L'ex parlamentare Eugenia Roccella, in un suo articolo su Il Foglio, analizza la situazione politica dei cattolici e fa delle proposte per uscirne. Esattamente contrarie a quanto affermato dall’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, inaugurando la Scuola Nazionale di Dottrina sociale della Chiesa organizzata dalla Bussola e dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân.
L'ex parlamentare Eugenia Roccella, in un suo articolo su Il Foglio di giovedì scorso 14 ottobre, analizza la situazione politica dei cattolici e fa delle proposte per uscirne. Vale qui la pena prenderle in esame perché tali proposte sono esattamente contrarie a quanto affermato dall’arcivescovo Giampaolo Crepaldi la sera dello stesso giorno (leggi qui una sintesi) inaugurando la Scuola Nazionale di Dottrina sociale della Chiesa organizzata dalla Bussola e dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân [iscrizioni ancora aperte, clicca qui].
Roccella dice: se il mondo diventerà post umano, allora sarà anche post
cristiano. Crepaldi dice: se il mondo diventerà post-cristiano, allora
sarà anche post-umano. Roccella dice ai cattolici che “bisogna inserirsi nei
guasti della nuova antropologia” e non creare “sette spaventate” e “circoli
chiusi e asfittici”. Crepaldi, invece, dice che bisogna tirarsi fuori
dall’attuale sistema, creare una nuova società civile cattolica non per
chiudersi nel piccolo perimetro ma per ricominciare a parlare di politica a
partire dalla fede, ossia per esprimere politici cattolici e non cattolici
politici.
Roccella mette al centro la questione antropologica, come questione di ragione,
e da lì vuole risalire alla questione teologica, come questione di fede.
Crepaldi mette al centro la questione teologica e da lì vuole scendere alla
questione antropologica. Per dirla con Augusto Del Noce: “il processo deve
andare dalla fede alla ragione”, perché, come scriveva Gilson: “la ragione non
basta alla ragione”.
Benedetto
XVI, che Eugenia Roccella cita, ha più volte denunciato che il problema è la
questione antropologica, ma ha anche sempre detto che la ragione ormai
estenuata, giunta ad essere solo capace di misurare quantitativamente e non più
a leggere qualitativamente la realtà, non si riprenderà da sola, se non con
l’aiuto della fede.
Quanto al tentativo del cardinale Ruini di dire ai cattolici politici di
militare pure nei vari partiti ma poi di convergere in Parlamento sulle leggi
connesse con la questione antropologica, può dirsi fallito non solo perché tale
convergenza non è mai avvenuta ma anche perché nel frattempo si sono molto diradati
gli stessi cattolici politici.
La causa di ambedue questi esiti negativi è la presunzione di
vedere allo stesso modo la questione antropologica quando ormai non si vedeva
nello stesso modo nemmeno la fede cattolica. È quindi assurdo pensare di ricostruire
una presenza cattolica partendo dalla questione antropologica, ad essa si
arriverà dopo aver ricostruito una unità di fede e, soprattutto, dopo essersi
chiariti che la fede cattolica può produrre razionalità politica. Cosa questa
molto lontano dall’essere condivisa ormai da una grande parte della stessa
teologia cattolica ufficiale e dalla nomenclatura ecclesiastica.
Roccella
sbaglia nell’attribuire alla proposta Dreher dell’opzione Benedetto la scelta delle “catacombe”
e la costruzione di uno spirito di setta. Anche l’arcivescovo Crepaldi ha fatto
una proposta similare a quella di Dreher ma, come anche Dreher del resto, si è
premurato di precisare che queste nuove realtà di una presenza politica
cattolicamente coerente che si vedono nascere qua e là motivate dalla voglia di
uscire dal sistema, avranno un futuro se sapranno continuare a pensare anche in
universale, sia in senso politico che in senso ecclesiale. Ma rimanendo dentro
il sistema la cosa diventa impossibile.
Il
vescovo Crepaldi coglie una dimensione che, mi sembra, sfugga ad Eugenia
Roccella. Si
è consolidato un sistema istituzionale, politico, culturale, dei grandi media,
della scuola pubblica, dei sindacati, degli iper-finanziati think-thank
nazionali e internazionali che si chiude a riccio e reagisce con forza quando
qualcuno vuole essere un politico cattolico. Quando invece uno si limita ad
essere un cattolico politico, non legando la sua politica alla sua fede
essenzialmente ma solo accidentalmente, nessun problema … basta metterlo a suo
agio nel sistema con il criterio del male minore da preferire ad un male
maggiore, e così accetterà tutto con la coscienza in pace. Purtroppo a questo
sistema sembra essersi legata anche gran parte dei vertici della Chiesa.
Da
qui nasce – e il vescovo Crepaldi ne ha ben parlato – una notevole voglia di
“tirarsi fuori” non per scendere nelle catacombe, ma per ricostruire qualcosa
di coerentemente nuovo, non per lasciare la politica a se stessa ma per poterla
condizionare in modo coerente. Esperienze di questo genere stanno nascendo
senza fare molto rumore, ma con impegno.
Una
dimostrazione evidente dell’esistenza del sistema è proprio la politica
vaccinale e del green pass. Perfino
i sindacati hanno accettato il ricatto del potere per poter lavorare, in
assenza di qualsiasi emergenza. Roccella sbaglia un’altra volta quando
interpreta – anche lei come tanti altri, purtroppo – la resistenza cattolica
alla vaccinazione impositiva e al green pass ricattatorio come espressione di
“minoranze esagitate” che ella assimila addirittura all’individualismo
narcisistico de “il corpo è mio e le gestisco io”. Collegamento inaccettabile
perché, come spesso si è detto su queste pagine (vedi
qui), lo scopo di questa resistenza cattolica è proprio di ribadire la
necessità dell’indisponibile, che Roccella concorda essere la cosa principale
che oggi viene a mancare.
(Fonte:
Stefano Fontana, LNBQ, 17 ottobre 2021