con una Madre intenta a tenere viva la piccola
comunità di “fortunati” perché accolti dal Figlio che li porta a Lei, quando,
nei Vangeli canonici, è invece la Madre che segue il Figlio.
Se
Pilato si annoia…
Nell’Evangelo
valtortiano si legge: “«Sia flagellato» ordina Pilato a un centurione.
«Quanto?» «Quanto ti pare… Tanto è affare finito. E io sono annoiato. Va’» “.
Questo brevissimo esempio aiuta a capire cosa intendiamo per “romanzato”.
Pilato non era affatto “annoiato”; il racconto canonico ci mostra che egli era
“preoccupato”, ansioso di farla finita, sì, ma in un modo tale da mettere a
tacere i contendenti: i cristiani che difendevano Gesù e gli accusatori che
erano sempre “la sua gente”. Pilato si lava le mani non perché è annoiato, ma
perché, riconoscendo per ben tre volte l’innocenza di Gesù, non vuole
macchiarsi di sangue innocente e, al tempo stesso, non vuole mettersi “contro
Cesare”, contro i Rabbini che lo accusavano di offendere Cesare se non avesse
condannato Gesù. Piccole sfumature – d’accordo – ma, appunto, per questo si
tratta di “un romanzo” e non della “vita di Gesù”! Un Pilato “annoiato”
falsifica il ruolo stesso avuto da Pilato nella vicenda!
Qualcuno
dice della Valtorta: “Alcuni dotti l’hanno paragonata al genio di uno
Shakespeare”. Anche se fosse vero, a cosa mi serve uno Shakespeare per la
dottrina? Interessante il fatto che abbia riprodotto, nei racconti, angoli
nascosti nella Sacra Scrittura ma esistenti: va bene, ma a cosa mi serve? Per
provare che i racconti sono veri? Se la verità si fondasse solo su questo
perché le visioni della beata Emmerich sono state dichiarate autenticamente
ispirate e questi no? Un motivo ci sarà!
Mi
sembra più saggio parlare di complessità e di enigma. Una complessità al
momento risolta dal pronunciamento della Congregazione per Dottrina della Fede sull’Opera e di un enigma, che
riguarda la personalità della Valtorta, e che, a Dio piacendo, magari si
risolverà in futuro.
Né
“Gesù dice…”, né “Maria dice…”
Come
abbiamo accennato sopra, la Valtorta attribuisce a Gesù stesso l’Opera. Così,
però, si espresse il Sant’Uffizio e così fu riportato da Ratzinger nel 1985:
“L’Opera,
dunque, avrebbe meritato una condanna anche se si fosse trattato soltanto di un
romanzo, se non altro per motivi di irriverenza. Ma in realtà l’intenzione
dell’autore pretende di più. Scorrendo i volumi, qua e là si leggono le parole
‘Gesù dice…’, ‘Maria dice…’; oppure: ‘Io vedo…’ e simili. Anzi, verso
la fine del IV volume (pag. 839) l’autore si rivela… un’autrice, e
scrive di essere testimone di tutto il tempo messianico e di chiamarsi Maria
(Valtorta)”.
Queste
parole fanno ricordare che, circa dieci anni fa, giravano alcuni voluminosi
dattiloscritti, che contenevano pretese visioni e rivelazioni. Consta che
allora la competente Autorità Ecclesiastica aveva proibito la stampa di
questi dattiloscritti ed aveva ordinato che fossero ritirati dalla circolazione.
Ora li vediamo riprodotti quasi del tutto nella presente Opera. Perciò
questa pubblica condanna della Suprema S. Congregazione è tanto più opportuna,
a motivo della grave disobbedienza…”.
Maria
seconda a Pietro. La disobbedienza di un consultore dell’ex sant’uffizio
L’irriverenza
a cosa è dovuta? A questo passo che riporto sempre dal Decreto ufficiale:
Nel II
vol. a pag. 772 si legge: “Il Paradiso è Luce, profumo e armonia. Ma se in esso
non si beasse il Padre, nel contemplare la Tutta Bella che fa della Terra un
paradiso, ma se il Paradiso dovesse in futuro non avere il Giglio vivo nel cui
seno sono i Tre pistilli di fuoco della divina Trinità, luce, profumo, armonia,
letizia del Paradiso sarebbero menomati della metà”. Qui si esprime un concetto
ermetico e quanto mai confuso, per fortuna; perché se si dovesse prendere alla
lettera, non si salverebbe da severa censura. Per finire, accenno ad un’altra
affermazione strana ed imprecisa, in cui si dice della Madonna: “Tu, nel tempo
che resterai sulla Terra, seconda a Pietro ”come gerarchia ecclesiastica…”.
La
Vergine Maria, come ben sappiamo dalla dottrina non è nella “gerarchia” ma è
dentro la Chiesa quale Madre della Chiesa e non Ministro, neppure paragonabile
al ruolo di Pietro, e ciò dimostra che l’autorità ecclesiale aveva ben letto
l’Opera.
Qui si
apre un aspetto inquietante, che è tipico del tempo della grande confusione
degli anni ’70. Riporto dal Documento di difesa valtortiano, l’unica “difesa”
più autorevole che hanno avuto:
“Padre
Roschini, dei Servi di Maria, aveva letto l’Opera della Valtorta dopo molti
anni di diffidenza e ne era rimasto conquistato, fino a farne materia
d’insegnamento in un corso di lezioni alla Pontificia Facoltà teologica Marianum
di Roma. Da quelle lezioni nacque il suo libro, uscito nel 1973 e presto
esauritosi, nel quale egli ripercorreva la teologia di Maria sui testi
di una delle più grandi mistiche contemporanee”.
L’Autore,
deceduto nel 1977, insegnava anche nella Pontificia Università Lateranense. Era
Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Congregazione
per le Cause dei Santi. Insomma, un nome che era una garanzia per
l’epoca.
Ecco,
di fronte a questi fatti uno davvero si ferma e si arrende, ma non per aver
trovato le prove che cercava, ma si arrende di fronte alla disobbedienza fatta
passare per virtù.
Questo
sacerdote, contravvenendo ad una condanna del Sant’Uffizio, e consultore egli
stesso della medesima Congregazione – e qui sta l’aggravante non certo il
merito – non solo si fa promotore di un’opera condannata dalla Chiesa, ma la
impone come argomento di insegnamento. Ne ricava persino un libro, ci guadagna
pure e, probabilmente – anche se su questo non siamo certi – senza dire agli
studenti che tale opera era stata vietata dalla Santa Sede. Si sa, purtroppo:
eravamo negli anni della contestazione, gli anni del Catechismo Olandese, della
contestazione alla morale cattolica, contro la Humanae Vitae, gli anni
in cui il Papa denunciava che il fumo di Satana era entrato nei Sacri Palazzi,
gli anni della fede fai da te… a chi importava cosa diceva il
Sant’Uffizio?
Non è
da sottovalutare che, anni dopo, l’allora card. Ratzinger abbia sorvolato sul
comportamento del Roschini e, soprattutto, sulla sua posizione in favore dello
stesso all’Opera valtortiana, e nel 1985, otto anni dopo la morte del consultore
del Dicastero di cui egli è il Prefetto, nega ancora una volta l’ispirazione
divina dell’Opera, usando il testo del 1959 del Sant’Uffizio.
La
mariologia secondo la Valtorta: ci sono lacune nei Vangeli. La risposta
indiretta di J. Ratzinger
Trovo
piuttosto indicativo che nel suo testo del 1997, Maria Chiesa nascente,
il card. Ratzinger, fra le mille citazioni che fa, non usa mai né la mariologia
della Valtorta, né il libro così tanto venduto sulla mariologia di un suo
“collega” che a quell’Opera si rifaceva! Anzi, il futuro Papa sembra riportare
in questo testo la vera mariologia della Chiesa ripulita da tante altre pretese
“mariologiche” di quegli anni.
Facciamo
un esempio concreto di questa “mariologia valtortiana”. Innanzi tutto essa, dice
padre Roschini, “è nuova” e come esempio fa questa citazione : “Restituire
nella loro verità le figure del Figlio dell’Uomo e di Maria, veri figli di
Adamo per la carne e il sangue, ma di un Adamo innocente” (l’Evangelio vol. X,
p. 362). Una frase davvero ambigua. Cosa intende per nuovo? Lo spiega il
Roschini in questo modo inaccettabile: “Si tratta perciò di restaurare,
oltreché la figura di Cristo, la figura di Maria. Il motivo di questo restauro
della figura di Maria va ricercato nelle evidenti lacune che riscontriamo,
nei libri canonici, riguardo a Maria SS. «Io, detta Gesù alla Valtorta, ero
nei Vangeli già sufficientemente descritto, in un minimo capace di bastare alla
salvezza dei cuori. Maria SS. era poco nota; la sua figura era appena disegnata
con linee incomplete che troppo di Lei lasciano in ombra. Ecco: lo l’ho
svelata. Ed Io te l’ho data questa perfetta storia di mia Madre, o Ordine che
ti fregi del nome di Maria… E’ gloria dell’Ordine, questa…» (Dettato del 6
gennaio 1949)”.
I
Vangeli Canonici hanno delle lacune? Stiamo forse pazziando?
Riguardo
a Maria Santissima, non ci sono delle lacune, ma “assenze volute”. Nella
Scrittura nulla è scritto a caso, nulla può esservi aggiunto, nulla può essere
tolto, Gesù ora si contraddice e parla di lacune, di “linee incomplete”? La
Sacra Scrittura contiene tutto: semmai deve esserne svelato ancora pienamente
il contenuto, come succede, per esempio, con l’Apocalisse, avvolta nel mistero,
e non ancora pienamente rivelata nella sua comprensione, nell’interpretazione.
La Scrittura, però, non contiene lacune, né è incompleta! A pag. 63 di Maria
Chiesa nascente, Ratzinger dice:
“Maria
ha vissuto così profondamente nella parola dell’Antica Alleanza, che questa è
divenuta in modo del tutto spontaneo la sua propria parola. La Bibbia era così
pregata e vissuta da Lei, era così ruminata nel Suo cuore, che Ella vedeva
nella Parola Divina la sua stessa vita… e la Sua parola si era unita a quella
di Dio…”. Non ci sono, dunque, lacune: ci sono piuttosto possibilità per approfondire
ciò che, contenuto nella Bibbia, è ancora per noi velato, ma non incompleto o
assente.
Il
parallelismo Eva-Maria: se la Valtorta insegna anche ai Padri della Chiesa…
Dice
Roschini: “Cosi, tanto per fare un esempio, il celebre e classico parallelismo
Eva-Maria in nessuno dei Padri e degli Scrittori Ecclesiastici, e neppure nei
Padri e Scrittori presi complessivamente, ha uno sviluppo così seducente, ampio
e completo come negli scritti di Maria Valtorta”.
Confesso
che sono scandalizzata e senza parole. Il parallelismo “Eva-Maria” è proprio
sviscerato in modo completo, dai Padri, specialmente orientali. Questi Padri
insegnano: “Questo contrasto tra la Madonna ed Eva la Chiesa lo vede espresso
nel fatto che la parola Ave è l’inversione della parola Eva, come cantiamo
nell’Inno Ave Maris Stella: Sumens illud ave (…) Mutans Evae nomen/ Accogliendo
quell’Ave (…) trasformando il nome di Eva… E la Chiesa considera che
come Ave è l’inversione di Eva, la Madonna converte in benedizione tutte le
maledizioni di Eva”.
Questo
contrasto tra la Madonna ed Eva, la Patristica lo espone, inoltre, come
contrasto tra una vergine sciocca ed una vergine prudente, una donna superba ed
una donna umile: la prima che fa assaporare dell’albero della morte, la seconda
che fa assaporare dell’albero della vita; la prima l’amarezza di un cibo
velenoso, la seconda la dolcezza di un Frutto Eterno. Se sviluppo viene fatto
dalla Valtorta, questo non può che partire da queste fondamenta. Se non partisse
da queste, e dunque non unendosi alla ricchezza della Patristica, sarebbe
piuttosto la prova di una ambigua mariologia.
Altro
campanello d’allarme è il completo silenzio di Giovanni Paolo II
sull’Opera valtortiana. E’ vero, egli non la condanna se non approvando la
decisione presa da Ratzinger Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Tuttavia, è significativo che,
in ben 25 anni di Pontificato, il Papa “di Maria”, del Totus Tuus, non
cita mai, neppure una volta, “la Maria” dell’Opera valtortiana.
Quegli
appigli dei valtortiani su fatti irrilevanti. La riposta chiara della Chiesa
Fa
discutere il fatto che i valtortiani si appellino all’abolizione della
soppressione del Decreto in base a quanto da essi riportato:
“Nei
confronti del diritto: L’Indice è stato una misura disciplinare della Chiesa, soppresso
inizialmente in diritto nel 1966 poi in conseguenza del suo decreto
d’applicazione”. E’ vero: la soppressione dell’Indice (Index) c’è stata, ma
loro dimenticano che c’è stata una ricondanna nel 1985 e non già la messa
all’Indice, ma proprio una ri-valutazione negativa.
Altra
scusa che mettono avanti è questa: “Essa (la condanna) proveniva da una
congregazione della Chiesa, il Sant’Uffizio, ma non dal suo magistero infallibile
riservato esclusivamente al Papa (ciò che avrebbe reso impossibile la sua
abolizione)”.
Questa
scusa è davvero inaccettabile. In primo luogo, perché il pronunciamento del
Sant’Uffizio era legittimo. Quando poi il Sant’Uffizio divenne Congregazione
per la Dottrina della Fede, ai sensi del decreto “Integræ Servandæ” di Papa
Paolo VI, il 7 Dicembre 1965, questa si ri-espresse sull’argomento nel 1985,
nella persona del suo Prefetto. In secondo luogo, perché le disposizioni del
Sant’Uffizio o della CdF sono valutazioni in materia dottrinale che
appartengono all’infallibilità della Chiesa perché sono pronunciamenti
ufficiali che vengono sottoposti al Papa prima di essere firmati
definitivamente…
Un
testimonial di origine francese usato dai valtortiani per dimostrare la
veridicità delle loro indagini, dice:
“Certi
detrattori dell’Opera di Maria Valtorta utilizzano, come argomento per
sconsigliarne la lettura, la messa all’Indice del 1959 da parte del
Sant’Uffizio, senza valutarne la prevalente motivazione disciplinare, provocata
dal comportamento imprudente di alcuni religiosi, e senza riferire sugli
attestati che ecclesiastici di alto rango hanno rilasciato in merito a
quest’Opera, che per lo meno non contiene nulla contro la fede e la morale”.
Ma il
1959 fu solo l’inizio della negazione da parte della Chiesa. In risposta a
questo e ad ogni tentativo di sminuire quella data, c’è proprio il testo
dell’allora cardinale Ratzinger che toglie ogni dubbio. Egli scrivendo al cardinale
Siri, di Genova, a riguardo di un frate cappuccino, che chiedeva
chiarimenti in merito a tale condanna e a riguardo proprio dell’abolizione
dell’Index, così rispondeva:
“…dopo
l’avvenuta abrogazione dell’Indice, sempre sull’Osservatore Romano, 15 Giugno
1966, si fece presente quanto pubblicato su A.A.S. (1966) che, benché abolito,
l’Index conserva tutto il suo valore morale per cui non si ritiene
opportuna la diffusione e raccomandazione di un’Opera la cui condanna non fu
presa alla leggera ma dopo ponderate motivazioni al fine di neutralizzare i
danni che tale pubblicazione può arrecare ai fedeli più sprovveduti”.
Bisogna
essere davvero in malafede per spacciare ancora l’Opera come approvata e
innocua!
Pure
Mons. Tettamanzi dice no alla soprannaturalità dell’opera…
La
posizione della Chiesa sulle rivelazioni private si precisa ulteriormente
quando il cardinale Ratzinger, davanti all’aumento d’interesse per l’opera di
Maria Valtorta, chiede al Segretario della Conferenza Episcopale Italiana di
prendere contatto con l’Editore delle Opere valtortiane per chiarire per
l’ennesima volta la posizione della Chiesa. Ecco la lettera inviata:
“Conferenza
Episcopale Italiana Prato N. 324/92 Roma, 6 maggio 1992
Stimatissimo
Editore. In
seguito a frequenti richieste, che giungono anche a questa Segreteria, di un
parere circa l’atteggiamento dell’Autorità Ecclesiastica sugli scritti di Maria
Valtorta, attualmente pubblicati dal “Centro Editoriale Valtortiano”, rispondo
rimandando al chiarimento offerto dalle “Note” pubblicate da “L’Osservatore
Romano” il 6 gennaio 1960 e il 15 giugno 1966.
Proprio
per il vero bene dei lettori e nello spirito di un autentico servizio alla fede
della Chiesa, sono a chiederLe che, in un’ eventuale ristampa dei volumi, si
dica con chiarezza fin dalle prime pagine che le “visioni” e i “dettati” in
essi riferiti non possono essere ritenuti di origine soprannaturale, ma devono
essere considerati semplicemente forme letterarie di cui si è servita l’Autrice
per narrare, a suo modo, la vita di Gesù.
Grato
per questa collaborazione, Le esprimo la mia stima e Le porgo i miei rispettosi
e cordiali saluti.
+ Dionigi Tettamanzi – Segretario Generale CEI”.
L’Opera
valtortiana traduce questo ultimo Documento come una sorta di “imprimatur con
la condizionale”, poiché non si nega più la pubblicazione ma si impone solo un
chiarimento e, dunque, la pubblicazione è consentita.
Essi
dicono: “Si noti che il testo non dice che le visioni di Maria Valtorta “non
sono” di origine soprannaturale (il che costituirebbe una dichiarazione
ufficiale di non soprannaturalità), ma “non possono … devono”. La Chiesa
non si pronuncia (non constat), sulla loro origine, ma indica come bisogna
accogliere queste rivelazioni private”.
Ma
questo ragionamento è perverso e pervertitore!
Si
ripete eccome la negazione circa la soprannaturalità dell’Opera “non possono
essere ritenuti di origine soprannaturale … ma devono essere considerati
semplicemente forme letterarie “. Essa non è soprannaturale: punto e basta.
E’ inutile cercare cavilli. Inoltre, viene sottolineato di avvisare i lettori
che tale opera è privata e che in essa è scritta “a modo suo la vita di Gesù“:
non mi sembra affatto una promozione. In tempi come quelli in cui
viviamo, la Chiesa non ha più alcun ascendente sulle case editrici e chiunque è
libero di pubblicare ciò che vuole: solo che, anche nel 1992, è chiaro che si
ripete la negazione all’approvazione dell’Opera di Maria Valtorta. La
perversione di questo tiramolla sta nel fatto che il Centro Valtortiano, fatto
naturalmente da chi pretende di dirsi cattolico, sente il bisogno di ottenere
in qualche modo l’ufficialità per l’Opera che pubblica e magari anche la
beatificazione della sua autrice, ma non ci riesce e, di conseguenza, da una
parte chiede i permessi, dall’altra continua ad agire come le pare, spacciando
un romanzo per una rivelazione soprannaturale e continuando ad ingannare i
fedeli sprovveduti. Perciò, quando i valtortiani dicono: “Maria Valtorta,
chiamata ‘piccolo Giovanni’, non ha scritto un quinto Vangelo, ma ha sviluppato
e illustrato, per divina ispirazione, i quattro Vangeli canonici”,
occorre rispondere: “no”. La verità è che la Chiesa ha rigettato questa
conclusione. Da 50 anni la Chiesa sostiene che la Valtorta non ha scritto sotto
ispirazione divina ma a modo suo: ha semplicemente composto una “vita
romanzata” di e su Gesù.
La
posizione della Chiesa: più chiara di così…
Diciamo
che sull’argomento la Chiesa è stata chiarissima fin dal 1959. Si è espressa
“papale, papale”, come si diceva una volta per affermare la chiarezza delle
disposizioni della Santa Sede. Notiamo piuttosto che sono i discepoli, seguaci
della Valtorta che agiscono da 53 anni con frode, grave disobbedienza,
insolenza, insubordinazione… Agiscono da 53 anni come vogliono; hanno diffuso
in tutte le lingue l’Opera contro le prime decisioni della Chiesa: per fare ciò
hanno dato origine ad un centro editoriale apposito; hanno ingannato centinaia
di fedeli sprovveduti, presentando l’Opera come approvata dalla Chiesa e
sostenendo che Pio XII l’aveva approvata, idem Paolo VI, salvo poi ammettere
loro stessi che l’Opera attende ancora il riconoscimento. Riconoscendo, dunque,
di agire in disobbedienza alle richieste della Chiesa, hanno incantato centinaia
di sacerdoti e laici parlando di “divina ispirazione” contro il parere della
Chiesa che, interpellata ancora ufficialmente fino al 1992, ha continuato a
dire che questa opera “non è ispirata”. Eppure essi pretendono ancora
l’approvazione ufficiale cercando di ottenerla, arrampicandosi sugli specchi di
giustificazioni inaccettabili… da ben 53 anni.
La
Chiesa ha, dunque, parlato: se certi cattolici sono sordi e ciechi non si dia
colpa alla Santa Sede e non si dica che questa alla fine ha approvato, magari
perché stanca di questo tira e molla di mezzo secolo…
Ma chi
l’ascolta più la Chiesa, oggi? Chi obbedisce più alle sue regole? alla sua
disciplina? Che fine ha fatto la virtù dell’obbedienza?
Il
compito del magistero: difendere la fede
“E’
compito del Magistero ufficiale della Chiesa difendere autoritativamente
l’integrità cattolica e l’unità della fede e dei costumi. Da ciò derivano
alcune funzioni peculiari, le quali, anche se a prima vista sembrano presentare
un carattere piuttosto negativo, costituiscono tuttavia un ministero positivo
per la vita della Chiesa, e cioè: “l’ufficio di interpretare autenticamente la
Parola di Dio scritta o trasmessa” (DV.10); la condanna di opinioni
pericolose alla fede e ai costumi propri della Chiesa; l’insegnamento di
verità più attuali nel presente tempo (..)” (C.T.I 1975).
È la
Chiesa che stabilisce quali siano i libri “edificanti” e di aiuto alla fede per
i singoli fedeli; non spetta ai discepoli di un presunto mistico o mistica
disattendere alle decisioni prese dalla Santa Sede e di agire contrariamente a
quanto da Essa è stato decretato. Ricordare sempre che le decisioni prese della
Chiesa: “anche se a prima vista sembrano presentare un carattere piuttosto
negativo, costituiscono tuttavia un ministero positivo per la vita della
Chiesa!”
Chi
vuole davvero bene alla Chiesa e, nello stesso tempo, è devota di
persone indicate come mistiche, lo dimostri obbedendole, attenendosi
filialmente alle sue disposizioni. E se questo procurerà dolori per certi aspetti,
per altri, invece, l’obbedienza sofferta sarà origine di grazie divine e di
unità.
Fonte:
Tea Lancellotti, Papalepapale, 28 aprile 2012)
http://www.papalepapale.com/develop/la-valstorta-jaccuse-sulla-valtorta-meglio-leggere-dan-brown/