Il celebre artista gesuita nell'occhio del ciclone: violenze psicologiche e forse sessuali risalenti a 30 anni fa. In più, la clamorosa indiscrezione su una presunta scomunica per «assoluzione del complice in confessione», poi bloccata dal Papa in persona. Ne esce ammaccata anche la Chiesa.
Che
succede quando ad essere adombrato dall'accusa di abusi è uno dei religiosi più
famosi al mondo? Nel caso che sta tenendo banco nel mondo ecclesiastico in
questi giorni non c'entrano minorenni, ma le denunce di presunte violenze
psicologiche e forse sessuali ai danni di alcune suore.
I
fatti risalirebbero ai primi anni Novanta e sarebbero avvenuti
nella Comunità Loyola di Lubiana in cui era confessore il teologo ed
artista sloveno padre Marko Ivan Rupnik. Quest'ultimo, nel frattempo
divenuto una celebrità dell'arte sacra per i suoi mosaici neobizantini nonché
membro e consultore di vari Pontifici Consigli, è l'uomo accusato da
tre religiose di «abusi di coscienza ma anche affettivi e presumibilmente
sessuali». Accuse messe nero su bianco in una lettera pubblicata dalla rivista Left e
che, secondo l'autrice, sarebbe stata inviata nell'estate del 2021 al Papa
senza però ottenere risposta.
È
alle motivazioni addotte nella lettera che si dovrebbe l'allontanamento – avvenuto
nel 1993 – di Rupnik, appartenente alla Compagnia di Gesù, dalla Comunità
fondata dalla sua amica, suor Ivanka Hosta. All'epoca, quindi le ombre
sull'artista sloveno sarebbero state "coperte" con il benestare
– sempre secondo il racconto di una delle presunte vittime
– dell'allora arcivescovo di Lubiana, monsignor Alojzij
Šuštar. Proprio al dicembre del 1993 risale l'inaugurazione della
"creatura" più famosa di Rupnik, quel Centro Aletti nato a Roma
per far parte del Pontificio Istituto Orientale e benedetto da San
Giovanni Paolo II in persona.
Il
dossier sloveno su Rupnik sarebbe rimasto sconosciuto se non fosse
stato per il commissariamento della Comunità Loyola avvenuto – ha fatto sapere Left – nel
2020 ed affidato ad un altro gesuita, il vescovo ausiliare della diocesi di
Roma, monsignor Daniele Libanori. Questo commissariamento, di cui non è stata
data alcuna notizia ufficiale, sarebbe partito a seguito del numero
sorprendente di suore uscite dalla comunità e apparso a Roma come una spia del
malessere per una gestione evidentemente problematica. Riaprendo quel vaso
di Pandora a Lubiana, presumibilmente deve essere affiorata anche la vicenda
relativa al gesuita sloveno e risalente a quasi venti anni prima.
Dopo
le voci dei giorni scorsi, ieri si è avuta la prima conferma tramite una dichiarazione – datata 2 dicembre
– firmata Domus Interprovinciales Romanae dei gesuiti.
Dalla nota si apprende che nel 2021 il Dicastero per la dottrina della
fede ha ricevuto una denuncia relativa al «modo di esercitare il
ministero» di padre Rupnik. L'ex Sant'Uffizio ha affidato l'indagine
direttamente alla Compagnia di Gesù che ha nominato un istruttore esterno e poi
ha redatto una relazione sul caso. Sulla base di questa relazione, il Dicastero
per la dottrina della fede «ha costatato che i fatti in questione erano da
considerarsi prescritti e ha quindi chiuso il caso».
Roma
locuta est a fine ottobre 2022, mentre la Compagnia ha fatto sapere di
mantenere in vigore le misure amministrative imposte al teologo sloveno durante
la fase d'indagine: divieto di confessare, di accompagnamento negli Esercizi
Spirituali e di direzione spirituale, oltre all'obbligo di chiedere il permesso
al superiore locale per svolgere attività pubbliche.
Una
certa elasticità in quest'ultima limitazione è all'origine della lettera a Left di una delle tre suore
che hanno denunciato abusi per mano dell'artista: la donna, infatti, ha
confessato di aver deciso di scrivere alla rivista dopo aver visto un
recentissimo video su youtube con un'omelia di Rupnik e dopo essersene
lamentata con il vescovo Libanori. I commenti del religioso sloveno al Vangelo
sono stati pubblicati anche questa domenica sulla pagina del Centro Aletti,
quindi nonostante le polemiche provocate dall'inchiesta di Left e
nonostante il comunicato dei gesuiti che ha confermato la notizia delle
misure.
Peraltro
Rupnik solamente pochi giorni fa ha ricevuto il titolo di Doctor Honoris Causa, in
un'università pontificia in Brasile ed ha tenuto per l'occasione una lezione
sul tema Educare alla Bellezza nell'Aula Magna.
Ma
la corretta applicazione o meno delle misure amministrative comminate dalla
Compagnia di Gesù non è l'unico argomento che sta facendo discutere in questi
giorni sul caso Rupnik: l'altra "bomba", infatti, l'ha sganciata due
giorni fa il blog Messa in Latino sostenendo di averla
appresa da «fonti in altissimo loco». Secondo Messainlatino.it, ai
danni del gesuita sloveno sarebbe stata emessa addirittura una sentenza
canonica di condanna relativa ad un «processo per l'assoluzione del complice in
confessione» di cui, per competenza, si sarebbe occupato il Tribunale del
Dicastero per la dottrina della fede. La sentenza, in base a quanto riportato
dalla fonte di Mil, avrebbe comportato la scomunica latae
sententiae per Rupnik che però sarebbe stata successivamente bloccata dal
Papa in persona.
Un'indiscrezione
clamorosa ma priva di conferme dal Vaticano e che non trova traccia nell'unico
comunicato ufficiale fino ad ora uscito sulla vicenda, quello
della Provincia Romana della Compagnia di Gesù che invece ha confermato il
contenuto delle rivelazioni su Left. Bisogna ammettere che
queste accuse – seppur prescritte – segnano una nuova battuta
d'arresto per la credibilità della Chiesa sul fronte del contrasto agli abusi
commessi da religiosi e che ad uscirne ammaccata non può essere solo l'immagine
dell'attuale pontificato dal momento che i fatti contestati al teologo ed
artista sloveno risalgono agli inizi degli anni '90 ed erano emersi già
allora.
(Fonte:
Nico Spuntoni, LNBQ, 6 dicembre 2022)
https://lanuovabq.it/it/il-caso-rupnik-ferisce-anche-la-credibilita-della-chiesa
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