La
visita prenatalizia di papa Francesco al suo predecessore Benedetto ha
riproposto al mondo l’immagine dei due papi assieme.
Come
fatto storico è senza precedenti. Ma qual è il “mistero” che questo fatto
nasconde e insieme rivela?
“Factum
audivimus, mysterium inquiramus”, diceva papa Gregorio Magno. E proprio in un
passaggio delle sue Omelie su Ezechiele c’è forse il senso di questo evento
assolutamente straordinario per la vita della Chiesa: la compresenza di due
papi in comunione tra loro, sia l’uno che l’altro visibilmente consapevoli di
questa misteriosa compresenza predisposta dalla mano di Dio.
Il
blog “Papa Gregorio Magno”
– curato da un monaco dell’abbazia di Roma fondata nel VI secolo da quel grande
padre della Chiesa – ha riproposto nell’imminenza del Natale il suo commento a
Ezechiele 1, 8: “Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo”. E l’ha
corredato con una glossa che applica proprio a Benedetto e Francesco i due
paradigmi della vita contemplativa e della vita attiva.
Dice
Gregorio:
“Che
significa la mano se non la vita attiva? E che significano le ali se non la
vita contemplativa? La mano dell’uomo è sotto le loro ali, come a dire che il
valore dell’attività è legato al volo della contemplazione. Simboleggiano bene
questo le due donne del Vangelo che sono Marta e Maria. Marta era tutta presa
dai molti servizi; Maria invece, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava le
sue parole. Una attendeva all’azione, l’altra alla contemplazione. Una era
impegnata nella vita attiva con un servizio esteriore, l’altra nella vita
contemplativa con il cuore sospeso alla Parola. Ora, quantunque la vita attiva
sia buona, tuttavia la vita contemplativa è migliore, perché la prima termina
con questa vita mortale, la seconda, invece, raggiunge la sua pienezza nella
vita immortale. Per cui è detto: Maria si è scelta la parte migliore, che non
le sarà tolta. Siccome la vita attiva è inferiore, per dignità, a quella
contemplativa, giustamente qui si dice: Sotto le ali avevano mani d’uomo (Ez 1,
8). Infatti, quantunque per mezzo della vita attiva noi compiamo qualcosa di
buono, tuttavia per mezzo della vita contemplativa voliamo con il desiderio
verso il cielo”.
E
conclude:
“La
vita attiva, in ordine di tempo, è prima della vita contemplativa, perché
operando bene, si tende alla contemplazione. La vita contemplativa è però
maggiore, nel merito, alla vita attiva, perché gusta già, nel suo intimo
sapore, il riposo futuro”.
Ma poi
riprende. E sorprende:
“In
Mosé la vita attiva viene chiamata servitù, mentre quella contemplativa
libertà. E benché l’una e l’altra vita siano un dono della grazia, tuttavia,
finché viviamo in mezzo al prossimo, una è necessaria e l’altra volontaria. Chi
infatti conoscendo Dio può entrare nel suo regno se prima non ha operato il
bene? Perciò, senza la vita contemplativa possono accedere alla patria celeste
coloro che non trascurano le opere buone che possono compiere; i contemplativi
invece non possono accedervi senza la vita attiva, cioè se trascurano le opere
buone che possono compiere. La vita attiva, dunque, è necessaria, quella
contemplativa è volontaria. Quella si vive in stato di servitù, questa in stato
di libertà”.
Commenta
a questo punto il monaco di San Gregorio al Celio:
“Dunque
la vita contemplativa è ‘maior’, ma non dà accesso alla patria celeste se prima
non viene preceduta dalla vita attiva che, pur essendo ‘minor’, ha le chiavi
atte ad aprire il regno dei cieli. Per poter accedere alla ‘libertas’ bisogna
passare dalla ’servitus’. Geniale papa Gregorio! Siamo negli anni dei due papi:
uno attivo e l’altro contemplativo”.
Quando
la sera del 21 novembre papa Francesco si recò sull’Aventino nel monastero di
Sant’Antonio delle camaldolesi, ramo femminile del monastero “gregoriano” del
Celio, e visitò la cella dove aveva vissuto come reclusa una monaca proveniente
dagli Stati Uniti, Nazarena,
il monaco che cura il blog “Papa Gregorio Magno” ne ricavò questa ulteriore
riflessione:
“Sia
papa Francesco sia la reclusa Nazarena vengono dalle Americhe: l’una dal Nord e
l’altro dal Sud, ma con ruoli rovesciati. Infatti la statunitense sottolinea,
con la reclusione, la contemplazione e l’argentino sottolinea, con le sue
scelte pastorali, l’azione. Ma poi, al di sopra di loro due, veglia il
grande Anziano della Chiesa Benedetto XVI, come segno posto sul monte
dell’attesa del regno, che si costruisce, ma non si conclude, qui su questa
terra. Che meraviglia di Dio!”.
(Fonte:
Sandro Magister, Settimo cielo, 24 dicembe 2013)