A
parte i soliti luoghi comuni e la disinformazione su cui si basa, la
lettera-appello di decine di monasteri di clarisse e carmelitane scalze a
favore dell'accoglienza di tutti gli immigrati, rivela una disistima verso la
preghiera, che pure dovrebbe essere il fondamento della vita contemplativa. Un
pericolo per tutti i cattolici.
Nel 1972
usciva anche in Italia un film cileno, “Non basta più pregare”: la storia di un
prete che, confrontandosi con situazioni pesanti di povertà e ingiustizia
sociale, cerca prima di realizzare opere sociali per risolvere i problemi, per
poi passare all’attivismo politico e infine alla rivoluzione. Era l’esaltazione
della parabola di un certo cattolicesimo latino-americano, quello da cui nasce
la “teologia della liberazione”, e che sembra oggi rinascere qui da noi,
sull’onda dell’isteria immigrazionista che ha colpito una parte importante del
mondo cattolico.
Quel
film torna in mente rileggendo
la lettera che diversi monasteri di
clarisse e carmelitane scalze hanno inviato al presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, spinte dalla «preoccupazione per il diffondersi in Italia di
sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti
dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e
protezione».Di questa lettera e successive adesioni non colpisce tanto il mettere insieme una serie di luoghi comuni su ponti e muri, che è ormai diventata una consuetudine; neanche sorprende la confusione che si fa tra rifugiati e migranti, tra chi è già inserito regolarmente in Italia e chi cerca di entrarvi irregolarmente, oppure la descrizione stereotipata di profili e sentimenti di chi tenta di arrivare sui barconi (se nei conventi leggono “Avvenire” la disinformazione è l’ovvia conseguenza); non sorprende neanche l’ignorare appelli e opere dei vescovi africani per impedire l’emigrazione dei giovani attratti da illusorie promesse: come sopra, sono notizie che sul giornale dei vescovi italiani non trovano spazio.
Quello che invece colpisce è il pensiero che soggiace a tutto l’appello, all’insegna – appunto – del “non basta più pregare”, affermato da suore che sono state chiamate alla vita contemplativa. Cosa possono fare i monasteri, si chiedono. E la risposta è il desiderio e, in alcuni casi, la realizzazione di trasformare i monasteri in centri di accoglienza. Parliamo, lo ripeto, di religiose contemplative, non di suore già impegnate in qualche opera di carità.
Colpisce soprattutto la perentorietà di questa frase: «Desideriamo dissociarci da ogni forma di utilizzo della fede cristiana che non si traduca in carità e servizio». A parte la facile strumentalizzazione politica a cui si presta, si tratta di una affermazione che tradisce la disistima della propria vocazione a una vita di preghiera. Certamente è in sintonia con il processo avviato con la riforma degli istituti di vita consacrata, all’insegna del “meno preghiera, più aiuti ai poveri”, ma ciononostante fa impressione vedere così tanti monasteri di clausura sottostimare la forza della preghiera come vero motore della storia.
C’è sotto una concezione disincarnata della preghiera, come se fosse un sottrarsi alle vicende di questo mondo invece che una più profonda comprensione della realtà. Sembra quasi che le monache debbano scusarsi per vivere chiuse in un monastero, e giustificare la loro esistenza esibendo una immacolata coscienza sociale. C’è una concezione del cristianesimo tutta orizzontale, come se Cristo fosse venuto per risolvere i problemi di questo mondo e non a salvarci dal peccato.
Non è un problema che riguarda solo la loro vocazione, riguarda tutti noi. Perché chiunque si trovi a doversi sporcare le mani con il mondo, finora sapeva di poter contare sulla forza che emana dai monasteri di clausura, un corpo speciale esperto in quell’arma potente in grado perfino di fermare le guerre. Ora invece dobbiamo fare i conti con il venir meno di una parte di questo esercito, che ha deciso che “non basta più pregare”. Davanti a questo pericolo mortale, si comprendono meglio anche i tanti messaggi della Madonna nelle sue apparizioni, quando invita tutti costantemente a pregare, pregare, pregare. Non c’è soltanto il Nemico di fronte, c’è anche da supplire a chi sta disertando nelle nostre fila.
(Fonte:
Ricardo Cascioli, LNBQ, 23 luglio 2019)
http://lanuovabq.it/it/se-anche-alle-claustrali-non-basta-piu-pregare