giovedì 26 agosto 2010

Crisi della fede nella società contemporanea

«[Le persecuzioni], però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. […] Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto....
…l’unione con la Sede Apostolica assicura alle Chiese particolari e alle Conferenze Episcopali la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali, che possono in certi casi ostacolare la missione ecclesiale. […]Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di Comunità che patiscono l’influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo». (Brani tratti dall’omelia di Benedetto XVI per la festa dei Santi Pietro e Paolo, 29/06/2010)
In merito alla situazione drammatica in cui versa la Chiesa in questi tempi e di fronte a queste parole pronunciate oggi dal Santo Padre occorre riflettere. Chi conosce il Magistero di Benedetto XVI sa che queste parole non sono una novità.
La crisi morale, che per alcuni è la ragione ultima della crisi della Chiesa e delle persecuzioni che deve subire, ha radici nella crisi di fede e non in una incapacità della Chiesa di stare al passo con i tempi. Ecco perché il Santo Padre insegna che le persecuzioni “non sono il pericolo più grave”. Senza la fede nel Signore Risorto – veramente Risorto - cade il fondamento della morale e resta solo vuoto moralismo interpretabile al gusto del singolo e/o delle maggioranze. D’altra parte, come diceva S.Paolo, se il Signore non è risorto la fede è roba da pazzi.
Questo è il cuore del problema, la perdita della fede e non altro.
La conseguenza di tutto questo è soprannaturale: la ferita del Corpo Mistico di Cristo, ma di questo non ne parla mai nessuno e pochi fedeli sanno cosa significa, figurarsi il “mondo”. La crisi di fede cresce e si sviluppa particolarmente laddove “dottrine fuorvianti” influenzano le anime rendendole più facilmente preda delle tentazioni: si è creato un terreno fertile utile alla crescita di un’idea di libertà priva di riferimento alla Verità. Quell’idea che in fin dei conti confonde la libertà con l’egoismo, il “fai da te” con il “bene”, quell’idea che piano, piano ha ucciso il senso del peccato (cfr. Benedetto XVI nel Regina Caeli del 16/05/2010).
Oggi purtroppo all’interno della Chiesa sono molti coloro che inorridiscono solo a sentir parlare di Verità, altri infarciscono i loro discorsi con la parola umiltà e poi non accettano l’obbedienza, altri ancora confondono il ministero di “insegnare e governare” con un ruolo sostanzialmente impiegatizio/accademico, altri sono arrivati al sacerdozio senza essere accompagnati da adeguato discernimento e preparazione.
Paradossalmente, nel confronto con il grave momento che sta vivendo la Chiesa, proprio i paladini di certa libertà, figli di una ideologia sempre pronta ad attaccare l’autorità, appaiono come i più zelanti nell’auspicare un repulisti che puzza di rivincita.
Un conto è la richiesta di perdono per le vittime degli abusi sessuali fatta dal Santo Padre, altro è il “tintinnar di manette” auspicato da alcuni in preda ad un furore giustizialista di cui si fatica a trovare l’origine evangelica. Mi pare che il caso Schönborn e la recente nota della Sala Stampa Vaticana (28/06/2010) siano particolarmente illuminanti in tal senso.
La “tolleranza zero” di Benedetto XVI non abbandona certamente la prudenza, virtù un po’ in disuso, ma sempre valida.
Per una vera e propria perversione della realtà le cause dell’attuale situazione ecclesiastica possono ritrovarsi nelle divisioni sorte sulle ali di quella teologia “aperta al mondo” che è andata ben oltre il Concilio Vaticano II. Diversi studi, e diversi insegnamenti degli ultimi due pontefici, concordano ormai nel ritenere che qui si trova la causa di un cedimento della fede e di una progressiva secolarizzazione nella e della Chiesa. La situazione in Belgio è paradigmatica.
Mi sembra che le parole più importanti dell’omelia odierna di Benedetto XVI siano queste: “il ministero petrino è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale.”
Purtroppo non so quanti sacerdoti le leggeranno, non so neanche se tutti i Vescovi lo faranno, ma ancor di più mi preoccupa che vengano facilmente eluse perché come si dice “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
E poi non meravigliamoci se il “popolo di Dio” leggendo Repubblica o il Corsera finisce per perdere la fiducia perché la Chiesa è “retrograda, antiquata e affarista”. Il Vangelo ci insegna che le persecuzioni non cesseranno, ma almeno si trovi il coraggio di preparare i battezzati ad affrontarle spiritualmente.
Ma…”le porte degli inferi non prevarranno”.

(Fonte: Parati semper, 29 giugno 2010)

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