giovedì 20 maggio 2010

Noi stiamo sempre col papa

Noi stiamo col Papa, con questo grande Papa, che Dio ha donato alla Chiesa dopo Giovanni Paolo II. E in questo modo ci uniamo all’abbraccio dei 250.000 che oggi erano in piazza San Pietro.
Ad essi e a tutti i cattolici sparsi nel mondo, nel suo discorso, Benedetto XVI ha ridetto una cosa semplice semplice, che non dovremmo mai stancarci di ripeterci. Il nostro nemico principale è il peccato. Quando l’uomo pecca si “torce” (per usare un verbo dantesco) altrove rispetto alla luce di Dio. E tutto diventa improvvisamente buio e triste. Tutto diventa più difficile, perché l’uomo perde la direzione per la quale è fatto e nella quale trova il senso di sé e del mondo.
Il peccato, dunque, che la Chiesa conosce bene, col quale ha dovuto sempre fare i conti nella sua lunga storia. La Chiesa è nata peccatrice. Basta ricordare i tradimenti e le piccinerie dei suoi primi figli, del suo primo Papa, che il Vangelo non ha mai taciuto, che i primi cristiani non hanno mai taciuto. E oggi il successore di Pietro non tace. Dice apertamente che questo peccato è dentro la Chiesa e che certi peccati, in particolare, sono i più gravi e odiosi. Benedetto XVI non si è limitato a dire, ma ha agito. Ha convocato, ha dato disposizioni, ha rimosso chi doveva essere rimosso, ha chiesto umilmente scusa, ha incontrato chi non era mai stato incontrato.
Per questo risulta tanto più cattivo, violento, preconcetto e falso l’atteggiamento di tutti coloro che hanno sfruttato il dolore della Chiesa universale di fronte al proprio peccato, per un attacco senza quartiere, sfrontato, a tratti ridicolo, sicuramente eccessivo. Non si tratta di tacere, ma di dire con la necessaria discrezione e col necessario rispetto. Invece, nessuna discrezione e nessun rispetto, quando si tratta della Chiesa di Roma. Ci si occupa dei cattolici solo quando fanno del male, non certo quando fanno del bene, né quando vengono massacrati in giro per il mondo per il bene che fanno. E’ questo che non si può accettare.
Sono stati mesi in cui abbiamo percepito l’odio e, con esso, il desiderio, sempre presente in certe persone, che la Chiesa “finalmente” scomparisse, affogasse nel suo stesso male. Direi che molti hanno dato l’impressione di voler vendere la pelle dell’orso prima ancora di averlo ammazzato. E probabilmente sono anche riusciti ad ammazzarlo, questo scomodo “orso”, dentro il cuore di molti, almeno di quelli che bevono tutto ciò che viene diffuso dagli organi di disinformazione.
Voglio ricordare un fatto, un solo fatto, che risale a due settimane fa, al concerto del Primo Maggio in Piazza Santi Apostoli. Sul palco una noiosissima Carmen Consoli dedica una canzone ai bambini vittime della pedofilia, che subiscono violenza (cito a memoria) nelle scuole, nelle case, nelle CHIESE. Le tre parole sono dette in un crescendo d’intensità che volutamente accentua l’ultimo termine. Finalmente la Consoli ha trovato il motivo per sfogare tutto l’odio che prova dentro per la Chiesa, finalmente la cronaca le ha messo in mano l’arma giusta, il coltello da affondare nella piaga. Non dirà una parola, ovviamente, per il bambino che pochi giorni prima è stato lasciato morire, buttato via da qualche parte in qualche ospedale come feto non completamente abortito. Non ci sarà una parola per questi bambini che sono vittime non di qualche malato e criminale, ma di una legge del nostro Stato. No, per quelli non ci saranno parole, anche se la cronaca parla di loro. Perché quello che conta è diffondere l’odio che si prova dentro, come fanno intellettuali, romanzieri, pseudo scienziati che si aggirano lugubri nei salotti dell’intellighenzia di sinistra.
Epperò la Consoli ha detto una cosa giusta, e l’ha ribadita proprio Benedetto XVI, con il quale la noiosissima cantante non pensa forse di essere così in sintonia. E’ giusto quel crescendo, perché i pochi scandali che avvengono nella Chiesa fanno un rumore enorme. Perché la Chiesa è un bosco fatto di grandi alberi, che quando cadono non passano di certo inosservati. La grandezza della Chiesa è la sua debolezza e i suoi nemici sono lì sempre in agguato, in attesa che qualche albero stramazzi al suolo.
Il peggior nemico è il peccato. Quello del Papa è un richiamo alla responsabilità e alla verità delle cose. Per far parte del bosco occorre vigilare, stare in piedi “guardando di non cadere”, riconoscere sempre il proprio male ed essere pronti a riparare. La fortuna del cristiano è che il suo Dio è un padre buono, che non nega mai l’abbraccio al figliolo che torna umilmente a casa e chiede perdono dopo essersi macerato con i porci.

(Fonte: Gianluca Zappa, La Cittadella, 16 maggio 2010)

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