Cattolici ormai irrilevanti in politica? Sì. Colpa del numero ormai esiguo, dell'assenza di formazione dottrinale e dell'incoerenza tra fede e cultura, tra Vangelo e vita. Così possono sposare qualsiasi agenda, anche quelle contrarie alla dottrina. Ma è il risultato voluto della teologia oggi dominante e del magistero corrente.
Prima
di tutto: i cattolici sono irrilevanti perché sono sempre meno. Nelle grandi
città la frequenza alla messa domenicale si attesta sul 4 per cento. Nei centri
più modesti le cose migliorano, ma in generale, come diceva Benedetto XVI in
Portogallo, la fede sembra essere un lumicino senza più alimento e in via di
spegnersi. Gli aspetti quantitativi non sono mai decisivi e i cattolici
potrebbero essere creativi e influenti pur essendo in pochi. Tuttavia, la loro
esiguità numerica evidenzia anche un aspetto qualitativo: l’evangelizzazione è
trascurata perché scambiata con il proselitismo, le parrocchie spesso sono
comunità di solidarietà e non di missione, e la Dottrina sociale della Chiesa,
nei rarissimi casi in cui vi si fa riferimento, non viene minimamente intesa come
“strumento di evangelizzazione”. Per questo i “pochi” cattolici diventano anche
“sparuti” e, come tali, non possono certo incidere.
In
secondo luogo, in questo (limitato) mondo cattolico la formazione
dottrinale è in gravissima crisi, spesso anche per volontà degli stessi
pastori. Prevalgono devozione e pastoralismo, ma i principi di riflessione e i
criteri di giudizio non vengono più trasmessi. La formazione alla dottrina
cristiana è molto carente, spesso non c’è per motivazioni teologiche che
riprenderò più avanti, altre volte non c’è perché sacerdoti e laici sono
impreparati a sostenerla, quando c’è si rivolge a piccoli o piccolissimi
numeri. La maggioranza dei fedeli è lasciata senza formazione. Come pretendere
che il cattolico sia presente in modo consapevole nella scena pubblica se ha
idee confuse sulle principali questioni dottrinali? E cosa pretendere se molto
spesso sono i pastori stessi a porre dubbi che destabilizzano le poche
convinzioni che si hanno? La “rilevanza” politica è a valle, ma senza le
condizioni a monte è irrealistico pretenderla.
E
così arriviamo al punto veramente decisivo. Quando alcuni fedeli cattolici –
necessariamente pochi per i motivi visti sopra – sentono una spinta ad
occuparsi dell’ambito politico, si trovano privi del collegamento tra la loro
fede personale con le ragioni di quell’ambito politico. Siamo ancora – o
addirittura la situazione è peggiorata – alla famosa mancanza di una coerenza
tra Vangelo e vita, tra fede e cultura e, soprattutto, tra fede e politica. Al
punto che, in molti casi, è meglio che questi fedeli non si impegnino in
politica: produrrebbero meno danni.
Conosco
molti cattolici che sono militanti di +Europa, il partito di Emma Bonino, del PD che
vuole il “matrimonio egualitario”, dell’estrema sinistra che vuole il gender e
il socialismo di Stato. Viene a mancare l’anello che lega la fede soggettiva
alle verità oggettive credute, le quali hanno anche ripercussioni sulla vita
politica e permettono quella “coerenza” tra fede e impegno politico di cui parlava
la (tanto vituperata) Nota Ratzinger del 2002. Nessuna parrocchia e
nessuna diocesi insegna la Dottrina sociale della Chiesa correttamente intesa,
vale a dire non ridotta a parlare di ecologia.
Può
essere un esempio efficace il caso del nuovo sindaco di Verona, Damiano Tommasi,
eletto alle recenti amministrative. La persona è apprezzabilissima, cattolico
da sempre impegnato nell’associazionismo ecclesiale, marito e padre di sei
figli, onesto, generoso ed equilibrato. Però si è posto a capo di una
coalizione di sinistra e ha aperto ai nuovi diritti, subito dopo la sua
elezione c’è stato in città un gay pride di ringraziamento, ha affermato di
voler inserire il comune di Verona nella rete Re.a.di. che
collega i comuni che intendono promuovere iniziative di educazione sessuale
nelle scuole secondo l’ideologia gender e l’omosessualismo. Il vescovo uscente
di Verona, mons. Giuseppe Zenti, purtroppo per lui in modo maldestro e fuori
tempo, ha richiamato alla coerenza: i cattolici non possono sostenere l’agenda
gender, ma è stato zittito, ridicolizzato e considerato “irrilevante”.
Oggi
si pensa che i cattolici possano sostenere qualsiasi agenda politica. Anche DemoS, come
abbiamo visto sopra, darà una mano al partito che – parole di Letta – vuole il
matrimonio egualitario, il suicidio assistito, la legge Zan e la cannabis
legale. Del resto, se Francesco loda Emma Bonino, apprezza Biden contro Trump,
si dice amico di molti leader comunisti latinoamericani, appoggia padre James
Martin… perché un cattolico non può militare nei partiti che la pensano così? Ma
se un cattolico può militare indifferentemente in tutti i partiti, allora la
sua fede non possiede contenuti politici dirimenti e irrinunciabili, cioè non
dice alla politica niente di più di quanto la politica possa dire a se stessa.
Ecco l’irrilevanza vera e il suo ultimo fondamento. I cattolici si pongono
nell’ambito politico nudi, vuoti e disponibili.
Tutto
ciò semplicemente capita o è voluto? È voluto. Che i cattolici si sciolgano,
come tutti gli altri, in un generico e mondano “camminare insieme” oggi è
teorizzato dai teologi che contano ed è insegnato dal magistero. Ma perché
allora lamentarsi dell'irrilevanza dei cattolici? Bisognerebbe esserne
contenti.
(Fonte:
Stefano Fontana, LNBQ, 22 agosto 2022
Cattolici
irrilevanti perché incoerenti tra fede e cultura - La Nuova Bussola Quotidiana
(lanuovabq.it)