giovedì 3 dicembre 2009

Mara Carfagna e le campagne ideologiche di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (glbt)

Perché il ministro Mara Carfagna si è innamorata dell’agenda glbt e insiste nel volere ripresentare una legge contro l’omofobia? Le aggressioni contro gli omosessuali e i transessuali, le ingiurie o il disprezzo per questa condizione di diversità, c’entrano veramente poco. Sono atti criminali da perseguire penalmente perché offensivi dei diritti di una persona, da tutelare come tutte le altre, indipendentemente dal fatto di essere omo o tran-
sessuale. Invece l’obiettivo della legge è un altro. Si tratta di ripetere quello che avviene nella grande maggioranza dei paesi europei, dove gay, lesbiche, bi e transessuali beneficiano di una giurisdizione speciale che li tutela non come persone ma appunto come categorie a parte. In Italia, una legge siffatta è già stata dichiarata incostituzionale dalla Camera dei deputati. Forse non tutti i protagonisti di questa vicenda si sono resi conto della portata del gesto, che ha visto un Parlamento in controtendenza annunciare «la verità sull’uomo». Ma se ne sono accorte le associazioni glbt che hanno cercato di correre ai ripari, trovando la sponda del dipartimento delle Pari opportunità.
Così è nata la campagna del ministro Carfagna, esplicitamente orientata a ripresentare in Parlamento una nuova legge contro l’omofobia che contenga lo stesso principio di quella dichiarata anticostituzionale, entro sei mesi. Inoltre, il progetto prevede un filmato, volantini e manifesti che verranno distribuiti e affissi in tutte le città e nelle scuole.
Chi ha visto la conferenza stampa di presentazione del progetto ha ricavato motivi di profondo stupore. Sembrava di assistere alla festa di conclusione di un progetto concordato.
Così, proprio nei giorni in cui il Parlamento approva una Finanziaria senza alcuna facilitazione per le famiglie, soprattutto quelle con figli, il ministero delle Pari opportunità spende 2 milioni dei soldi degli italiani per una campagna ideologica sostenuta dalle associazioni glbt.

(Fonte: Marco Invernizzi, Tempi, 1 dicembre 2009)

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