Fino
all’inizio degli anni Sessanta l’Olanda spiccava come una delle nazioni più
cristiane, per quantità di fedeli osservanti e per spinta espansiva. Il 12 per
cento dei missionari cattolici nel mondo erano olandesi.
Poi,
rapidissimo, il crollo. Al punto che oggi l’Olanda è uno dei Paesi più
scristianizzati d’Europa. Solo un olandese su quattro dichiara oggi di
appartenere a una Chiesa cattolica o protestante, o di professare una fede. Su
una popolazione di oltre 17 milioni, i cattolici che si registrano come tali
sono calati a 3 milioni e mezzo e di questi non più di 150 mila vanno a messa
la domenica, buona parte dei quali immigrati da altri continenti. Non si
contano le chiese, sia cattoliche che protestanti, chiuse e trasformate in
edifici profani.
Esce in
questi giorni in Italia, edito da Ares, un libro che
dà voce a un testimone autorevolissimo del caso olandese. È un’intervista di
Andrea Galli all’arcivescovo di Utrecht, il cardinale Willem Jacobus Eijk, che
è di notevole interesse per almeno due motivi: per l’acutezza con cui egli
individua le cause del crollo ma anche per la fiducia che ripone in
un’incipiente rinascita, grazie al “piccolo resto” di fedeli “che credono, che
pregano, che hanno un rapporto personale con Cristo”, nonostante “chiunque
trovi oggi il coraggio di esporre la dottrina cattolica, specie sul matrimonio
e l’etica sessuale, si senta dare del pazzo”.
Sulla
copertina del libro spicca l’inquietante domanda di Gesù: “Il Figlio dell’uomo,
quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Luca 18, 8). Ma il titolo, “Dio
vive in Olanda”, esprime appunto questa fiduciosa scommessa sul “piccolo resto”
di credenti, sul ricambio generazionale che alla tempesta rivoluzionaria degli
anni Sessanta e Settanta vede oggi sostituirsi “un carattere veramente
cattolico già nel modo di celebrare la liturgia: ‘lex orandi, lex credendi’”.
Più
sotto sono riportati alcuni passaggi dell’intervista del cardinale Eijk, nei
quali egli riconduce l’eclissi della fede cristiana principalmente alla cultura
“iper-individualista” impostasi in Occidente a partire dagli Sessanta,
intollerante nei confronti di “un essere che la trascenda, sia esso la
famiglia, lo Stato, la Chiesa, o Dio”. Una cultura alla quale l’élite
progressista della Chiesa olandese dell’epoca, attivissima nel Concilio
Vaticano II, si sottomise, annientandosi.
“UNA
CRISI DI FEDE MAI VISTA PRIMA”
La
caduta della Chiesa olandese può insegnare qualcosa di interessante sulle cause
di una crisi di fede mai vista prima come entità. Proviamo a tornare agli anni
Quaranta del secolo scorso.
Il 9
ottobre del 1947, per la precisione, un gruppo di nove persone, laici e
sacerdoti, si riunì nel seminario minore dell’arcidiocesi di Utrecht per
discutere dei cambiamenti inquietanti che venivano osservati fra i cattolici in
tutto il Paese. I risultati di quel confronto furono pubblicati in un libro dal
titolo significativo, “Onrust in de Zielzorg” [“Fermento nella cura d’anime”].
Costoro constatavano una stanchezza della pastorale, inoltre vedevano che il
legame fra i cattolici e la Chiesa non si fondava più sui contenuti della fede,
ma era un legame di tipo sociale. La fede era vista come un insieme di
comandamenti e un sistema di verità astratte che non toccavano la vita
quotidiana. L’appartenenza alla Chiesa era essenzialmente un fattore
comunitario: si andava alla scuola elementare cattolica, poi alla scuola media
cattolica, si era membri di associazioni cattoliche, soprattutto nel campo
sportivo e dello scoutismo. Si era cattolici per motivi di appartenenza
sociale, perché si cresceva in strutture cattoliche, non in base a una fede
vissuta. […]
Sicuramente
la Chiesa olandese, con la sua unità basata su legami sociali più che sulla
fede vera, non poteva reggere a cambiamenti culturali così radicali come quelli
degli anni Sessanta. In quel decennio crebbe rapidamente la ricchezza pro
capite, il che mise le persone in grado di vivere autonomamente e quindi
indipendentemente l’una dall’altra. Fu una grande spinta alla cultura
individualista diventata poi iper-individualista. […]
L’iper-individualista
non vuole un essere che lo trascenda, come la famiglia, lo Stato, la Chiesa o
Dio. E se manifesta il bisogno di una di queste realtà, si tratta di un bisogno
a scopi utilitaristici, cioè per interessi – in genere economici – che l’individuo
stesso non può soddisfare da solo, con le proprie forze. In questo clima non ci
si può immaginare appartenenti a una comunità, come la Chiesa, che ha delle
convinzioni comuni, meno che mai di avere sopra di sé un papa o una gerarchia
che insegnano le verità della fede, inclusa quella morale, guidati dallo
Spirito Santo e partecipando dell’autorità di Cristo. […]
Quello
che colpisce è il fatto che in Olanda il dibattito sull’introduzione
dell’eutanasia ha preceduto quello sulla depenalizzazione dell’aborto, al
contrario di ciò che è successo praticamente in tutti gli altri Paesi. Il
motivo è probabilmente che nel nostro Paese si iniziò a parlare di eutanasia
già nel 1969 con il libretto “Medische macht en medische ethiek” [“Potere
medico ed etica medica”] di Jan Hendrik van den Berg, professore di psichiatria
dell’Università di Leida, che propugnava la soppressione di bambini nati con
gravissime anomalie fisiche causate dal thalidomide, un farmaco preso dalle
donne in gravidanza contro le nausee. […]
Cattolici
e protestanti hanno saputo mantenere una maggioranza in parlamento fino al
1967. Nel 1980 il partito cattolico e due partiti protestanti si sono fusi nel
Christen-Democratisch Appel (CDA), diventato negli anni Ottanta il primo
partito con circa un terzo dei seggi in parlamento. Ciò tuttavia non ha
impedito al parlamento di approvare la legge sull’aborto nel 1981. il CDA si è
secolarizzato e ha perso i suoi tratti originali molto velocemente. […] Oltre a
questo partito “democristiano”, il più grande, vi sono due partiti protestanti
più piccoli, la Christen-Unie (CU) e la Staatkundig Gereformeerde Partij (SGP).
[…]
Il CDA
ha oggi 19 seggi in Parlamento, il CU 5 e il SGP 3. Cioè i partiti politici
cristiani hanno oggi insieme solo 27 seggi su un totale di 150. Ciò non toglie
però che il loro influsso politico sia sensibile. I Paesi Bassi hanno adesso un
governo che consiste in un partito liberale di destra, un partito liberale di
sinistra – avvocato della legge sull’eutanasia del 2002 e della legalizzazione
del cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso nel 2001 – e inoltre
il CDA e la CU. Questi ultimi due partiti cristiani sono un impedimento al
piano che aveva il governo precedente, quello di far approvare una legge sulla
cosiddetta “vita compiuta”, per permettere l’assistenza al suicidio di persone
che dicono di soffrire insopportabilmente e senza prospettive per cause non
mediche, come la solitudine, un lutto, l’età avanzata. […] Sebbene i liberali
al governo si siano detti favorevoli ad approvare questa proposta legislativa,
i due partiti cristiani sono stati in grado di bloccarla. […]
Una
delle intenzioni del Concilio Vaticano II era che la Chiesa si aprisse alla
società, cosa che ha fatto, ma la società da parte sua non si è aperta alla Chiesa.
Anzi l’ha espulsa dalla vita pubblica. La Chiesa poi è caduta in una delle più
profonde crisi di fede della sua storia e non si trova oggi nella posizione
migliore per trasmettere la fede alla società. Molti laici e molti pastori sono
confusi riguardo ai contenuti della fede. Solo dopo aver messo in ordine la
propria casa, la Chiesa sarà di nuovo davvero capace di evangelizzare il mondo.
[…]
Molti
parlano del pericolo di uno scisma, ma io penso di no. Penso piuttosto che
avverrà in molte parti del mondo quello che è già avvenuto da noi in Olanda.
C’è stato un risanamento silenzioso tramite il ricambio delle generazioni. […]
Perché chi rimarrà alla fine nella Chiesa? I preti e i laici del ’68, di quegli
anni di sbandamento, con idee ultra progressiste, non ci sono quasi più. In
Olanda sono rimasti coloro che credono, che pregano, che hanno un rapporto
personale con Cristo.