Cronache
dalla neo Chiesa: «Io al Credo non ci credo». I fedeli della chiesa di San
Rocco di Torino, radunati per la messa di mezzanotte si sono lasciati sfuggire
una risatina di complicità. E così il parroco, don Fredo Olivero, ha annunciato
in sostituzione il canto Dolce sentire. Insomma: un canto ispirato al Cantico
delle creature come sostitutivo del Credo, che rappresenta l’ossatura fondante
della fede di ogni battezzato.
Ora, si potrebbe
anche alzare le mani e dire: bè, con queste premesse, ha vinto lui. Anni e anni
a tentare di camuffare articoli scomodi o parti della messa troppo farraginose
e poi arriva lui con la soluzione gordiana: perché non toglierlo del tutto? Chapeau,
effettivamente… La cattiva teologia che si mangia la dottrina ha toccato vette
sublimi l’altra sera durante una messa che definire show è eufemistico:
liturgia eucaristica modificata alla bisogna, comunione distribuita solo da
ministri straordinari, anzi, fatta prendere in mano dai fedeli che l’hanno
intinta personalmente nel calice, un Padre nostro condiviso con il più profano
canto spagnoleggiante ricalcato da Sound of silence di Simon & Garfunkel.
Liturgia anni ’70 allo stato puro, mancavano solo i cantori con zampa
d’elefante.
Invece è
l’anno del Signore 2017 che ci consegna l’ultima frontiera della messa fai da
te, presentata con il viso pacioso e rassicurante di un parroco con 50 anni di
messa alle spalle che si dice molto attivo nel sociale e che a quelle
latitudini viene chiamato con terminologia ecclesialmente corretta “un prete di
strada”, perché si occupa di migranti e perché anche recentemente ha detto di voler
modificare il concetto di transustanziazione.
Ovviamente
criticarlo non si può, un po’ perché non si possono criticare i preti che si
spendono nel sociale, anche se nel toccare le cose divine utilizzano zappa e
vanga, e poi perché oggi, nella neo Chiesa, non si può prendere di mira chi
attenta alla dottrina. Semmai, bisogna punire chi sommessamente fa notare che
qualche cosa non va, come testimoniano i provvedimenti presi nei confronti di
don Minutella o che c’è una verità di Dio sull’uomo che non cambia, come don
Pusceddu.
La
sorpresa arriva al minuto
26,50 dopo un’omelia giocata ad invitare i genitori a trasmettere la fede
ai figli, ma «smettendo di parlare loro dell’inferno che non serve a nessuno e
fa male».
Il
cantore annuncia il canto del Credo: «Dolce sentire, pagina 39». Don Fredo
attacca per primo: «Sapete perché non dico il Credo? Perché non ci credo».
Risate dei fedeli. Poi riprende: Se qualcuno lo capisce…, ma io dopo tanti anni
ho capito che era una cosa che non capivo e che non potevo accettare. Cantiamo
qualche cos’altro che dica le cose essenziali della fede».
A Torino
non è andata poi così male. A Genova ad esempio un altro prete di frontiera, ma
con rubrica fissa su Repubblica, don Paolo Farinella, ha annunciato dalle
colonne del giornale di aver cancellato per quest’anno la celebrazione del
Natale, del 1 gennaio (Maria Madre di Dio) e del 6 gennaio, l’Epifania. In
pratica ha detto no alle feste comandate. Perché? Perché il Natale è diventata
«una favoletta da presepe con ninne-nanne e zampogne, esclusivo supporto di
un'economia capitalista e consumista, trasformando l'intero Cristianesimo in
“religione civile”».
Curioso.
Anche solo dieci anni fa, non un passato lontanissimo, un prete che si opponeva
di affermare le verità principali della fede cattolica o ad abolire a piacere
le feste comandate sarebbe stato sospeso a divinis, oggi invece quasi quasi lo
fanno monsignore. O comunque non gli succederà nulla. Magari il suo vescovo
allargherà le braccia e sospirerà: «Vabbè, lo conosciamo, l'ho richiamato venti
volte, ma lui fa così. In fondo è un mio figlio anche lui». Umanamente
comprensibile, ma sicuri che non ci sia dell'altro? Invece il problema è
tremendamente serio e non solo per questo povero sacerdote che ammettendo di
non accettare le verità della fede cattolica semplicemente ammette di non avere
fede.
Ma anche
per le pecorelle che gli sono affidate: che cosa insegnare ai bambini del
catechismo se lui per primo questa fede ammette di non averla? E quale fede
poi? Di che cosa stiamo parlando? Di un sentimento vago e mellifluo all’insegna
del vogliamoci bene?
La
questione del Credo è invece strettamente connessa con la fede. E non è un caso
che il Catechismo della Chiesa Cattolica dedichi la sua primissima parte
proprio a questo. Perché il Credo è “la risposta dell’uomo a Dio”. Una risposta
che è la fede e con la quale l’uomo si sottomette pienamente a Dio. E’ quella
che il primo articolo del Catechismo chiama l’obbedienza della fede
sull’esempio di Abramo e Maria. Credere in un solo Dio, in Gesù Cristo figlio
di Dio, nello Spirito Santo. E poi credere in tutte le altre verità sotto forma
di professione di fede, dall’Incarnazione alla Resurrezione fino alla comunione
dei santi e la vita eterna.
Don
Fredo e don Farinella vogliono rinunciare a tutta questa raccolta organica di
verità che va sotto il nome di simbolo? Facciano, ma perché utilizzare il loro
ruolo che gli consente di essere pastori per le anime che sono loro
affidate? Una volta si sarebbe detto ciechi che guidano altri ciechi. Che cosa
resta a un sacerdote che pubblicamente disconosce tutto questo? Resta
probabilmente soltanto la sua narcisistica volontà di potenza di imporre una
religione in forma ideologica, che è però tremendamente umana, ma con il
candore e la pacifica verve del buon parroco tanto engagé. È da lupi di questo
tenore travestiti da candidi agnelli che il fedele dovrebbe guardarsi. Perché
stanno lentamente segando il ramo sul quale si sono seduti con loro.
(Fonte:
Andrea Zambrano, LNBQ, 30 dicembre 2017)