Si è svolta lo scorso 13 gennaio presso sala Voltini del Centro Culturale Cappuccini di Argenta una tavola rotonda sul tema «Dialogo: un ponte che unisce – È possibile un dialogo fra religioni e omosessualità?», patrocinato dal Comune. Tra i relatori, erano presenti il presidente Arcigay di Ferrara, Manuela Macario, il coordinatore del centro culturale islamico, Hassan Samid, e don Alessio Grossi, psicanalista e referente del Consultorio diocesano, parroco della chiesa di San Giacomo apostolo a Ferrara, inviato all’evento dall’arcivescovo, mons. Giancarlo Perego, a nome del quale ha ripetutamente dichiarato di parlare.
Il
che complica un po’ le cose, specialmente in alcuni passaggi particolarmente
critici dell’intervento di don Grossi. Ad esempio, laddove affronta quella che
lui definisce, all’interno della Chiesa, «la posizione forse più conosciuta,
quella più conservatrice, tradizionalista», come se, all’interno del Corpo
Mistico di Cristo, vi fosse spazio in merito per l’opinione e non vi fosse
invece già una dottrina unica ben codificata e consolidata, valida per tutti.
Ebbene, il relatore ha specificato come, a suo avviso, tale «posizione»
veda «non tanto nell’omosessualità quanto negli atti omosessuali un qualcosa
contro natura», ma sbaglia nel bollarla come «ideologico-religiosa»,
fonte di «discriminazione» e tale da provocare «sofferenza in tante
persone, in tante comunità, in tante famiglie». È vero proprio il
contrario. Innanzi tutto, come precisa il Catechismo della Chiesa
Cattolica al n. 2357 è una posizione fondata «sulla Sacra Scrittura»
e non è il frutto di un’ideologia, di alcun tipo. Inoltre, a differenza di
quanto da lui dichiarato, anche le «tendenze omosessuali» vengono
definite, in sé considerate, come un’«inclinazione oggettivamente
disordinata» (Catechismo, n. 2358), benché certamente più gravi
siano «gli atti di omosessualità» in quanto «intrinsecamente
disordinati», «contrari alla legge naturale» ed, in quanto tali,
certamente non da assecondare, né da “coccolare”. In questo senso, parlare –
come fa don Grossi – di «carisma omosessuale» è veramente fuorviante,
oggettivamente infondato e tendenzialmente scorretto, dando per scontato che
don Grossi il Catechismo lo conosca.
Massimo
rispetto e massima comprensione per la persona in quanto tale, come è sempre
stato e come la Chiesa ha sempre fatto, persona da accogliersi «con
rispetto, compassione, delicatezza», evitando «ogni marchio di ingiusta
discriminazione», ma anche indicando con chiarezza la strada da percorrere,
perché si possa essere e ci si possa dire davvero cattolici: «Tali persone
sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e, se sono
cristiane, ad unire al sacrificio della Croce del Signore le difficoltà, che
possono incontrare in conseguenza della loro condizione».
Già
da qui appare allora infondata l’entusiastica uscita ad effetto di don Grossi
all’inizio del proprio intervento: «La Chiesa Cattolica presenta posizioni
molto diverse, a volte anche contrastanti». Non è vero: in quanto Chiesa,
di posizione ce n’è una molto chiara, molto definitoria ed è quella contenuta
nei due articoli del Catechismo citati, validi e vincolanti
per tutti. Che poi i singoli fedeli possano avere le proprie idee, giuste o
sbagliate che siano, è fatto che in sé non tocca la dottrina cattolica, che
viceversa è unica.
Don
Grossi definisce poi sbrigativamente «follie» le «terapie riparative»,
ma anche qui è bene capire di che cosa si stia parlando. Il percorso di
cambiamento in genere proposto, in realtà, non consiste nell’estirpare,
sopprimere o negare l’orientamento sessuale indesiderato, bensì in un processo
di maturazione globale della personalità, in una migliore conoscenza ed
accettazione dei propri limiti e delle proprie possibilità, in una vita di
relazione più piena e non più dominata dalla paura e dalla vergogna.
L’approccio clinico, quindi, può aiutare persone con – come si dice – un’«identità
di genere» ferita, indipendentemente dal fatto che questo problema si manifesti
con un’attrazione omosessuale o con un altro tipo di sintomo, come evidenziano
vari tipi di approcci sviluppatisi soprattutto negli ultimi decenni. In ciò non
vi è nulla di “folle”, nulla di strano, nulla di scandaloso, anzi rappresenta
un valido aiuto proprio per elaborare quella capacità di relazione matura e
quel riconoscimento di un’alterità, che lo stesso don Grossi auspica per le
persone omosessuali. Una mano tesa, dunque, non un ostacolo. Così, quando
il Catechismo spiega come la loro «inclinazione»
costituisca «per la maggior parte di loro una prova» (n. 2358) non si
tratta di gettare la croce addosso a nessuno, bensì di sollecitare una presa di
coscienza ed un’assunzione di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri,
che fa crescere, che fa maturare, che migliora, non qualcosa di cui la Chiesa
debba quindi «chiedere perdono», come don Grossi ha azzardato,
specificando di accompagnare «in un cammino di fede anche alcune coppie, sia
di uomini che di donne». Ora, se con ciò si riferisce a coppie omosessuali,
di fatto don Grossi sta ripensando una morale slegata dalla dottrina. Il che,
evidentemente, specie parlando da sacerdote e da inviato del suo Arcivescovo,
non va bene. A maggior ragione quando giunga ad affermazioni, che suonano più come
uno slogan che come una riflessione oggettiva, quale: «Anche le persone
omosessuali sono capaci di generatività». Ecco, qui proprio non ci siamo,
qui si va oltre, anzi contro il dato di fatto, il dato esperienziale. Di quale
“generatività” si sta parlando? Lo stesso Catechismo chiarisce
come le relazioni omosessuali precludano «all’atto sessuale il dono della
vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. In
nessun caso possono essere approvati» (n. 2357). Ma – osserva don Grossi –
«quante coppie anche eterosessuali non hanno figli ma possono vivere una
dimensione generativa?». La realtà però è molto diversa. Ogni bambino ha
bisogno di due figure sessualmente complementari ossia di un papà e di una
mamma o comunque di due persone di riferimento di sesso diverso. A chi sostenga
il contrario ha già risposto l’American College of Pediatricians, che,
in una lettera inviata alla rivista Pediatrics, ha contestato le
affermazioni a favore dell’omogenitorialità: «Troviamo questa posizione
insostenibile – ha dichiarato – e, se attuata, gravemente
dannosa per i bambini e la famiglia. Siamo contrari a questa posizione a causa
dell’assenza di prove scientifiche a suo sostegno e delle potenziali
conseguenze negative sui bambini. Concedere lo status di matrimonio legale alle
unioni omosessuali sarebbe un tragico errore di calcolo, che porterebbe danni
irreparabili alla società, alla famiglia e ai bambini». In realtà, salvo
rare eccezioni, la ricerca finora condotta sull’omogenitorialità è di pessima
qualità, segnata da un pressapochismo che pare spesso intenzionale e
funzionale, nonché viziata da letture ideologiche dagli esiti scontati,
preconfezionati e non obiettivi. In merito esiste tutta un’antologia di esempi,
che sarebbe interessante citare, ma che rischierebbero di condurre troppo
lontano rispetto agli spazi consentiti ad un articolo.
Infine,
don Grossi ha fatto riferimento, durante il suo intervento, a due punti di un
documento dal titolo Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia
biblica, elaborato dalla Pontificia Commissione Biblica. Il primo punto si
trova al n. 185, laddove si legge: «La Bibbia non parla dell’inclinazione
erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo degli atti omosessuali»;
ed ancora al n. 188 è scritto: «Non troviamo nelle tradizioni narrative
della Bibbia indicazioni concernenti pratiche omosessuali né come comportamenti
da biasimare, né come atteggiamenti tollerati o accolti con favore». Ma è
proprio così? Vediamo un po’…
Lv 18, 22: «Non
giacerai con un maschio come si fa con una donna, è una cosa abominevole».
Rom 1, 26-27: «Dio
li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti
naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il
rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli
altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé
stessi la punizione, che s’addiceva al loro traviamento».
I Cor 6,
9-10: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati,
né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci
erediteranno il regno di Dio».
L’elenco
potrebbe continuare. Si tratta comunque di testi molto chiari e per niente
vaghi o “possibilisti”, come parrebbe sostenere il documento della Pontificia
Commissione Biblica, piaccia o non piaccia a don Grossi, per il quale la Sacra
Scrittura biasimerebbe solo gli atti sessuali «violenti». Si è visto
come, in realtà, non sia così, sul banco degli imputati vi sono gli atti
omosessuali in quanto tali. Allora, approcciare questioni delicate e complesse
come queste non deve compiacere le platee, raccogliere facili consensi, né
strappare immediati applausi. Deve, invece, approfondire quelle verità già
presenti nel testo sacro e, più in generale, nella dottrina e nella tradizione
della Chiesa, aiutando chi si trovi nel bisogno piuttosto che aiutarlo a
perdersi. Verità, che non sono dunque da inventare. Verità alle quali il fedele
cattolico, più saggiamente, deve piuttosto conformarsi. Ed obbedire.
(Fonte:
Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 18 Gennaio 2023)
https://www.corrispondenzaromana.it/omosessualita-basta-letture-ideologiche-della-dottrina/