giovedì 6 giugno 2024

GENERE vs SESSO: UNA FALSA ANTROPOLOGIA


Una chiara e dotta esposizione che dimostra l’inattendibilità scientifica e antropologica delle moderne teorie, decisamente false e allucinanti.
 

La negazione della persona sessuata, rompendo l’unità bio-psichica-spirituale, è alla base della nuova visione “fluida”: una ribellione alla realtà che finisce per aumentare la sofferenza.
C’è «un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c'è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche», così ha detto papa Francesco a Tblisi, in Georgia, il 1° ottobre 2016.
Andiamo alle fonti della cosiddetta teoria del gender/genere. In senso molto ampio è un insieme di realtà che condividono caratteristiche essenziali e che differiscono per caratteristiche specifiche: il genere si divide in diverse specie.
In senso più stretto, nella classificazione dei viventi, il genere è un gruppo sistematico di viventi comprendente specie affini. E se parliamo del vivente uomo, questo appartiene all'ordine dei Primati, alla famiglia degli Ominidi, al genere Homo e alla specie Homo sapiens, alla sottospecie Homo sapiens sapiens, e ogni individuo umano è di sesso femminile o maschile. In grammatica il genere è un elemento distintivo di nomi, pronomi e aggettivi. In italiano i generi grammaticali sono due, maschile e femminile. In latino sono tre, si aggiunge il neutro. Sia in latino che in italiano gli esseri animati (persone e animali) hanno il genere che spetta al loro sesso (pater=padre m.; mater=madre f.).
Da questo uso grammaticale è invalsa l'abitudine di considerare il genere sinonimo di sesso. In inglese è stata fatta questa distinzione: la parola sex/sesso ha iniziato a significare categorie biologiche, e la parola gender/genere, categorie sociali e culturali. Es. "l'efficacia del farmaco sembra dipendere dal sesso del paziente" "nelle società contadine il ruolo di genere è definito chiaramente". Fin qui bene, sono distinzioni di una certa utilità.
Ma poi si è passati a questa successiva distinzione: sesso «si riferisce alle caratteristiche biologiche e fisiologiche che definiscono gli uomini e le donne», genere «si riferisce ai ruoli, i comportamenti, le attività e gli attributi costruiti socialmente» (WHO, Gender, women and health, www. who.int/gender/whatisgender/en). Nota un'assenza: la parola genere perde il suo nativo riferimento al sesso, al dato sessuale-biologico. Che il riferimento al sesso sia stato perso è il risultato di un'operazione voluta e ideata da John Money.

Alle origini della teoria 
John W. Money (1921-2006) dottore in psicologia, attivo per molti anni a Baltimora USA, insieme agli psichiatri Joan e John studia gli stati intersessuali, cioè quelle condizioni nelle quali esiste un conflitto tra uno dei diversi fattori che determinano la differenziazione sessuale, sesso cromosomico, sesso gonadico, sesso genitale o fenotipico, e lo sviluppo sessuale successivo. E proprio in relazione agli stati intersessuali nel 1955 inizia a usare il termine gender/genere come distinto dal termine sex/sesso. Money definisce il genere così: 

«Stato personale, sociale e legale di maschio, femmina o misto definito in base a criteri somatici e comportamentali più generali del semplice criterio genitale. [...] L'identità di genere è il vissuto privato del ruolo di genere, il ruolo di genere è la manifestazione pubblica dell'identità di genere di maschio, femmina o di individuo ambivalente (in misura maggiore o minore), quale viene vissuta in particolare nell'immagine di sé e nel comportamento. Il ruolo di genere è tutto ciò che una persona fa e dice per indicare ad altri o a sé stessa il grado in cui è maschio, femmina o ambivalente: comprende l'eccitamento e la risposta sessuale, ma non è limitato ad essi» (Amore e mal d'amore [Love and Love Sickness, Baltimore 1980], Feltrinelli, Milano 1983, 298-299). 
«Il termine sesso deve essere riservato a indicare ciò che attiene agli organi genitali e alle loro funzioni, [...] l'identità/ruolo di genere comprende tutto ciò che ha a che fare con le differenze comportamentali e psicologiche tra i sessi, indipendentemente dal fatto che siano intrinsecamente o estrinsecamente legate ai genitali» (ibid., pp. 32-33).

Quindi, il genere non è una conseguenza derivante dall'insieme dei caratteri genetici, fisici, funzionali e fisiologici, ma può discostarsi dall'identità genetica e fisiologica. 
Money sostiene che, come il sesso psicologico e i ruoli sessuali sono determinati dall'ambiente e dalla cultura, così anche il genere, il ruolo di genere e l'orientamento di genere sono determinati dall'ambiente e dalla cultura. In altri termini, i bambini, come imparano una lingua nella prima infanzia in ragione dell'ambiente e della lingua che ascoltano, così nella prima infanzia apprendono il genere al quale appartengono (ibid., p. 30). 
Nonostante il fallimento dell’esperimento Bruce-Brenda-David Reimer" - che non possiamo riferire per limiti di spazio - e del falso scientifico relativo a questo caso, Money divenne molto famoso come sessuologo e ha divulgato soprattutto mediante TV la sua teoria interazionista secondo la quale l'identità di genere è fluida e soggetta a continui aggiustamenti.

La nuova accezione di gender/genere 
La nuova accezione di gender/genere in breve tempo ha fatto il giro del mondo ed è entrata in numerosi documenti, soprattutto politici e giuridici. Data la brevità dello spazio e anche l'autorevolezza dell'autore - si tratta dell'ONU - ne basterà uno:

«Adottare una prospettiva di genere significa [...] distinguere tra ciò che è naturale e biologico da ciò che è costruito socialmente e culturalmente, e nel processo rinegoziare i confini tra naturale - e la sua relativa inflessibilità - e il sociale - e la sua relativa modificabilità» (United Nations, Gender Concepts in Developmentol Planning, New York 1996, p. 11)

Mentre la parola gender/genere sta sempre più prendendo spazio, lentamente la parola sesso sta quasi scomparendo, evidentemente sostituita dalla parola genere. 
La Costituzione della Repubblica parla di sesso: «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso...» art. 3,1. Oggi, invece, molti preferiscono parlare di distinzione di genere, di discriminazione di genere, di violenza di genere. Una volta i questionari chiedevano il sesso di appartenenza. Oggi chiedono di specificare il genere. Dato il dilagare della volgarità e della pornografia, possiamo escludere che sostituire sesso con genere sia una nuova forma di pudore, che sia nuovamente di moda la mentalità vittoriana. Ma non è neanche un discorso innocuo.

Il successo e gli sviluppi della nuova accezione 
La tesi formulata da Money, pur essendo una mera asserzione priva di evidenza scientifica, è stata assunta come il fondamento medico-scientifico di alcune correnti culturali molto attive alla fine degli anni '60 del secolo scorso negli Stati Uniti, penso al femminismo radicale di Shulamith Firestone e al movimento di liberazione omosessuale. 
Questi movimenti di opinione miravano ad abbattere i ruoli e cancellare la distinzione tra i sessi al fine di «livellare tutto in parità», come si esprime la Firestone in “La dialettica dei sessi” (Guaraldi, Firenze 1974, p. 59). Dietro la diffusione della teoria del gender c'è la volontà di pochi di proporre una nuova visione di uomo ben illustrata da Kate Bornstein, l'ideatore/trice della fluidità di genere:

«La fluidità di genere è la capacità di diventare in modo cosciente e libero uno degli infiniti numeri di genere, per il tempo che vogliamo a ogni ritmo di cambiamento. La fluidità di genere non conosce limiti o regole di genere» (Gender Outlaw: on Men, Women and the Rest of Us, Rutledge, New York 1994, p. 115).

In questa prospettiva il dato corporeo, genetico, anatomico, fisiologico della persona non conta, ciò che è determinante è la sua scelta assoluta, cioè completamente svincolata dalla propria corporeità. Questa visione può essere tanto facilmente enunciata, quanto difficilmente vissuta fino alla fine perché è semplicemente utopica. 
Nessuno di noi può prescindere dal proprio corpo e da ciò di cui il corpo è portatore: ognuno di noi è un individuo che è insieme corpo e intelligenza. In ragione del corpo sono determinato, finito, vivo nella storia e simultaneamente in ragione della dimensione spirituale, cioè delle facoltà immateriali dell'intelligenza e della volontà, sono aperto all'infinito, posso superare i limiti della finitezza storica, posso progettare il mio futuro. La bellezza e la dignità della persona umana stanno proprio in questa unità tra soma e psiche, tra corpo e anima, come insegnano i grandi filosofi classici.

Gender e nuova antropologia 
Tiriamo le conclusioni: accettare l'opposizione gender-sesso biologico, quale visione della persona umana implica?

1) Il sesso genetico e l'identità sessuale, cioè l'essere maschio e l'essere femmina, diventano aspetti da superare con la libera scelta del ruolo e dell'identità di genere. Non sono rilevanti l'alterità e la complementarietà tra maschio e femmina. Ciò che conta è la scelta del genere e del ruolo di genere. Perciò è frantumata l'unità bio-psichica-spirituale della persona umana.

2) Significa negare la persona sessuata: l'essere umano è sradicato dalla sua dimensione corporea, sessualmente definita. L'opposizione gender-sesso biologico implica un individuo umano indistinto o neutro che in qualsiasi momento può scegliere in quale genere collocarsi, senza alcun condizionamento. Il dato corporeo umano non sarebbe portatore di alcun significato, per cui potrebbe essere modificato a piacere e vissuto in qualsiasi modo. Perciò, non mi sarà possibile definire la sessualità in termini oggettivi, non potrò più fare riferimento al sesso, inteso come l'insieme dei caratteri genetici, fisici, funzionali, fisiologici, psicologici e culturali che in individui della stessa specie contraddistinguono soggetti diversamente predisposti alla funzione riproduttiva.

3) L'uomo è identificato non tanto come persona, ma per il suo orientamento, le sue preferenze e le sue pulsioni, sessuali o non sessuali. L'orientamento, qualunque esso sia, è talmente enfatizzato e glorificato come fonte di felicità che va vissuto così come si presenta. Perciò non importa il termine dell'orientamento e l'oggetto della pulsione, l'importante è manifestare l'orientamento e esprimere liberamente le pulsioni. E non essendoci riferimenti oggettivi, qualsiasi orientamento è equipollente agli altri. E allo Stato è chiesto di tutelare qualsiasi orientamento e stile di vita.

4) Negato il significato all'identità corporea e sessuale, e posto che posso scegliere in modo assoluto il mio genere di appartenenza, si ridurranno le relazioni umane significative e strutturanti la mia personalità. Il gender muta radicalmente i legami relazionali: come nascono e cosa sono. Questi sono fondamentali nel processo di formazione dell'identità. La relazione, anche sessuale, diventa una questione di scelta, rivedibile continuamente ed emancipata da qualsiasi altro aspetto che non sia la stessa capacità di scegliere, e quindi non sarà più il compimento di un progetto corrispondente alla nostra natura corporea sessuata e razionale.

5) È un atteggiamento di ribellione nei confronti della realtà, il che non può che aumentare la sofferenza e l'angoscia nell'uomo.

6) La visione antropologica sottostante il gender è: 
riduttiva perché l'uomo è ridotto al suo orientamento;
dannosa perché giustifica qualsiasi condotta-compulsiva, e rischia di produrre personalità psicologiche confuse, indeterminate e insicure, che si fermano ai propri orientamenti pulsionali senza armonizzarli nell'identità sessuale e nella ragione; 
utopica perché l'uomo è identificato con la sua scelta, e su tale scelta la libertà umana è assolutamente sovrana, essendo emancipata dal dato fisico-corporeo e quindi anche dal dato del contesto storico-esistenziale. Ma questa libertà non esiste in rerum natura; produce effetti caotici proprio nell'identità umana.


FONTE: Giorgio Maria Carbone, Professore ordinario di Teologia morale e Bioetica - Facoltà di Teologia, Bologna in La Bussola mensile, 6/2024, pag. 17

mercoledì 5 giugno 2024

PROFESSIONE CELEBRANTE, ARRIVA IL SURROGATO LAICO DEL PRETE


Archiviata la religione, resta la voglia di cerimonie sostitutive officiate da professionisti, che però ricalcano i riti cristiani facendo sentire ancor di più il grande assente: Dio.

54%. È la percentuale di matrimoni civili registrata nel 2021 in Italia. Da anni gli italiani preferiscono il sindaco al sacerdote per sposarsi. Però il rito è “tristo” in comune e così sempre più spesso ci si dà all’ibridazione: un primo “sì” al municipio e poi su un bel prato un secondo “sì” con tanto di fiori, musiche, testimonianze e un celebrante senza fascia tricolore.
Parliamo di quest’ultimo. Pare che il celebrante sia diventato una vera e propria professione a tutti gli effetti dato che esiste anche una federazione ad hoc che si chiama Federcelebranti. Una figura, quella del celebrante, sempre più richiesta non solo per le nozze, ma anche per le unioni civili – che segnano un +32% nei primi mesi del 2022 – i funerali, le nascite, le convivenze (si vuole così sugellare la convivenza senza volersi però sposare), le lauree, i fidanzamenti ed addirittura i “cambi” di sesso, le guarigioni e i divorzi. Insomma ogni occasione è buona per chiamare in causa un celebrante con le sue relative competenze. Costui è sostanzialmente un planner che organizza tutto nel dettaglio: canti, musiche, letture di poesie, testimonianze, foto, addobbi, arredi, redazione del finto consenso matrimoniale e molto altro ancora. Naturalmente il suo ruolo principale è quello di raccogliere le promesse dei due piccioncini.
In merito ai matrimoni, il celebrante può fungere da delegato del sindaco oppure no. In quest’ultimo caso si chiede al celebrante solo di ripetere il momento del consenso già avvenuto in comune, abbellendolo, impreziosendolo appunto con canti, fiori ed addobbi. C’è pure la firma sul certificato di matrimonio, ovviamente simbolico. Si possono anche scegliere diversi riti: il rito delle sabbie, il rito celtico dell'handfasting con i nastri, il rito della luce, quello dell’albero, quello della scatola del tempo. Significativo poi il Naming, ossia la Cerimonia del nome o Cerimonia di benvenuto. Avviene dopo il battesimo o anche al posto del battesimo.
Il fenomeno qui descritto nasce semplicemente dal fatto che le persone hanno abbandonato in discarica la fede. Niente più matrimoni, né funerali in Chiesa e sempre meno battesimi. Però rimane la voglia di stare insieme (magari non per sempre, ma per il tempo necessario) e rimane il fatto che si nasce e si muore. Come allora celebrare queste vicende umanissime che interessano tutti? Ecco inventarsi riti laici, pagani, new age e post age che scimmiottano i riti sacri. Si tratta in definitiva di mimesi. Tali riti sono quindi una copia patetica degli autentici riti cristiani. Cestinati gli originali si ricorre ai surrogati. In tal modo abbiamo il rito dell’amore che è il matrimonio, il rito di benvenuto che è il battesimo, il rito del commiato che è il funerale. Una traduzione laica e laicista dei sacramenti e sacramentali cristiani. Questo è tanto vero che il celebrante appare a tutti essere una copia del sacerdote. Naturalmente la cultura secolare ha prodotto nel tempo anche i suoi nuovi sacramenti e dunque perché non celebrare anche divorzi ed unioni civili?
Il fenomeno sociale qui descritto mette comunque in luce un aspetto di carattere antropologico di segno positivo. L’uomo è portato per natura a comunicare l’importanza di ciò che fa con segni adeguati. Ecco il ricorso insopprimibile ai simboli ed ecco  il ricorso ai riti, che sono simboli in successione e connessione. La forma è necessaria per comunicare un certo contenuto e più il contenuto è rilevante più la forma deve esserlo anche lei. Simboli e riti quindi accompagnano l’uomo nella storia in modo ineludibile.
Per paradosso poi accade che quello che hai buttato dalla porta rientri dalla finestra. Ciò a voler dire che questi riti volutamente acattolici, tendono involontariamente al sacro proprio perché il trascendente è il grande assente, la cui assenza si nota eccome. Questa sorta di liturgie – storture delle vere liturgie – crea come dei buchi al loro interno. Abbiamo i canti, le invocazioni che sono simil-preghiere, i ringraziamenti, lo scambio delle promesse, tutto concorre a far percepire l’assenza di Dio che dovrebbe accogliere le invocazioni e i ringraziamenti, che dovrebbe benedire le promesse. Tutto allora reclama un piano più elevato, più sublime. Tutto prova che questa realtà terrena trova il suo ultimo e definitivo compimento nel Cielo.    

 

(Fonte: Tommaso Scandroglio, LNBQ, 25 maggio 2024) 
https://lanuovabq.it/it/professione-celebrante-arriva-il-surrogato-laico-del-prete

 

GAY IN SEMINARIO, SE IL PAPA SI RIMANGIA TUTTO


Dopo l'uscita sulla "frociaggine" dei preti, clamorosa giravolta di papa Francesco: incoraggia un aspirante seminarista gay a proseguire. Una contraddizione inconcepibile, che si tramuta in una vittoria per la lobby Lgbt. 
 

Ormai non si può più neanche dire che sia una sorpresa. Dopo il clamore suscitato dall’uscita sull’«aria di frociaggine» in seminario e tra i sacerdoti, la lobby gay non poteva stare con le mani in mano. Ed ecco allora prima un servizio della BBC su un giovane siciliano gay che afferma di essere stato sottoposto a terapie riparative che somigliano a torture mentre era in seminario.
E poi, soprattutto, la lettera a papa Francesco dell’«aspirante seminarista gay» che lamenta di essere stato rifiutato per la sua omosessualità malgrado sentisse una forte vocazione. Una mail scritta il 28 maggio dal 22enne Lorenzo Michele Noè Caruso, questo il nome del ragazzo, «tre pagine in cui ha aperto il suo cuore al santo Padre», spiega il Messaggero che ha raccontato per primo la storia. E con una tempestività sorprendente, Lorenzo ha ricevuto una risposta già il 1° giugno: «Un cartoncino scritto a mano, scannerizzato e allegato alla mail». Il contenuto della risposta è anzitutto la denuncia del clericalismo, evocato nella lettera del ragazzo, per poi andare al sodo: «Gesù chiama tutti, tutti. Alcuni pensano alla Chiesa come una dogana, e questo è brutto. La Chiesa deve essere aperta a tutti. Fratello, vai avanti con la tua vocazione».
Ovviamente la lettera è stata subito pubblicata per far capire «chi è il Papa vero, non è quello che hanno fatto credere».
E già, la domanda sorge spontanea: chi è il Papa vero? Perché è evidente che non c’è modo di conciliare l’uscita sulla “frociaggine” con questa lettera. È vero che «vai avanti con la tua vocazione» potrebbe significare qualsiasi cosa, ma in questo contesto non poteva che essere letta come un via libera all’ingresso in seminario (a meno che non intervenga di nuovo la Sala Stampa vaticana per rettificare).
Ma il punto è che anche il discorso del 20 maggio ai vescovi italiani era chiarissimo: al di là della terminologia usata, l’invito del Papa a impedire l’accesso al seminario a candidati con tendenze omosessuali non era equivocabile, anche se qualcuno ci ha provato. Abbiamo già fatto notare che il discorso ai vescovi italiani sembrava in palese contraddizione con quanto fatto in questi anni per promuovere l’agenda Lgbt nella Chiesa. E certamente la confusione, l’ambiguità, la doppiezza sono una caratteristica di questo pontificato.
Ma qui siamo evidentemente oltre: uno stesso caso che riceve due risposte diametralmente opposte è inconcepibile. E sorvoliamo anche sulla gravità di smentire per sentito dire il giudizio di un rettore di seminario che avrà pur valutato i requisiti del candidato considerandolo non idoneo, non necessariamente solo per l’omosessualità.
Tornando alla questione principale però, non si può eludere la domanda: come è possibile affermare una cosa e anche il suo contrario nel giro di una settimana, e su un tema così delicato?
Forse qualcuno fantasticherà sull’esistenza di due Papi o sulla falsificazione della lettera all’aspirante seminarista, o ancora sull’interpretazione del discorso ai vescovi italiani. Ma restando con i piedi per terra, possiamo pensare soltanto a due possibilità.
La prima è che bisognerebbe cominciare, con tutto il rispetto possibile, a farsi qualche domanda sulla stabilità psichica del Pontefice. Non è certo la prima volta che suoi atteggiamenti e discorsi fanno sorgere dei dubbi, ma finora papa Francesco ha potuto godere del favore della stampa progressista, che ha sempre evitato di far emergere le contraddizioni o di calcare troppo sugli scivoloni. Nulla doveva intaccare l’immagine di un Papa “rivoluzionario” che rivolta la Chiesa, la narrazione di un Papa (buono) che lotta contro i cattivi (tutta la Chiesa). Ma con l’avanzare dell’età è normale che certe fragilità si accentuino e diventi più difficile nasconderle. Il problema in questo caso sarebbe soprattutto chi gli sta intorno, che copre una situazione che andrebbe affrontata in altro modo, magari per approfittarne.
La seconda ipotesi è che, al di là di quello che pensa veramente sulle singole questioni, debba “obbedire” a un mandato ricevuto. Non possiamo fare illazioni su chi e perché, ma che ci siano forti pressioni da parte di alcune lobby o cordate appare piuttosto evidente. La sistematica promozione di associazioni o prelati palesemente pro-gay, tanto per restare in tema, è un fatto sotto gli occhi di tutti.
Solo per fare l’ultimo esempio: proprio la settimana scorsa papa Francesco ha nominato come membri del Dicastero per la Dottrina della Fede – che su questi temi ha giurisdizione - due cardinali (José Tolentino de Mendonça e Marcello Semeraro) e l’arcivescovo Bruno Forte, notoriamente vicini ai gruppi Lgbt. Tolentino de Mendonça, tra le altre cose, è uno strenuo sostenitore dell’ex religiosa Maria Teresa Forcades i Vila, famosa per la sua “teologia queer”; Semeraro, attualmente prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, da vescovo di Albano aveva fatto della sua diocesi il punto di riferimento dei gruppi Lgbt “cattolici”; e Forte, già ai tempi del primo Sinodo sulla Famiglia (2014) aveva spinto per il riconoscimento delle unioni omosessuali.
Così, anche l’uscita maldestra sulla “frociaggine” che sembrava volesse porre un limite a certe tendenze nel clero, si sta trasformando nel suo contrario, ovvero il rafforzamento della presenza pro-gay al vertice della Chiesa e ora anche nei seminari.
Ad ogni modo, quale che sia il problema – e non escludiamo apriori altre ipotesi su questo “Francesco contro Francesco” - la faccenda è molto seria.


(Fonte: Riccardo Cascioli, LNBQ, 4 giugno 2024) 
https://lanuovabq.it/it/gay-in-seminario-se-il-papa-si-rimangia-tutto