giovedì 9 maggio 2013

Il “caso” Biancofiore: incredibile, ma attenzione…

Aveva troppe cose da farsi “perdonare” dall’imperante dittatura laicista: tra le meno note, benché più significative, l’esser stata prima firmataria di una proposta di legge per la modifica dell’art. 7 della Costituzione, chiedendo esplicitamente il riconoscimento delle radici culturali giudaico-cristiane dell’Italia. Per questo, prima o poi, all’on. Michaela Biancofiore qualcuno avrebbe presentato il conto. Infatti è regolarmente avvenuto.
Paradossalmente, le sue affermazioni più contestate sono anche quelle maggiormente dettate dal buon senso. Ritenere affetti da «seri problemi» i frequentatori di trans o dire che i gay «si ghettizzano da soli» come ha fatto da ormai ex-Sottosegretario alle Pari Opportunità – appare assolutamente naturale ed ovvio. A stupire, piuttosto, è che qualcuno possa ragionevolmente sostenere il contrario e pretendere anzi che per questo le venga ritirata la delega. Nell’indifferenza collettiva.
L’on. Biancofiore ha mantenuto l’incarico neanche il tempo di riceverlo ufficialmente, da record. Poi le pressioni delle varie lobby omosessiste ne han reclamato la testa ed il primo ministro, Enrico Letta, non ha minimamente esitato a consegnarla loro. Lo stesso primo ministro, dimostratosi viceversa sordo alle grida dei Cattolici contrari all’incarico agli Esteri assegnato ad una radicale “doc” quale Emma Bonino, con un curriculum politico scritto a partire dal sangue degli aborti da lei personalmente procurati illegalmente negli Anni Settanta e forte dell’insignificanza elettorale pari allo 0,19% racimolato alle urne. Oggi ci troviamo di fronte ad una presenza, quella cattolica, inascoltata benché rappresentativa e, di contro, ad un’irrilevanza, quella radicale, che detta legge, benché bocciata dal voto degli Italiani.
L’on. Biancofiore doveva dunque immaginare come, dicendo certe cose e sostenendo troppo esplicitamente Berlusconi nella Patria dell’antilingua, prima o poi qualcuno volesse farla saltare in aria. Politicamente, s’intende. E questo è regolarmente avvenuto. Qui non si è nel campo delle opinioni o delle convinzioni fideistiche. Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica (che non risulta esser ancora stato definito “omofobo”, benché questo resti un obiettivo privilegiato…) al n. 2357 non definisce le relazioni omosessuali «gravi depravazioni» ed atti «intrinsecamente disordinati» (figuriamoci il giudizio sui trans…) in virtù di chissà quali dogmi di fede, bensì a partire da considerazioni di natura assolutamente biologica ovvero in quanto «contrari alla legge naturale» e tali da precludere «il dono della vita», oltre alla «complementarietà affettiva e sessuale», ciò che è evidente in sé e che quindi Tradizione e Sacra Scrittura hanno recepito e fatto proprio.
Quanto al resto, il clima da riserva indiana proprio della associazioni gay ed il disgustoso spettacolo offerto dai vari “Gay Pride” sono l’esemplificazione di una chiara tendenza all’auto-emarginazione. Ma queste son cose che non si possono dire. Perché in Italia si può essere clandestini (come sostenuto dal ministro Kyenge, rimasto in carica), gay o trans e tutto va bene. Ciò che non viene assolutamente accettato, anzi tollerato è che una carica istituzionale possa dirsi o, peggio ancora, essere cattolica… Non lo può neppure un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio come l’on. Biancofiore, di fatti subito trasferita d’ufficio al ministero per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione. Dove, forse, può nuocere meno.
Ora però la linea difensiva dovrebbe basarsi sulla forza dei Valori, non sull’equivoco piagnisteo dell’incomprensione presunta e preventiva. Limitarsi a dire «non mi hanno capito» non rende un buon servizio alla Verità. Messa in castigo e bersagliata dai media, l’on. Biancofiore non ha reagito da leone, tutt’altro. Si è anzi immediatamente prodigata in concessioni “spinte”, affermando d’esser sì, «da cattolica, contraria alle nozze gay», ma dicendosi anche possibilista circa «le posizioni istituzionali», che andranno concordate «col ministro», in una sorta di schizofrenia amministrativa. Non solo. Si è subito detta pronta a valutare anche l’assunzione eventuale di collaboratori gay, un incontro con le sigle omosessiste e – perché no? finanche una propria partecipazione straordinaria al prossimo “Gay Pride”, ma solo «se invitata».
Questo non va bene. Chi afferma un Ideale, dev’esservi poi anche coerente e comportarsi di conseguenza. Delle due, l’una: o si crede in ciò che si dice o si dica in cosa realmente si creda. Senza millantare convinzioni, che si è poi pronti a calpestare e sacrificare immediatamente sull’altare del “politicamente corretto”.
 

(Fonte: Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 8 maggio 2013)
 

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