Impressionanti somiglianze tra
i passaggi chiave dell’esortazione di papa Francesco e due testi di dieci anni
fa del suo principale consigliere. Un doppio sinodo per una soluzione che era
già scritta.
Sono i
paragrafi chiave dell’esortazione postsinodale “Amoris laetitia”. E sono anche
i più volutamente ambigui, come provano le molteplici e contrastanti
interpretazioni e applicazioni pratiche che hanno immediatamente avuto.
Sono i
paragrafi del capitolo ottavo che di fatto danno il via libera alla comunione
ai divorziati risposati.
Che lì
papa Francesco volesse arrivare, è ormai evidente a tutti. E del resto già lo
faceva quando era arcivescovo di Buenos Aires.
Ma ora
si scopre che anche alcune formulazioni chiave della “Amoris laetitia” hanno
una preistoria argentina, ricalcate come sono su un paio di articoli del 2005 e
del 2006 di Víctor Manuel Fernández, già allora e ancor più oggi pensatore di
riferimento di papa Francesco e scrittore ombra dei suoi testi maggiori.
Più
sotto sono messi a confronto alcuni passaggi della “Amoris laetitia” con dei
brani di quei due articoli di Fernández. La somiglianza tra gli uni e gli altri
è fortissima.
Ma
prima è utile inquadrare il tutto.
In
quegli anni Fernández era professore di teologia alla Universidad Católica
Argentina di Buenos Aires.
E in
quella stessa università si era tenuto nel 2004 un congresso teologico
internazionale di approfondimento della “Veritatis splendor”, l’enciclica di
Giovanni Paolo II “circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale
della Chiesa”, decisamente critica dell’etica “della situazione”, la corrente
lassista già presente tra i gesuiti nel secolo XVII e oggi più che mai diffusa
nella Chiesa.
Attenzione.
La “Veritatis splendor” non è un’enciclica minore. Nel marzo del 2014, in uno
dei suoi rari e meditatissimi scritti da papa emerito, Joseph Ratzinger, nell’indicare
le encicliche a suo giudizio “più importanti per la Chiesa” delle quattordici
pubblicate da Giovanni Paolo II, ne citò dapprima quattro, con poche righe
ciascuna, ma poi ne aggiunse una quinta, che era proprio la “Veritatis splendor”,
alla quale dedicò un’intera pagina, definendola “di immutata attualità” e
concludendo che “studiare e assimilare questa enciclica rimane un grande e
importante dovere”.
Nella “Veritatis
splendor” il papa emerito vedeva restituito alla morale cattolica il suo
fondamento metafisico e cristologico, l’unico capace di vincere la deriva
pragmatica della morale corrente, “nella quale non esiste più quel che è
veramente male e quel che è veramente bene, ma solo quello che, dal punto di
vista dell’efficacia, è meglio o peggio”.
Ebbene,
quel convegno del 2004 a Buenos Aires, dedicato in particolare alla teologia
della famiglia, si mosse nella stessa direzione tratteggiata da Ratzinger. E fu
proprio per reagire a quel convegno che Fernández scrisse i due articoli qui
citati, praticamente in difesa dell’etica della situazione.
Anche
a motivo di quei due articoli la congregazione per l’educazione cattolica
bloccò la candidatura di Fernández a rettore della Universidad Católica
Argentina, salvo poi doversi piegare, nel 2009, all’allora arcivescovo di
Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, che fece fuoco e fiamme per ottenere il
nulla osta alla promozione del suo pupillo.
Nel
2013, appena eletto papa, Bergoglio insignì Fernández perfino dell’ordine
episcopale, con il titolo dell’estinta sede metropolitana di Tiburnia. Mentre
tenne confinato alla Biblioteca Apostolica Vaticana il principale responsabile
della bocciatura, il teologo domenicano Jean-Louis Bruguès, senza farlo
cardinale, come invece è tradizione per tutti i Bibliotecari di Santa Romana
Chiesa.
E da
allora Fernández passa quasi più tempo a Roma che a Buenos Aires,
impegnatissimo com’è a fare da ghostwriter del suo amico papa, senza che nel
frattempo siano cresciute le sue credenziali di teologo, già tutt’altro che
brillanti all’esordio.
Il
primo libro, infatti, che rivelò al mondo il genio di Fernández fu: “Guariscimi
con la tua bocca. L’arte di baciare”, edito nel 1995 in Argentina con questa
presentazione al lettore fatta dall’autore stesso: “Ti chiarisco che questo
libro non é stato scritto sulla base della mia personale esperienza quanto
della vita della gente che bacia. In queste pagine voglio riassumere il
sentimento popolare, quello che la gente prova quando pensa a un bacio, quello
che sentono i mortali quando baciano. Per questo ho parlato a lungo con tante
persone che hanno molta esperienza in materia, e anche con tanti giovani che
imparano a baciare alla loro maniera. Inoltre ho consultato tanti libri e ho
voluto mostrare come i poeti parlano del bacio. Così, nell’intento di
sintetizzare l’immensa ricchezza della vita sono venute queste pagine a favore
del bacio, che spero ti aiutino a baciare meglio, che ti spingano a liberare in
un bacio il meglio del tuo essere”.
Mentre
per quanto riguarda la considerazione che Fernández ha di sé basta una
citazione di un anno fa, da una sua intervista al “Corriere della Sera”,
sprezzante nei confronti del cardinale Gerhard L. Müller, prefetto della
congregazione per la dottrina della fede e quindi esaminatore previo – ma da
tre anni inascoltato – delle bozze dei testi papali: “Ho letto che alcuni
dicono che la curia romana fa parte essenziale della missione della Chiesa, o
che un prefetto del Vaticano è la bussola sicura che impedisce alla Chiesa di
cadere nel pensiero ‘light’; oppure che quel prefetto assicura l’unità della
fede e garantisce al pontefice una teologia seria. Ma i cattolici, leggendo il
Vangelo, sanno che Cristo ha assicurato una guida ed una illuminazione speciale
al papa e all’insieme dei vescovi ma non a un prefetto o ad un altra struttura.
Quando si sentono dire cose del genere sembrerebbe quasi che il papa fosse un
loro rappresentante, oppure uno che è venuto a disturbare e che dev’essere
controllato. […] Il papa è convinto che quello che ha già scritto o detto non
possa essere punito come un errore. Dunque, in futuro tutti potranno ripetere
quelle cose senza la paura di ricevere sanzioni”.
Questo
è dunque il personaggio che Francesco si tiene stretto come suo pensatore di
riferimento, l’uomo che ha messo per iscritto larghe parti della “Evangelii
gaudium”, il programma del pontificato, della “Laudato si’“, l’enciclica sull’ambiente,
e infine della “Amoris laetitia”, l’esortazione postsinodale sulla famiglia.
Ed
ecco qui di seguito i passaggi della “Amoris laetitia” in cui sono evidenti i
ricalchi sulle formulazioni di Fernández di dieci anni fa.
Che è
utile leggere tenendo presente quanto detto recentemente da Robert Spaemann, un
grande filosofo e teologo al quale Fernández non può neppure essere messo a
paragone: “Il vero problema è un’influente corrente di teologia morale, già
presente tra i gesuiti nel secolo XVII, che sostiene una mera etica
situazionale. Giovanni Paolo II ha ricusato l’etica della situazione e l’ha
condannata nella sua enciclica ‘Veritatis splendor’. ‘Amoris Laetitia’ rompe
anche con questo documento magisteriale”.
Confronto
tra la “Amoris laetitia” e due articoli di Víctor Manuel Fernández di dieci
anni fa
I
testi con le rispettive abbreviazioni:
AL –
Francesco, Esortazione apostolica postsinodale “Amoris laetitia”, 19 marzo
2016.
Fernández
2005 – V. M. Fernández, “El sentido del carácter sacramental y la necesidad de
la confirmación”, in “Teología” 42 n. 86, 2005, pp. 27-42.
Fernández
2006 – V. M. Fernández, “La dimensión trinitaria de la moral. II.
Profundización del aspecto ético a la luz de ‘Deus caritas est’“, in “Teología”
43 n. 89, 2006, pp. 133-163.
Sono
indicati ogni volta, accanto alle abbreviazioni, per la “Amoris laetitia” i
numeri dei paragrafi e per gli articoli di Fernández le pagine.
“AMORIS
LAETITIA” 300
(AL: 300)
Si evita il rischio che un determinato discernimento porti a pensare che la
Chiesa sostenga una doppia morale.
(Fernández
2006: 160)
Non si propone in tal modo una doppia morale o una “morale della situazione”.
“AMORIS
LAETITIA” 301
(AL:
301)
Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un
discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una
questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si
pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida
riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non
è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione
cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia
santificante.
(Fernández
2005: 42)
Tenendo
conto dei condizionamenti che attenuano o sopprimono l’imputabilità (cf. CCE
1735), esiste sempre la possibilità che una situazione oggettiva di peccato
coesista con la vita della grazia santificante.
(AL:
301)
I
limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un
soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel
comprendere “valori insiti nella norma morale” [Nota 339] o si può trovare in
condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere
altre decisioni senza una nuova colpa.
[Nota
339: Giovanni Paolo II, Esort. ap. “Familiaris consortio”, 22 novembre 1981,
33: AAS 74 (1982), 121].
(Fernández
2006: 159)
Quando
il soggetto storico non si trova in condizioni soggettive per agire
diversamente o di comprendere “i valori insiti nella norma” (cf. FC 33c), o
quando “un impegno sincero riguardo a una norma determinata può non portare
immediatamente ad accertare l’osservanza di tale norma” [Nota 45].
[Nota
45: B. Kiely, “La ‘Veritatis splendor’ y la moralidad personal”, in G. Del Pozo
Abejon (ed.), “Comentarios a la ‘Veritatis splendor’“, Madrid, 1994, p. 737].
(AL:
301)
Come
si sono bene espressi i Padri sinodali, “possono esistere fattori che limitano
la capacità di decisione”. Già san Tommaso d’Aquino riconosceva che qualcuno
può avere la grazia e la carità, ma senza poter esercitare bene qualcuna delle
virtù [Nota 341], in modo che anche possedendo tutte le virtù morali infuse,
non manifesta con chiarezza l’esistenza di qualcuna di esse, perché l’agire
esterno di questa virtù trova difficoltà: “Si dice che alcuni santi non hanno
certe virtù, date le difficoltà che provano negli atti di esse, […] sebbene
essi abbiano l’abito di tutte le virtù” [Nota 342].
[Nota
341: Cfr Summa Theologiae I-II, q. 65, a. 3, ad 2; De malo, q. 2, a. 2].
[Nota 342: Ibid., ad 3].
(Fernández
2006: 156)
San
Tommaso riconosceva che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma senza
poter esercitare bene qualcuna delle virtù “propter aliquas dispositiones
contrarias” (ST I-II 65, 3, ad 2). Questo non significa che non possieda tutte
le virtù, bensì che non può manifestare con chiarezza l’esistenza di qualcuna
di esse perché l’agire esterno di questa virtù trova difficoltà per disposizioni
contrarie: “Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù, date le difficoltà
che provano negli atti di esse, sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù”
(ibid., ad 3).
“AMORIS
LAETITIA” 302
(AL:
302)
Riguardo
a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa cattolica si esprime in
maniera decisiva: “L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono
essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza,
dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici
oppure sociali” [Nota 343]. In un altro paragrafo fa riferimento nuovamente a
circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande
ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato
di angoscia o altri fattori psichici o sociali [Nota 344]. Per questa ragione,
un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità
o sulla colpevolezza della persona coinvolta [Nota 345].
[Nota
343: N. 1735].
[Nota
344: Cfr ibid., 2352; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. “Iura et
bona” sull’eutanasia, 5 maggio 1980, II: AAS 72 (1980), 546. Giovanni Paolo II,
criticando la categoria della “opzione fondamentale”, riconosceva che “senza
dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l’aspetto
psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore”
(Esort. ap. “Reconciliatio et paenitentia”, 2 dicembre 1984, 17: AAS 77, 1985,
223)].
[Nota
345: Cfr Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Dichiarazione sull’ammissibilità
alla comunione dei divorziati risposati, 24 giugno 2000, 2].
(Fernández
2006: 157)
Ciò
appare in un modo esplicito nel Catechismo della Chiesa cattolica: “L’imputabilità
e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza,
dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti
smodati e da altri fattori psichici oppure sociali” (CCC 1735). Il Catechismo
fa riferimento ugualmente all’immaturità affettiva, alla forza delle abitudini
contratte, allo stato di angoscia (cf. CCE 2352). Nell’applicare questa
convinzione, il pontificio consiglio per i testi legislativi afferma,
riferendosi alla situazione di divorziati risposati, che solo si parla di “peccato
grave, inteso oggettivamente, perché (p. 158) dell’imputabilità soggettiva il
ministro della comunione non potrebbe giudicare” [Nota 42].
[Nota
42: Pontificio consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno
2000, punto 2a].
(Fernández
2005: 42)
D’altra
parte, dato che non possiamo giudicare la situazione soggettiva delle
persone [Nota 23] e tenendo conto dei condizionamenti che attenuano o
sopprimono l’imputabilità (cf. CCE 1735), esiste sempre la possibilità che una
situazione oggettiva di peccato coesista con la vita della grazia santificante.
[Nota
23: Su questo punto alcuni interventi recenti del magistero non lasciano posto
a dubbi. Il pontificio consiglio per i testi legislativi afferma, facendo
riferimento alla situazione dei divorziati risposati, che si parla di “peccato
grave, inteso oggettivamente, perché dell’imputabilità soggettiva il ministro
della comunione non potrebbe giudicare”: Pontificio consiglio per i testi
legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, punto 2a. Allo stesso modo, in
una recente notificazione della congregazione per la dottrina della fede, si
sostiene che per la dottrina cattolica “esiste una valutazione precisa e ferma
sulla moralità oggettiva delle relazioni sessuali tra persone dello stesso
sesso”, mentre “il grado di imputabilità morale soggettiva che tali relazioni
possono avere in ogni caso singolo è una questione che qui non è in discussione”:
Congregazione per la dottrina della fede, Notifica su alcuni scritti del Rev.do
P. Marciano Vidal, 22 febbraio 2001, 2b. Evidentemente, la base di queste
affermazioni si trova in quanto difende il Catechismo della Chiesa cattolica
nel punto 1735, citato alla fine del testo di questo articolo].
“AMORIS
LAETITIA” 305
(AL:
305)
A
causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una
situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che
non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e
si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale
scopo l’aiuto della Chiesa [Nota 351]. Il discernimento deve aiutare a trovare
le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti.
[Nota
351: In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti…].
(Fernández
2006: 156)
Questo
dinamismo trinitario che riflette la vita intima della divine persone può
realizzarsi anche entro una situazione oggettiva di peccato (p. 157) sempre
che, a causa del peso dei condizionamenti, non sia soggettivamente colpevole.
(Fernández
2006: 159)
… una “realizzazione
del valore entro i limiti delle capacità morali del soggetto” [Nota 46]. Ci
sono, allora, “obiettivi possibili” per questo soggetto concizionato, o “tappe
intermedie” [Nota 47] nella realizzazione di un valore, anche se orientate sempre
al pieno compimento della norma.
[Nota
46: G. Irrazabal, “La ley de la gradualidad como cambio de paradigma”, in “Moralia”
102/103 (2004), p. 173].
[Nota
47: Cf. G. Gatti, “Educación moral”, in AA.VV., “Nuevo Diccionario de Teología
moral”, Madrid, 1992, p. 514].
(Fernández
2006: 158)
Non c’è
dubbio che il magistero cattolico ha ammesso con chiarezza che un’atto
oggettivamente cattivo, come è il caso di una relazione prematrimoniale o l’uso
di un preservativo in un rapporto sessuale, non necessariamente porta a perdere
la vita della grazia santificante, dalla quale trae origine il dinamismo della
carità.
(Fernández
2005: 42)
D’altra
parte, posto che non possiamo giudicare della situazione soggettiva delle
persone e tenendo conto dei condizionamenti che attenuano o sopprimono l’imputabilità
(cf. CCE 1735), esiste sempre la possibilità che una situazione oggettiva di
peccato coesista con la vita della grazia santificante.
(Fernández
2005: 42)
Non
giustifica questo l’amministrazione del battesimo e della cresima ad adulti che
si trovano in una situazione oggettiva di peccato, sulla cui colpevolezza
soggettiva non si può emettere giudizio?
(Fonte:
Sandro Magister, www.chiesa, 25 maggio 2016)