Una
massima indubbiamente propositiva questa di Robert Baden-Powell, fondatore e
animatore del movimento scautistico. Non conosco a fondo il suo pensiero, non
avendo avuto modo di leggere i suoi libri; ma il ricco florilegio di sue frasi
che circola nell’ambiente, gli accredita un valore sicuramente educativo
per i giovani, anche se talvolta i suoi slogan danno l’impressione di poggiare
più sul buonismo e sull’ovvio, che su solidi principi di ordine morale.
E fin
qui, rimanendo nel sociale, nulla da eccepire. Un po’ meno condivisibile, anzi decisamente fuori luogo e discutibile, è l’aver riprodotto questa esortazione a caratteri cubitali su un grande cartello, e averlo affisso, come ho avuto modo di scoprire, in una chiesa, in prossimità del presbiterio, a due passi dall’ambone, luogo liturgicamente preposto alla proclamazione della Parola di Dio: quella vera di Parola, quella autentica; quella che dice: «Io sono la Via!»; “Io, Cristo, sono la strada sicura per tutti voi credenti. Sono Io l’unica strada che tutti voi siete chiamati a percorrere; non esistono altre vie”. Quindi a che pro un simile cartello in quel luogo? “Quaestio non datur” direbbe san Tomaso: è improponibile, per chi crede e frequenta la Chiesa, anche solo mettere in dubbio l’esistenza della strada maestra da seguire; significherebbe non conoscere Cristo-Via; significherebbe ignorare Lui e la sua Parola: e ciò è da escludere a priori.
Ammesso quindi e non concesso che i giovani cristiani di oggi non conoscano l’esistenza di Cristo, io direi che invece di esortarli a inventare nella vita una strada a Lui alternativa, sarebbe molto più proficuo insegnare loro a conoscerlo, a studiarlo, ad amarlo, a seguirlo; e allora, con buona pace di Baden-Powell, scoprirebbero immediatamente, davanti ai loro passi, l'esistenza di una strada stabile per sempre, larga e luminosa!
Peraltro, accettare, suggerire e condividere quelle parole, estrapolate dal loro contesto, significa esortare i giovani a crearsi autonomamente una “loro” strada, adattandola alle “loro” esigenze, ai “loro” ritmi, a quello che essi ritengono più o meno percorribile e comodo. Ma, scusate, questo non è “relativismo”?
(MaLa, 24 luglio 2012)