venerdì 24 maggio 2019

Salvini affida il destino dell’Europa ai suoi Santi patroni e al Cuore Immacolato di Maria


Il coraggio di Matteo Salvini è stato grande sabato 18 maggio alla manifestazione di Milano, affrontando gli infedeli della Chiesa interreligiosa con parole e gesti mai visti nell’Italia repubblicana, tanto da offendere le orecchie dei farisaici interpreti dei diritti umani. «C’è un continente», ha dichiarato a gran voce dal palco allestito in piazza del Duomo, «a cui dare un futuro e quindi ci affidiamo a voi alle donne e agli uomini di buona volontà, ci affidiamo ai sei patroni di questa Europa: a San Benedetto da Norcia, a Santa Brigida di Svezia, a Santa Caterina da Siena, ai santi Cirillo e Metodio, a Santa Teresa Benedetta della Croce, ci affidiamo a loro, affidiamo a loro il destino, il futuro, la pace e la prosperità dei nostri popoli», poi il vicepremier ha impugnato con la mano destra la Corona del Rosario mentre affermava con forza: «e io personalmente affido l’Italia, la mia e la vostra vita al Cuore Immacolato di Maria che son sicuro ci porterà alla vittoria perché questa piazza, questa Italia, e questa Europa è simbolo di mamme, papà, uomini e donne che col sorriso, con coraggio e determinazione vogliono la convivenza pacifica, danno rispetto, ma chiedono rispetto e io vi ringrazio amici e fratelli dal profondo del cuore perché stiamo scrivendo la storia».
Subito si sono stracciate le vesti i cortigiani della Chiesa progressista e sociologica, infastiditi dalla determinazione di Salvini nel proseguire, come aveva già fatto per le elezioni politiche del marzo 2018, nel dichiarare pubblicamente il suo Credo e collocando, quindi, la sua posizione nell’alveo delle radici Cristiane di un’Europa traditrice della sua identità.
Rimarrà veramente nella Storia questa iniziativa. Invocare i nomi dei grandi Santi che hanno edificato l’Europa è stato come un tuono, che ha fatto vibrare i cuori rimasti fedeli, facendo inorridire i Giuda disseminati nell’apostasia ecclesiastica dei nostri grami e folli giorni. E mentre nella piazza si fischiava a papa Francesco, che ha rinunciato alla custodia e alla trasmissione del deposito della Fede, la gente legata ancora al proprio dna religioso e culturale applaudiva nell’udire l’affidamento al Cuore Immacolato di Maria.
Il beato inglese John Henry Newman ha lottato con determinazione, costanza e gran forza, nel corso del XIX secolo, il liberalismo presente all’interno delle istituzioni europee e nella Cristianità: il liberalismo è quel cancro che, nel sostenere che il proprio credo è un fatto privato e non pubblico, distrugge la fede non solo socialmente, ma anche nella propria anima.
Le liberali «Famiglia Cristiana» e «Civiltà Cattolica» sono inorridite di fronte ai segni visibili del Cattolicesimo emersi in piazza del Duomo, ignare come sono ormai dell’unica Verità rivelata e delle sue applicazioni. L’ira è emersa plasticamente: «L’antifona persino smaccata di Salvini pronunciata in quella distesa di bandiere azzurre e tricolori, con i suoi simboli della cristianità utilizzati come amuleti, con quell’ uso così feticistico della fede, serve a coprire come una fragile foglia di fico gli effetti del decreto sicurezza»; mentre il direttore del periodico gesuita, Antonio Spadaro s’indigna: «Non nominare il nome di Dio invano. Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio».
La Chiesa di oggi, quella dei funzionari, non ha paura della scristianizzazione, anzi, la incoraggia, ma di coloro che rivogliono la Chiesa del Salvatore. Anche il segretario di Stato Parolin si è schierato contro il bacio di Salvini al Crocifisso del Rosario e al suo intervento controcorrente: «Invocare Dio», ha detto, «per se stessi è sempre molto pericoloso». Molto pericoloso è non prendersi le proprie responsabilità di ministri di Cristo.
Questi farisei, servitori del Modernismo, ligi al pensiero unico e dominante dell’oligarchia anticattolica che dissacra continuamente le realtà divine e lorda l’Europa puntellata di sacelli, cappelle, chiese, abbazie, monasteri, conventi, cattedrali, santuari, basiliche, elucubrano ideologicamente senza più parlare di religione e si scandalizzano se un capitano politico si rifà al Vangelo, richiama l’attenzione sui Santi europei, sbandiera il Rosario, parla del Cuore Immacolato di Maria. Tuttavia dovrebbero studiare un po’ di Storia della Chiesa e saprebbero che il politico Costantino usò il segno della Croce per vincere. «In hoc signo vinces» («In questo segno vincerai»): la comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce fu uno dei segni prodigiosi che precedettero la battaglia di Ponte Milvio, l’episodio compare ampiamente nell’iconografia cristiana. Rivoltosi in preghiera a Dio, poco dopo mezzogiorno fu testimone, lui e il suo esercito, di un evento celeste prodigioso, l’apparizione di un incrocio di luci sopra il sole e della suddetta scritta, ma in greco: «ν τούτ νίκα». La notte seguente gli apparve Cristo, ordinandogli di adottare come proprio vessillo il segno che aveva visto in cielo. Nei giorni successivi Costantino interpellò dei sacerdoti per essere istruito nella religione cristiana. Egli fece precedere le proprie truppe dal labaro imperiale con il simbolo cristiano del chi-rho, detto anche monogramma di Cristo, formato dalle lettere XP (che sono le prime due lettere greche della parola ΧΡΙΣΤΟΣ cioè «Christòs») sovrapposte. Sotto queste insegne i soldati sconfissero l’avversario. Dalla vittoria sul Ponte Milvio l’Europa prese ad essere politicamente cristiana.
I riferimenti alla croce in cielo vista da Costantino sono presenti nella biografia che il vescovo Eusebio di Cesarea fece dell’Imperatore, stretto suo collaboratore a partire dal 325. L’autore non precisa il luogo dove avvenne il fenomeno prodigioso, perciò sono sorti diversi racconti, fra questi si dice che la croce sarebbe apparsa a Costantino alla vigilia della battaglia di Torino, presentandosi al disopra del Monte Musinè. Nel 1901, sulla cima del monte, venne eretta una gigantesca croce, dove fu collocata una piastra sulla quale è scritto: IN HOC SIGNO VINCES – A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV.
E santa Giovanna d’Arco, non ostentò forse pubblicamente la sua Fede per il bene della Francia? E tutti i santi sovrani europei, che hanno edificato l’Europa? Da santo Stefano a san Ferdinando III, dalla santa Adelaide a santa Elisabetta, da sant’Enrico e santa Cunegonda al beato Carlo d’Asburgo e serva di Dio Zita, ultimi imperatori cattolici, storicamente defenestrati dal liberalismo e dalla massoneria nel Novecento, e l’elenco potrebbe proseguire…
Salvini, dopo essere stato attaccato da chi non è più sale della terra e non si occupa più né della Gloria a Dio, né della salvezza delle anime, non parla più né del peccato originale, né del peccato mortale, né del peccato veniale, né di giudizio, né di Paradiso, né di Inferno, ma tratta pedissequamente di politica e di sociologia, adagiandosi nel neopaganesimo imperante, perdendo per questo ogni giorno di più vocazioni e consenso dei fedeli, ha così risposto:
«Sono l’ultimo dei buoni cristiani, ma sono orgoglioso di andare in giro col rosario sempre in tasca. Noi stiamo garantendo più sicurezza agli italiani e stiamo salvando vite. Un direttore di un settimanale cattolico mi ha attaccato perché ho osato parlare di Dio, dei Papi, dei nostri valori e delle nostre radici e perché ho mostrato il rosario. Sono orgoglioso di testimoniare quella che è una civiltà accogliente, ma un conto è essere accogliente e un conto è suicidarsi. Lo diceva Papa Benedetto, lo diceva Wojtyla, lo diceva Oriana Fallaci». Inoltre: «L’Europa che nega le proprie radici non ha futuro. Io sono credente, il mio dovere è salvare vite e svegliare coscienze. Il confronto con le altre culture è possibile solo riscoprendo la nostra storia e riscoprendo i nostri valori, come peraltro detto negli ultimi decenni da tutti i Santi Padri. Sono orgoglioso di testimoniare, con azioni concrete e con gesti simbolici, la mia volontà di un’Italia più sicura e accogliente, ma nel rispetto di limiti e regole».
Intanto il «Time» mette in copertina Salvini con il titolo «Il nuovo volto dell’Europa», definendolo «lo zar dell’immigrazione in Italia che sta portando la missione di disfare la Ue» e nell’intervista l’abile statista dichiara: «Stiamo lavorando per recuperare lo spirito europeo che è stato tradito da coloro che guidano questa unione» e nel recupero c’è il Vangelo, c’è la Madonna, c’è il Rosario, ci sono i Santi. La straordinaria Europa è stata fondata dalla Cristianità a dispetto di chi, anche nella Chiesa, compreso il Pontefice, misconosce il proprio mandato e distrugge le ragioni per cui la Chiesa stessa è sorta.
Desiderare un’Europa nuovamente cristiana ci spinge alla militanza nella fede e a votare alle europee non per chi calpesta le leggi di Dio, per il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, l’omosessualismo, la rovina dell’innocenza dell’infanzia spiegando la falsa e perversa teoria gender, l’invasione migratoria, il globalismo sfrenato e irrispettoso delle identità, l’impoverimento delle nazioni… ma per chi riconosce il valore della persona, della famiglia, della patria, della Santissima Trinità e di Maria Santissima. Anche noi sbandieriamo pubblicamente il Santo Rosario e baciamo il Crocifisso.

(Fonte: Cristina Siccardi, Europa Cristiana, 23 maggio 2019)
https://www.europacristiana.com/salvini-affida-il-destino-delleuropa-ai-suoi-santi-patroni-e-al-cuore-immacolato-di-maria/


Chiesa-partito, il malinteso cristianesimo come religione


Il cristianesimo primariamente e per sé non è una religione, ma è una persona, Gesù Cristo, ed è un fatto: l’iniziativa mirabile e inaudita che Dio Padre prende per incontrarci, parlarci, entrare in comunione con ognuno di noi nella mediazione dell’umanità di Gesù. Questa è la sostanza affascinante e per lo più censurata della nostra fede, che amava insegnare il cardinale Giacomo Biffi. Perché è la sostanza del nostro Vangelo: la novità sta proprio nell’Incarnazione e nella Pasqua di Cristo.
Il pensiero dominante oggi, che è espresso in modo efficace nella grande stampa, presenta invece il cristianesimo come una religione, e talvolta anche come “religione del libro”. Proprio qui “casca l’asino”. La religione, stando all’uso classico del nome e alla sua stessa etimologia, indica un insieme di tentativi – fatti di idee e azioni cultuali – con i quali l’uomo cerca con le sue forze di dare un senso all’esistenza, dire qualcosa della causa fondante e mettersi in contatto con essa. Me è proprio un tentativo umano, molto provvisorio, intessuto di successi e errori, che comunque non raggiunge l’obiettivo per il semplice fatto che l’obiettivo è Dio e quindi è sproporzionato al tentativo umano.
Proprio per superare questa sproporzione Dio stesso ci viene incontro: prende l’iniziativa di rivelarsi (pensa alla rivelazione testimoniata dai libri biblici), di incarnarsi, vivere con noi e darci perennemente il suo Spirito Paraclito. C’è dunque un abisso tra cristianesimo e le religioni: paragonare cristianesimo e religioni è come confrontare una casa e una persona umana. Sono cose molto diverse: il cristianesimo è iniziativa divina, le religioni sono tentativi umani.
Fatto sta che molti riducono il cristianesimo a una religione e ne parlano poi della Chiesa cattolica come se fosse un partito politico. Riducendo il cristianesimo a una religione si entra nel grande malinteso sulla libertà religiosa. Per cui assistiamo periodicamente a vescovi che anziché cantare il Te Deum il 31 dicembre accompagnano a spese della diocesi i propri fedeli a visitare la moschea della propria città oppure vanno in consiglio comunale a perorare la causa della costruzione della moschea invocando il bene comune e la libertà religiosa. Il Concilio Vaticano II nella dichiarazione Dignitatis Humanae insegna: «Tale libertà consiste in questo, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, cosicché in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità con la sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata».
La libertà religiosa consiste nell’essere esenti da violenza e impedimenti nel credere. Ma da ciò non deriva assolutamente che ogni convinzione religiosa sia alla pari di un’altra. Né deriva che ogni convinzione religiosa sia rispettosa del bene comune degli consociati. Sfido chiunque a dimostrare che il bene comune sia efficacemente promosso dalla dottrina islamica della taqiyya. Questa è la dissimulazione consentita ai musulmani per introdursi e accreditarsi nel Dar-al-Harb, cioè la “casa della guerra”, ovvero i territori non islamici, nei Paesi kafir, cioè infedeli, e conquistarli. Pur di raggiungere questo fine il musulmano può fingere tutto, il suo essere moderato nel vivere il Corano e anche la sua apostasia dal Corano. È la pratica di fingere e mentire nell’interesse dell’islam e della umma, ingannare gli infedeli, cioè cristiani, ebrei e atei, convincendoli che l’islam è una religione di pace.
Fatto sta che molti, anche personaggi altolocati, parlino poi della Chiesa cattolica come se fosse un partito politico. E quindi non deve meravigliare che qualcuno, anche vescovo, sia intimidito perché “non appartiene alla linea del papa”. Che i vescovi, anziché annunciare la res del cristianesimo, entrino in beghe – non di politica che è la scienza e l’arte architettonica della pubblica convivenza – ma in beghe partitiche. Che giornalisti dipingano la Chiesa gerarchica come un insieme turbolento di correnti ed etichettino credenti e vescovi con stereotipi tratti proprio dall’arena partitica. Non possiamo chiedere di rinunciare a considerare la comunità dei credenti secondo delle categorie tratte dalla sociologica. Ma per rispetto della realtà dobbiamo ricordare che la comunità visibile dei credenti c’è in ragione della comunità invisibile, soprannaturale e divina dei credenti che sfugge all’analisi sociologia e di altre scienze positive. Siamo Chiesa perché Gesù Cristo ha una sposa e ha un corpo.
Siamo Chiesa perché lo Spirito di Cristo anima ogni credente e quindi la Chiesa con la grazia santificante. Se parlo del cristianesimo come se fosse una religione, se per descrivere la Chiesa uso abitualmente etichette e categorie tratte dall’arena partitica, sarà inevitabile ridurre il cristianesimo non solo a religione, ma anche a religione di parte.
Così facendo, l’apertura missionaria al “mondo” e la dimensione cattolica, cioè universale, del mandato che Cristo affida alla sua Sposa saranno ko.
Significativamente lo Sposo della Chiesa non vuole la salvezza di una “parte”, ma del 100%. Non del 50%, ma del 100% dei figli (Luca 15,11-32). Non del 90%, ma del 100% delle monete (Luca 15,8-10). E non si accontenta neanche del 99%, ma vuole proprio il 100% delle pecore (Luca 15,4-7).
E altrettanto significativamente lo Sposo della Chiesa non si rivolge a una “parte”, né parla di “parte”, ma di mondo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Giovanni 3,16-17).

(Fonte: Giorgio Maria Carbone, LNBQ, 24 maggio 2019)
http://www.lanuovabq.it/it/chiesa-partito-il-malinteso-cristianesimo-come-religione