Abbiamo letto recentemente sull'Espresso on line un commento del "teologo" Leonardo Boff su Papa Benedetto XVI: "I credenti non possono avere paura delle novità. Sanno che il mondo è stato salvato in Gesù Cristo", dice convinto: "E un vero pastore sa che la barca di Pietro non corre il rischio di affondare anche se affronta il mare aperto perché è assistita dallo Spirito Santo. Invece questo papa non è un pastore, è solo un professore. Si preoccupa di fare ogni genere di appunto critico alla modernità, ma non ha irradiazione spirituale, non ha carisma, non mostra il cristianesimo come una cosa buona, una fonte di gioia per l'umanità. In una parola, non fa la cosa più evangelica, quella che Ernst Bloch riteneva la più importante per ogni religione: suscitare speranza. Una Chiesa così, che non è fonte di fiducia nella vita e nel futuro, tutta ripiegata su se stessa, sulla propria identità e sul potere sacrale della gerarchia, completamente paralizzata dalla paura di ciò che sta 'fuori', non è più una Chiesa. È una 'ecclesìola', una piccola chiesa, con forti tendenze fondamentaliste".
E il commentatore avalla l'affermazione di Boff con: “Di Chiesa, Boff se ne intende: al suo interno ha passato quasi 40 anni. E conosce bene anche Benedetto XVI: quando Leonardo era solo un promettente dottorando alla Facoltà teologica di Monaco di Baviera, il giovane professor Ratzinger era stato suo mentore e protettore...
Dai tempi di Monaco tanti anni sono trascorsi. E le traiettorie di vita si sono divaricate. Boff, insieme a Gustavo Gutierrez e altri, ha fondato la Teologia della liberazione, la corrente di pensiero che tra gli anni Sessanta e Settanta ha cambiato il volto della Chiesa latinoamericana, trasformandola da pilastro della società feudale in avvocata dei poveri, degli emarginati e degli oppressi. Ratzinger, invece, ha messo radici nella cittadella fortificata della Curia vaticana, la Congregazione per la dottrina della fede. E una volta prefetto dell'ex Sant'Uffizio, ha preso di mira il suo pupillo di un tempo. Le sue colpe? Aver 'inquinato' la ricerca teologica con l'utilizzo degli strumenti di analisi sociale di scuola marxista e aver ricordato troppo chiaramente che la Chiesa è, come dicevano i Padri dell'antichità, "casta meretrix", santa ma anche profondamente peccatrice”.
Purtroppo non solo non è così riguardo al Santo Padre ma neanche riguardo alla Chiesa Latino Americana la quale è cresciuta e rimane salda sull'azione (meno da gossip rispetto a quella di Boff) di migliaia di suoi missionari (anche francescani al pari del suddetto) obbedienti a Cristo e alla Chiesa, che hanno pagato e pagano con la propria vita la fedeltà al Vangelo e alla Chiesa e rimanendo saldamente fedeli alla gente.
La logica esistenziale di Boff è noiosamente ripetitiva. Ci si avviluppa attraverso il proprio pensiero fino a staccarsi dalla vita e dalla vigna del Signore perseguendo quello che Francesco chiamava "il male della propria volontà". Francesco è stato un cultore della liberta personale, e dunque non si fraintenda, il poverello di Assisi non desiderava "frati automi" ma "frati minori", cioè battezzati capaci di vivere la radicalità del'obbedienza al vangelo nella conferma della Chiesa, del Papa e dei suoi pastori. Sempre Francesco diceva ai suoi frati: "non voglio predicare contro la volontà di un parroco... neanche se fosse il più "poverello" di questa terra". Francesco, vero agnello del Signore, evidentemente era di un'altra pasta: quealla disarmata dalle ideologie e soprattutto da se stesso.
Il Signor Boff, purtroppo, incartato nella sua personalissima teologia ideologica, impastata di marxismo e di messianismo immanente, continua a presentare un sorriso che nasconde la ferocia del lupo e dell'errore. E l'errore, in certi casi, è molto ma molto peggio del peccato. Davanti alla chiarezza pastorale dell'umile servo del Signore, nostro santo padre, papa Benedetto XVI, evidentemente si sente in difficoltà e per amplificare uno sterile dissenso si usa "strumenti" giornalistici come il prurito di qualcuno de l'Espresso. Solo chi è radicalmente ferito nel "proprio vedere" non coglie la grandezza pastorale carica di gioia e di speranza di Papa Benedetto XVI. Curioso che la teologia della liberazione non abbia liberato Leonardo Boff ma lo abbia sempre più radicato nell'errore, nelle sue paure e nelle sue fughe. Un altro fratello per cui pregare.
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